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SCATTANO LE PRIMARIE USA. Cinque candidati democratici cercano la testa di Bush.
(Con una breve spiegazione del meccanismo elettorale americano).
20.1.04 - Il meccanismo elettorale americano è sostanzialmemte diverso dal nostro, soprattutto perchè si tratta di far votare non una nazione, ma una federazione di stati. C’è quindi, prima di tutto, l’esigenza di distribuire equamente il “peso” di ogni stato rispetto agli altri, e ciò viene fatto in base alla popolazione effettiva di ciascuno. (Ecco come la California o la Florida, fra i più popolosi, diventano stati fondamentali per vincere le presidenziali, mentre alcuni stati praticamentre deserti, come Alaska o Montana, spesso vengono completamente ignorati dai candidati in campagna elettorale).
Una volta stabilito che ogni stato vale un certo numero di punti sulla lavagna federale, sta poi a ciascuno decidere il metodo migliore per portare avanti le elezioni sul proprio territorio.
Le presidenziali vere e proprie saranno in Novembre, ma i partiti devono prima scegliere il proprio candidato, e questo avviene, su scala nazionale... ... attraverso le cosiddette “primarie”, che partono abitualmente nel gennaio dell’anno elettorale.
Quando però il presidente uscente (come Bush quest’anno) è alla fine del suo primo mandato, il suo partito solitamente non gli candida nessuno contro, affinchè possa ripresentarsi lui a Novembre. Quando invece si trova al termine del secondo mandato (ogni presidente può essere rieletto una sola volta), allora anche il suo partito svolge le primarie, nelle quali di solito il favorito è il vice-presidente uscente (accadde per Bush padre, vice di Reagan, che poi battè Walter Mondale, oppure per Al Gore, vice di Clinton, che invece perse con Bush figlio).
Quest’anno avremo quindi le primarie democratiche, che si annunciano fra le più bollenti della storia americana, mentre i repubblicani faranno solo un’investitura formale di Bush, che si candiderà automaticamente per un secondo quadriennio.
CHI VOTA. Mentre per le presidenziali (o le parlamentari) vota chiunque ne abbia diritto in America, per le primarie votano solo gli iscritti a ciascun partito: non è quindi possibile per un democratico votare alle primarie repubblicane, o viceversa. (Vi sono anche partiti minori, ovviamente, ma la partita ormai, storicamente, si gioca fra questi due).
I CANDIDATI DEMOCRATICI. Generalmente i candidati alle primarie, sia repubblicani che democratici, non sono mai più di due o tre (una campagna elettorale decente costa almeno 20 milioni di dollari), ma quest’anno i democratici, forse per reazione allo strapotere di Bush, sono partiti addirittura in dieci. Due si sono già persi per strada, altri tre resistono per onore di firma, e i cinque che si contendono effettivamente la nomination, ad oggi, sono: Howard Dean, ex-governatore del Vermont, sconosciuto outsider fino a ieri, e vera rivelazione di questa campagna; John Kerry, senatore e veterano di guerra pluridecorato; Richard Gephardt, ex-capogruppo dei democratici alla camera; John Edwards, senatore del Sud in smaccato ”stile Kennedy”, e Wesley Clark, ex-generale della Nato durante l’attacco alla Serbia, pubblicamente accusato di essere un repubblicano “infiltrato.” Ci sono poi Joe Lieberman, ex-candidato alla vicepresidenza con Al Gore (nell’elezione persa con Bush); Al Sharpton, nero carismatico “di disturbo”; e Dennis Kucinich, un deputato idealista che basa la sua intera piattaforma sul pacifismo come filosofia di vita.
La vera “bomba”, come dicevamo, è stata Howard Dean, un dottore che in passato ha fatto silenziosamente – ma con grande successo - il governatore del Vermont, e che ha spiazzato tutti per essere stato l’unico, fra i candidati di peso, a dichiararsi apertamente contro la guerra all’Iraq fin dall’inizio. Mentre ora quindi Gephardt e compagnia pagano salato il calcolo politico, fatto in primavera, di appoggiare comunque il presidente “patriota”, ora (che gli umori sulla guerra sono molto cambiati) Dean incassa con interessi sul coraggio di una scelta che ai tempi appariva suicida.
Dean ha stabilito il suo successo grazie all’Internet, avendo raccolto, tramite il suo sito, più della metà di tutti i suoi fondi per la campagna elettorale. Col microfono in mano, Dean è una vera forza della natura, e pare spinto da un fuoco interiore che contrasta decisamentre con le cadenze meccaniche e ripetitive di tutti gli altri. Dean sa far appello agli antichi valori del partito democratico – quei valori “di sinistra” che sia Clinton che Gore avevano tradito, in ultimo, per guadagnare terreno al centro – e sta riscuotendo, per questo, un successo esplosivo. Ma stiamo parlando, attenzione, solo del popolo democratico. Resta infatti il problema, per chi vota, di scegliere un candidato che alla fine sia in grado di battere Bush su scala nazionale, e quindi molti di quelli che amerebbero votare per Dean faranno magari una scelta più moderata (Gephardt o Kerry), in grado di raccogliere anche i fondamentali voti vaganti al centro. Lo scopo primo dell’intera nazione democratica è infatti quello di espellere Bush dalla Casa Bianca a tutti costi, con chiunque ne abbia le maggiori possibilità.
Le primarie scattano lunedì nello stato dell’Iowa, e saranno seguite a ruota da quelle del New Hampshire. Al termine di questa prova del fuoco, i candidati si saranno probabilmente ridotti a due o tre. E lì comincerà la vera battaglia per potersi confrontare con George Bush..
Massimo Mazzucco
NOTA: Un altro meccanismo interessante del sistema americano, è che anche il parlamento viene rinnovato ogni quattro anni, ma scalati di due rispetto alle presidenziali. Ecco come un presidente può quindi fare i primi due anni con un parlamento a maggioranza avversa - dove combina quindi ben poco - poi magari gli ultimi due con una maggioranza tutta a suo favore, ed allora lì può fare ciò che vuole. Esattamente come sta facendo Bush da quando, nell’autunno 2002, il parlamento è passato tutto in mano ai repubblicani.
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