Sembra che anche all'interno della Chiesa Cattolica esistano i debunker.
L'esempio che segue nasce dalla nota polemica sul conclave del 1959, che vide l'elezione di Angelo Roncalli al pontificato.
Secondo la nota
"Tesi Siri" , inizialmente il conclave scelse come pontefice il cardinale Siri, erede naturale di Pio XII. Ma gli "infiltrati" della massoneria ebraica (B'nai B'rith) lo obbligarono, tramite il cardinale Tisserant, a rifiutare il posto, che venne poi assegnato a Roncalli come forma di "compromesso" fra Siri e Montini (candidato ufficiale della massoneria ebraica). Peccato che Roncalli fosse, a sua volta, un massone sotto mentite spoglie.
Secondo la Chiesa più conservatrice, questa fu la fine del "vero" papato tradizionale, e fu l'inizio di una serie di anti-papi di stampo massonico, di cui appunto Roncalli sarebbe stato il primo rappresentante.
Il documento che segue cerca di smentire questa tesi, ammorbidendone i contorni nel classico stile di un debunking ante-litteram. Però, come noi sappiamo, "excusatio non petita..."
NOTA: pubblico il documento integrale, da me salvato diversi anni fa, perchè ho visto che in rete non esiste più (M.M.).
GIOVANNI XXIII E LA MASSONERIA
Rosario F. Esposito SSP - Già prof. negli Atenei Pontifici di Roma e Napoli
1. - Un cammino laborioso
L’argomento non riveste un’importanza primaria in questo pontificato, ma ha un certo rilievo; me ne sono occupato in diverse circostanze, qui sosterò su alcuni momenti particolarmente significativi ringraziando fin d’ora Mons. Loris F. Capovilla, il quale, come ha fatto in passato per altre questioni giovannèe, anche in questo caso mi è stato largo di consigli ed ha messo a mia disposizione la documentazione in suo possesso. L’apertura di Papa Giovanni agli altri, estesa a tutto campo, è un dato di fatto "antico e accettato". Lo fu anche nei confronti della Massoneria? Sostanzialmente la risposta è positiva, ma l’accoglimento di tale istanza non è stato privo di problematiche. Le difficoltà nascevano dalla situazione polemica affermatasi in Italia nella seconda metà del secolo XIX e nei primi due decenni del XX. Il magistero di Pio IX e di Leone XIII, caldamente assimilato dalla popolazione cattolica, impressionò fortemente il seminarista "romano" Roncalli. Gli echi più espliciti si colgono nel Giornale dell’anima. Il 4 settembre 1900 scrive un’annotazione che molto probabilmente echeggia i rumorosi ed intemperanti preparativi della prossima solennità civile del XX Settembre, nei quali la Massoneria italiana, allora radicalmente e indebitamente politicizzata, s’impegnava in prima linea. Il seminarista esprime il suo "entusiasmo per il grande Leone XIII, a cui in questi giorni si rinnovano le ingiurie più incresciose, più maligne, più diaboliche. L’ora è triste, Preghiamo. Oremus pro Pontifice nostro Leone" (p. 82). Il riferimento al satanismo, che all’epoca era vivo nella Chiesa di tutti i livelli, soggiace all’esperienza roncalliana del principio del secolo. Alcuni anni dopo un cammino identico verrà compiuto a Roma dal giovane francescano polacco Massimiliano Kolbe, che nel 1917 fonderà la Milizia dell’Immacolata per rompere questo cerchio antireligioso, e promuoverà la battaglia antimassonica e antiebraica, ovviamente in termini di recupero spirituale di questi erranti.
Il 20 febbraio 1902 Papa Leone compiva il venticinquesimo anno di pontificato. Partecipa entusiasticamente alla gioia della cattolicità ed esprime fervidi: "Ah, Leone, Leone, salgano al cielo, fecondatrici di benedizione, di prosperità, di vittoria per te e per l’opera tua, le mie povere preghiere... Il Signore ti conservi, o Leone, al bene della Chiesa e della patria, alle glorie, ai trionfi di Cristo nel suo popolo, non cessi dal trasfondere nella tua eterea figura quel soffio potente di vita divina onde schiudi alle anime nostre, sitibonde di felicità, orizzonti più chiari di giustizia e di carità evangelica..." (p. 119). Il 29 aprile 1903 fa un chiaro riferimento implicitamente antimassonico a questa situazione dilacerata: in tutta la vicenda questo riferimento non sarà mai esplicitato, ma il contesto storico e l’espressione filologica non consentono dubbi di sorta. Edoardo VII d’Inghilterra e poco dopo Guglielmo II di Germania sono in visita a Roma, e saranno ricevuti anche dal Papa. Non gradisce il chiasso che si fa nella città ed esprime ammirazione perché il sovrano inglese contraddice l’impostazione anticlericale dominante in Italia, un sentimento che Leone XIII aveva manifestato più volte nei documenti e nelle allocuzioni. Egli scrive: "Rendendosi superiore a certe voglie tendenziose dell’anticlericalismo italiano e straniero, egli non si vergognò, anzi l’ebbe ad onore, di visitare e di chinarsi davanti ad un altro uomo, ad un povero vecchio perseguitato, ma che egli ha riconosciuto siccome più grande di sé, davanti al Papa, al Vicario di Gesù Cristo" (p. 128). L’8 maggio, in occasione dell’udienza pontificia dell’imperatore tedesco, esprime sentimenti analoghi (p. 130-131).
Tornato in diocesi, Don Roncalli toccò con mano le contraddizioni che il clima post risorgimentale alimentava anche nella diocesi bergamasca. A questo proposito sono eloquenti due lettere da lui rivolte a Mons. Domenico Spolverini, rettore del Seminario Romano, di cui era stato alunno. In quella del 13 aprile 1912 lo ragguagliava sulla battaglia che gli anticlericali ed i laicisti promovevano contro le scuole cattoliche e l’insegnamento religioso nelle scuole. Don Roncalli scriveva: "È necessario star pronti alla battaglia per la libertà di insegnamento, poiché lo spirito del male qui più che altrove circuit quaerens quem devoret" (1Pt 5, 9).
Nella lettera del 23 ottobre dello stesso anno il suo radicalismo s’inasprisce ancora di più. Mons. Giacomo Radini Tedeschi gli affida l’incarico di redigere la lettera collettiva dell’episcopato lombardo contro questo movimento di laicizzazione. Al rettore romano confida: "È tutta, alla lettera, modesta opera del sottoscritto, e mi si fece l’onore di affidarmela perché si pensò che trattando di un argomento così scottante non avrei perduto la calma. Bisogna fare un po’ di tutto per salvar l’anima, e quindi fingere anche di aver in petto un cuore di vescovo, anzi di tutti i vescovi". Si trovò dalla parte dell’intransigentismo, ma ci fu qualcuno che seminò in lui quello spirito di tolleranza e di cordialità che avrebbe poi prodotto una mèsse lussureggiante nell’Oriente, in Francia, e sulla Cattedra di Pietro. Egli proseguiva: "Ebbene, Mons. Bonomelli si è protestato di non voler firmare - noto che egli non sapeva, credo, chi fosse l’autore - e non firmò: e fu fortuna che nessuno degli avversari se n’è accorto. Ella veda, a testa posata, se l’impianto fu infelice, o se vi fu esagerazione e dove. Confesso che questo incidente ha turbato un poco la mia ingenuità, quantunque io sappia che la lettera a Roma incontrò approvazioni" (1).
a) L’abiura del Comm. XC***
In primo luogo ricostruisco due dialoghi diretti e personali che hanno come piattaforma la realtà massonica, poi mi porterò su documentazioni più vaste e in parte più indirette.
Il Nunzio Roncalli nel 1946 s’imbatté esplicitamente nella realtà massonica, nel rapporto stabilito con il Comm. XC***, un personaggio italiano che aveva relazioni di alto livello a Roma e nella Parigi in cui il Nunzio operava. L’episodio viene reso noto per la prima volta in queste pagine. L’abituale cordialità del prelato contrassegnò anche quest’amicizia, l’appartenenza massonica dell’interlocutore non la turbò, ma agli occhi del Nunzio essa appariva come un’anomalia che era doveroso eliminare, per cui compì passi decisivi ordinati a raggiungere questo scopo.
Il 21 marzo 1946 il Commendatore gli scriveva:
"Eccellenza Reverendissima, Come ho avuto occasione di dirLe stamani, Sua Santità il Sommo Pontefice conosce quale sia il mio spirito religioso, profondamente cristiano e cattolico. Questo spirito, cui ho costantemente informato la mia vita e le mie azioni, tengo a confermarlo anche ora, nonostante io sia stato inscritto alla Massoneria molti anni fa, e mi sia reinscritto nel 1944, poiché il Gran Maestro dell’Ordine garantiva agli inscritti piena e assoluta libertà religiosa. Grato per la Sua ambita visita, di cui avrò il ricordo sempre, La prego, Eccellenza, di gradire gli atti del mio profondo e devoto ossequio e di dirmi, dell’Ecc.za V. devotissimo e obbligatissimo, XC***" (2).
Il dialogo proseguì e si approfondì. Il prelato bergamasco seguiva fedelmente la tradizione e la prassi ecclesiale dell’epoca, stabilita nel Codice di diritto canonico del 1917, che nel can. 2335 comminava la scomunica "simpliciter reservata" a coloro che davano il nome ad una sètta massonica che macchina contro la Chiesa e le legittime autorità civili. Un cattolico di vita esemplare, che frequentava la nunziatura ed i ministeri, a suo modo di vedere avrebbe fatto bene ad eliminare quella macchia. Il Commendatore si mostrò sensibile ai suggerimenti del rappresentante pontificio e maturò la decisione di abbandonare la Loggia. La dichiarazione che egli firmò e che il Nunzio controfirmò, porta la data del 7 giugno 1946. La terminologia usata è quella normale dell’epoca: esprime una disapprovazione che risente della polemica antimassonica solidamente stabilizzatasi nella Chiesa. Questo tipo di contrapposizione da molto tempo è stata superata nel mondo anglosassone, mentre è persistita nell’ambito concreto delle situazioni venutesi a creare nei paesi latino-cattolici. Il testo dell’abiura ricalca gli atti omologhi effettuati in rapporto alle confessioni religiose acattoliche, mentre il personaggio non poteva ignorare che la Massoneria non può essere annoverata tra di esse, ma resta nell’ambito socioculturale e mantiene le caratteristiche dell’associazione umanitaria, filosofica e morale. Egli rigetta i contenuti dell’appartenenza iniziatica, senza menzionarne nessuno, perché gli abusi riguardavano soltanto l’opera svolta all’esterno della Loggia, in relazione al Risorgimento e soprattutto al post-Risorgimento, e non intaccavano l’essenza dell’Ordine. Il personaggio infatti si riferisce alla pena canonica oggettiva, nella quale sa di essere incorso, come anche il Nunzio gli ha ricordato. Il testo dice:
"Parigi, 7 giugno 1946. - Il sottoscritto Comm. XC***, ben conosciuto da Sua Ecc. Monsignor Angelo Giuseppe Roncalli, Nunzio Apostolico in Francia, confessa di essere stato inscritto per parecchi anni alla sètta massonica e di avervi aderito più per circostanze locali di posizione personale che per avversione al sentimento religioso, che ha sempre coltivato nel cuore secondo la educazione cristiana ricevuta. Dopo maturo consiglio, toccato dalla grazia del Signore, dichiara di ritrattare - abiurando alla sètta - qualunque errore in essa professato in contraddizione alla dottrina cattolica, apostolica, romana, in cui intende vivere e morire. Dichiara di separarsi da qualunque partecipazione alla sètta medesima. Chiede umilmente perdono al Signore ed alla S. Chiesa l’assoluzione da ogni censura incorsa, in tutto secondo le disposizioni ecclesiastiche rispettive".
Nel diario del Nunzio ci sono due annotazioni: la prima è del 24 marzo 1946: "Così pure vidi il Comm. XC***, che mi parlò della sua Massoneria"; la seconda è del 7 giugno dello stesso anno, e si riferisce all’atto dell’abiura appena riportato, che viene indicata col termine più mite di rinunzia: "Visitai poi il Comm. XC*** recandogli e ottenendo la firma della sua rinunzia alla sètta massonica". Questo episodio segna il punto di maggiore distanza tra Papa Giovanni e la Massoneria (3).
b) La concordia con la scelta del barone Marsaudon
Il fatto è già noto; lo ha rivelato in diverse occasione il suo stesso protagonista, il barone Yves Marsaudon, nella storia del suo itinerario iniziatico (4). Il nobil’uomo riproduce il testo di un’intervista da lui rilasciata l’anno precedente a Jean André Faucher per il Jouvénal. In essa era detto:
"Ero molto legato a Mons. Roncalli. Mi ha ricevuto più volte alla Nunziatura, e in diverse occasioni è venuto nel mio domicilio di Bellevue, nella Seine-et-Oise. Quando sono stato nominato ministro dell’Ordine di Malta ho manifestato al Nunzio le mie perplessità a causa della mia appartenenza massonica. Mons. Roncalli mi ha consigliato formalmente di restare in Massoneria. (Dopo l’elevazione al pontificato) Mi ha ricevuto a Castel Gandolfo nella mia qualità di ministro emerito dell’Ordine di Malta, e mi ha dato la sua benedizione, rinnovandomi il suo incoraggiamento per un’opera di riavvicinamento tra le Chiese, come pure tra la Chiesa e la Massoneria di Tradizione... Le confidenze che ho ricevuto dal buon Papa Giovanni non mi permettevano di dubitare della sua sincerità, difatti la seconda sessione del Concilio si è conclusa in uno spirito profondamente ecumenico. La speranza è stata immensa in tutto il mondo cattolico".
L’importanza di questo passo non può sfuggire. Essendomene già occupato om aòltra sede, mi limito all’essenziale. Papa Giovanni prese coscienza della differenza esistente tra Massoneria regolare e Massoneria irregolare, che nella letteratura ecclesiastica è sempre stata rigettata sdegnosamente. Ho domandato informazioni più precise a Mons. Capovilla, il quale mi ha trascritto un brano della lettera inviatagli dall’arcivescovo Mons. Bruno Heim, già Nunzio apostolico e segretario del Nunzio Roncalli a Parigi, attualmente residente in Svizzera. Questo prelato scrive:
"Il barone Marsaudon era membro del Consiglio Supremo a vita di una loggia di Rito Scozzese; era direttore di una compagnia di navigazione, andava a Messa tutte le domeniche. È stato messo a contatto con la Nunziatura dal P. Joseph Berteloot SJ, autore di vari libri sulla Massoneria, che ha riconciliato molti massoni con la Chiesa. Il Marsaudon ha reso molti servigi alla Nunziatura, senza mai chiedere nulla; ammetteva a metà prezzo tutti gli emigranti raccomandati da noi. Non so se il Nunzio sia stato più volte a casa sua, una volta comunque lo ha accompagnato. Marsaudon era ministro dell’Ordine di Malta e ne stava ottenendo il riconoscimento da parte del governo francese". La S. Sede in quegli anni portò avanti un’indagine sull’Ordine per chiarire alcune questioni. Il barone "chiese al Nunzio se gli consigliava di dimettersi dalla sua carica massonica. Il Nunzio avrebbe risposto: Per il momento direi di no, perché era evidente che poteva esercitare un’influenza positiva. Penso che fosse la risposta giusta in quel momento"(5).
Tra i due episodi c’è una netta diversificazione. Si sa bene quanto Papa Giovanni s’impegnasse nella riflessione storiografica, anche se non abbiamo argomenti sufficientemente impegnativi per comprendere se ne abbia fatto in relazione a questo
tema specifico, cosa che, allo stato attuale delle ricerche, sembra da escludere, mentre è certo che lo fece nel 1962, come vedremo al paragrafo n. 4.
2. - I rapporti con l’Unesco
Negli anni della nuziatura parigina mi sembrano degne di nota alcune affermazioni esplicite e circostanziate presenti nei discorsi che Mons. Roncalli rivolse all’Unesco. Egli non era un improvvisatore, e non poteva ignorare il collegamento esistente tra lo spirito del Palazzo di Vetro e delle sue branchie installate in diverse località, tra cui Parigi, e quello della Società delle Nazioni ginevrina, alla quale è succeduto e dalla quale ha ricevuto l’eredità poltica e carismatica. La SdN, lo si sa, fu fondata dal Congresso delle Massonerie Alleate, profondamente preoccupate per l’inumanità della guerra ancora in corso e di tutte le guerre, che esse si proponevano di cancellare dalla storia dell’umanità, alla luce delle ideologie dalle quali la Massoneria prendeva ispirazione e che gradatamente si è imparato, anche tra i cattolici, a giudicarle come discendenti dal Vangelo delle Beatitudini: Giovanni Paolo II l’ha affermato esplicitamente nel corso del viaggio in Francia del 1980 ed in quello del 1996, rispettivamente alla presenza del presidente Mitterrand e del capo del governo Juppé. Il Congresso ebbe due sessioni, nei mesi di gennaio e di giugno del 1917; in concreto erano ordinate a festeggiare il secondo centenario della fondazione della Massoneria simbolica o moderna, ma a lungo termine si proponevano la promozione universale della pace.
Ognuno converrà sul fatto che è molto improbabile che nelle conversazioni col Comm. XC*** e col Marsaudon, come pure in quelle scambiate coi governanti, i funzionari e gli intellettuali francesi, molti dei quali professavano apertamente laicismo e massonismo (e su di essi bisognerebbe indagare monograficamente), non siano stati toccati gli argomenti relativi al messaggio iniziatico che sta nella filigrana di questi organismi supernazionali sempre più stimati dalla S. Sede, che stabilì con essi rapporti diplomatici: questo dà anche molta rilevanza alle riserve ed alla diffusa diffidenza che esprimerà in seguito. Un fatto è indiscutibile: in questi discorsi il Nunzio Roncalli accentua la tematica della tolleranza religiosa e della valutazione positiva delle confessioni non-cristiane, un argomento che nelle Logge era costituzionalmente stabilito fin dalla loro fondazione, avvenuta nel giorno di S. Giovanni Battista del 1717, mentre nella Chiesa avrebbe avuto piena cittadinanza solo nel Concilio Vaticano II. Trovo difficle pensare che non se ne sentisse in qualche modo al corrente. Mi limito a riportare alcune schede tolte dal volume dei suoi ricordi parigini (6).
Il 18 giugno 1951 nella chiesa di St. Pierre de Chaillot veniva celebrata una Messa per l’apertura del Congresso dell’Unesco. Nell’omelia il Nunzio disse:
"Ho constatato che tra i settanta rappresentanti diplomatici, di cui solo trenta sono cattolici, i più sensibili alle parole del Nunzio apostolico a proposito dell’ispirazione religiosa sono gli ambasciatori presso i quali prevale una tradizione religiosa buddista, confuciana e maomettana. Ci sono alcuni principi elementari di carattere morale e religioso che costituiscono il patrimonio primordiale di tutti i popoli e sui quali si presuppone un’intesa condivisa su una base inevitabile di vita comune, per riuscire a giungere alla costruzione di un vero ordine sociale e mondiale di giustizia e di pace... L’Unesco non si occupa direttamente (di temi religiosi)... Il cattolico che lavora con l’Unesco e nell’Unesco, con questo minimo di prudenza e di discrezione suggeritogli dalla carità cristiana, col massimo rispetto della libertà e del pensiero altrui, ne attinge luce e vigore per dare il suo prezioso contributo al successo finale degli sforzi comuni" (pp. 102-103).
Nel prosieguo dell’omelia il Nunzio commentò il discorso di S. Paolo all’Areopago, accentuando un’altra tematica prediletta dalla Massoneria, cioè il riferimento al magistero della creazione (Dio indicato con l’attributo di Grande Architetto dell’Universo) e della fede anonima ed inconscia espressa dalla dedica del tempio al Dio ignoto (il mistero inconoscibile, ma esplicitamente professato). L’undici luglio 1951 Mons. Roncalli pronunciò un intervento alla conferenza generale dell’Unesco. Esortò i delegati alla pazienza in ordine alla crescita dell’istituzione ed auspicò "la più larga cooperazione ai fini della giustizia, della libertà e della pace per tutti i popoli della terra, senza distinzione di razza, di lingua o di religione". Ribadiva ulteriormente e con forza quest’affermazione:
"Sì, senza distinzione di razza, di lingua, di religione. Se sottolineo questa posizione netta dell’Unesco, contenuta nell’atto costitutivo firmato a Londra nel 1945..., non è per ignorare o sottovalutare i valori razziali, letterari o religiosi di ogni popolo. Al contrario, è per postulare che essi vengano sempre tenuti in grande considerazione. L’Unesco vuol essere - diciamolo ben forte - una grande scuola di rispetto; ma come tale non dev’essere né cieca né sorda nei confronti dei valori fondamentali della psicologia di ciascun popolo, e cioè del sentimento nazionale e dello spirito religioso" (pp. 105-106).
Collegò l’opera dell’istituzione parigina con quella del Palazzo di Vetro, insistendo sulla promozione della pace e dell’educazione di base, ed affrontò il tema dell’attività missionaria cattolica, che apparentemente contraddice le istanze che il prelato era venuto esponendo. Citò un brano dell’enciclia Evangelii praecones, che Pio XII aveva promulgato pochi giorni prima, il 2 giugno 1951, e che era dedicato direttamente all’argomento: "La Chiesa non si comporta come colui che, senza rispettare nulla, abbatte una forestra lussureggiante, la saccheggia e la manda in rovina. Ella imita piuttosto il giardiniere che innesta un germoglio di qualità su una pianta viva affinché produca un giorno frutti più saporiti e più dolci".
Un terzo intervento fu pronunciato il 12 novembre 1952, nella stessa chiesa di Chaillot, per l’inaugurazione dei lavori annuali dell’istituzione. Il motivo dominante fu espresso nella parola d’ordine dobbiamo vivere nella corrente della storia! Postulava la piena accettazione del progresso tecnologico e scientifico, promosso fervidamente dalla Chiesa. "I cattolici, diceva, sono abituati fin dall’infanzia a considerare tutti gli uomini come creature di Dio redente dal Cristo e chiamate ad un destino eterno, quale che sia la loro religione, la loro nazione, il colore della loro pelle; pregano per essi, li amano; non esiste nessun gruppo umano che più della Chiesa abbia disposizioni tanto favorevoli, larghe e profonde in ordine ad un’intesa internazionale" (p. 111).
La vocazione dei cattolici si collega intimamente con quella dei laici: tutti gli uomini di buona volontà condividono la vocazione che Gesù ha espresso nel discorso della montagna: "Voi siete la luce del mondo, il sale della terra. Al di là di tutti i trionfi della scienza umana splende il Vangelo di Cristo, che contiene gli elementi della civilizzazione...". Nella ricerca delle vie pratiche e dei metodi più svariati, realizzata dall’Unesco, "il cattolico porterà col concorso dei suoi consigli e della sua attività pratica, questa saggezza, questo vigore, questa stagionatura, in una parola, il sale della terra che mantiene la vivacità, il sapore, che preserva dalla corruzione, ed assicura la perpetuità e la squisita bontà del successo" (pp. 112, 113).
3. - Le presunte iniziazioni massoniche di Papa Giovanni
Non c’è nulla di nuovo sotto il sole. L’accusa di iscrizione massonica da molto tempo è stata lanciata contro dignitari ecclesiastici, con l’intento di infangarli, nell’epoca in cui tale iscrizione veniva considerata un bollo d’infamia. Il caso più clamoroso è quello di Pio IX: si voleva scoraggiare la stagione liberale che egli aveva inaugurato liberando i prigionieri politici dello Stato Pontificio ed annunciando un pontificato aperto alla cultura, ai valori ed alle aspirazioni delle masse. L’iniziazione fu localizzata in tempi e luoghi diversi, ed ovviamente l’una elideva l’altra, perché in Massoneria non può essercene che una sola, come accade per l’iniziazione cristiana del battesimo. Tutto era chiaramente inventato (7). La cosa è stata presto dimenticata, come è accaduto anche per le presunte iniziazioni massoniche di Giovanni XXIII.
a) "Le profezie di Papa Giovanni"
Nel 1976 Pier Carpi, uno scrittore parmense di storia e di fumetti neri, regista di un film su Cagliostro e di uno tratto dal suo stesso romanzo Un povero Cristo, pubblicò un libro intitolato Le profezie di Papa Giovanni che sta tra il saggio e la fiction. Mi sono meravigliato di quest’ultima pubblicazione, perché per esperienza diretta lo ritengo persona retta e coscienziosa. Egli è stato iscritto alla Massoneria, e l’area che ha scelto per implicare Papa Giovanni, ignoro se "motu proprio" oppure fondandosi su fonti altrui, è senza dubbio la più affine alla tematica del caso. Infatti questa associazione, della quale la Massoneria moderna ha assimilato il messaggio condensandolo nel XVIII grado del Rito Scozzese Antico e Accettato, presenta l’aspetto più "cattolico" di tutte le tradizioni iniziatiche. Senonché l’implicazione di Mons. Roncalli non ha alcun fondamento. L’autore fa diverse affermazioni molto gravi, puntualmente smentite dai fatti e dai testimoni. Scrive che all’epoca della permanenza nei Balcani Mons. Roncalli nel 1935, in una loggia di Istanbul accedette all’iniziazione della società segreta dei Rosa+Croce.
Il XVIII grado della Massoneria moderna si riallaccia ad essa: è interamente fondato sul concetto che la passione e la morte del Cristo (la croce) sono inseparabili dalla sua risurrezione (la rosa piantata all’intersecazione dei due bracci), l’agape del Giovedì Santo e l’Ultima Cena fanno parte dell’iniziazione, le virtù teologali ne costituiscono la piattaforma e sono intimamente connesse col trinomio libertà, uguaglianza, fraternità, gli ornamenti, le catechesi, le insegne, i gesti compiuti sono inquadrati in questo iter che si propone di coniugare la mistica con la sociologia, il saluto-auspicio finale è mutuato dalla liturgia cattolica: Pax vobiscum! (8).
Mons. Capovilla intervenne ripetutamente per smentire quest’affermazione. Nell’Osservatore romano del 15-16 novembre 1976, p. 2, veniva pubblicata la dichiarazione che il prelato aveva reso all’agenzia Asca, denunciando i criteri interni ed il lessico dell’opera, e documentando che "sulla scorta dell’Agenda, per fortuna conservata del Registro delle Messe del Delegato apostolico in Bulgaria, e poi in Turchia ed in Grecia, posso facilmente ricostruire, giorno dopo giorno, l’intero calendario del 1935, anno da cui prende le mosse il racconto del Carpi. Da questo Registro si desumono i nomi di tutte le persone avvicinate, dei luoghi visitati, degli incontri religiosi e pastorali, culturali e protocollari presieduti o presenziati". Il Carpi indica poi come luogo dell’iniziazione, o forse dell’aumento di grado, la città di Mesembria, che è invece quella, da secoli scomparsa, il cui titolo era stato attribuito a Mons. Roncalli all’atto della sua consacrazione episcopale.
Mons. Capovilla, allora prelato del Santuario di Loreto, ricorda che il 6 dicembre 1961 Papa Giovanni "rinvenendo tra i moltissimi messaggi di augurio giuntigli a seguito della grave crisi che aveva messo in pericolo la sua vita a fine novembre, il telegramma di una Loggia Massonica, segnalò di sua mano questo criterio alla Segreteria di Stato: Complimenti cortesi, si ringrazino. Ma niente compromissioni con Massoneria e simili. Appare qui evidente quanto egli fosse tutt’altro che incline a facili accostamenti, persistendo pur sempre le gravi riserve circa la natura, i metodi e i fini delle società segrete".
Il 23 dicembre del medesimo 1976 Mons. Capovilla pubblicava nell’Osservatore romano (p. 2) un bilancio globale della questione diviso nove punti, che riassumo schematicamente:
1: l’insistenza su questa iniziazione offende la memoria del Pontefice. - 2: l’intervento precedente, pubblicato nell’Oss. romano, costituiva da parte mia uno stretto dovere, anche come esecutore testamentario del Pontefice. - 3: ribadendo i dettagli non rispondenti al vero, si effettua una calunnia nel confronti dell’augusto defunto. - 4: si afferma che Papa Giovanni prese come nome Johannes e si dànno circostanze inventate. Un rappresentante pontificio non sarebbe mai caduto in una incongruenza così madornale rispetto al dispositivo del Codice di diritto canonico. - 5: si chiariscono ulteriormente i contenuti del can. 2335 del Codice di diritto canonico. - 6: i testi addotti come "profezie" non trovano nessun riscontro nelle opere di Papa Giovanni, cioè: Giornale dell’anima, Lettere ai familiari, e Discorsi , messaggi colloqui, pubblicati in più volumi. - 7: i registri e i diari della Delegazione apostolica consentono di ricostruire tutto il calendario del 1935; testimoni giunti dalla Turchia sono in grado di documentare l’infondatezza di tutta la vicenda. - 8: la dizione precisa del titolo di Mons. Roncalli, dopo il ministero svolto in Bulgaria è: Delegato apostolico in Turchia e Grecia, arcivescovo titolare di Mesembria, amministratore apostolico dei cattolici di rito latino residenti a Istanbul. - 9: lo stile profetico di Papa Giovanni è questo: "Terra e cielo saranno rinnovati, ciò è ben sicuro, ma occorrerà anzitutto il trionfo della giustizia, ottenuto con la nostra vita immacolata e intatta, e con l’educazione di un grande spirito di pace tra noi. Oh, che grazia, lo spirito di pace tra noi!...".
b) La "Preghiera dei massoni"
L’8 luglio dell’anno scorso il Gran Segretario della Gran Loggia d’Argentina, Alberto M. Pelàez, inviava al suo pari grado di Pal. Giustiniani, Giuseppe Malignano Stuart, il testo di una Preghiera dei massoni (nell’originale: Oração aos Maçons rezada pelo Papa João XXIII) attribuita a Papa Giovanni, pubblicata nel Journal de Génève il 6 9-1966 e riportata dal Jornal do Brazil il 31-3-1981. Il G. M., avv. Virgilio Gaito, mi domandava un parere che mi affrettai a dare in senso assolutamente negativo, domandando nel contempo ulteriori lumi a Mons. Capovilla.
La falsità del documento salta immediatamente agli occhi: l’orante non dimostra alcuna dimestichezza non dico con la teologia cattolica, ma nemmeno coi primi elementi della dottrina cristiana. Dal punto di vista massonico la falsità è altrettanto evidente: non si dà nessun riferimento di cancelleria vaticana (e questo lo si comprende) o di Loggia (e questo è inammissibile); non c’è nessuna data, firma, od altra identificazione, si fanno affermazioni inimmaginabili, come è il caso della squadra e del compasso sostituiti al crocifisso, si manifesta il grossolano anacronismo del Concilio, che all’epoca in cui Papa Giovanni moriva non si era occupato dell’argomento chiamato in causa, ricordato comunque in termini assurdi. Il nome della Loggia d’origine è addirittura sgrammaticato, con singolare e plurale equivocati e scritti a grandi lettere gotiche: As Grande Lojas de Santa Catarina. L’attribuzione di "Grande Loggia" compete solo al territorio nazionale e non ad uno Stato federale o ad una regione. In ogni nazione non può essercene che una sola, e generalmente è nella capitale: i massonologi sanno bene tutto questo. Tutto è artificioso e grossolanamente inventato: sembra di essere tornati ai tempi della mistificazione ottocentesca di Taxil, Margiotta, Rosen, Bataille ed infausta compagnia.
Il testo della preghiera recita:
"Signore e Grande Architetto dell’Universo, noi ci umiliamo ai tuoi piedi e invochiamo il tuo perdono, per l’eresia che nel corso dei secoli c’impedì di riconoscere nei nostri fratelli massoni i tuoi seguaci prediletti. Abbiamo sempre lottato contro il libero pensiero perché ancora non avevamo capito che il primo dovere di una religione, come ha affermato il Concilio, consiste nel riconoscere persino il diritto di non credere in Dio. Stoltamente abbiamo accreditato l’idea che un simbolo della Croce potesse essere superiore ai tre punti che figurano una piramide. Di tutto questo ci pentiamo, Signore, e con il tuo perdono ti chiediamo che ci faccia sentire che un compasso sopra un nuovo altare può significare tanto quanto i vecchi crocifissi".
4. - L’appunto sulla "Condanna della Massoneria" (1962)
Tra le carte inedite di Papa Giovanni c’è un appunto autografo intitolato Condanna della Massoneria, pubblicato nell’appendice n. 115 (pp. 564-565) delle Lettere 1958-1963, edite a cura di Mons. Capovilla presso le Edizioni di Storia e Letteratura (Roma, 1978, pp. 609). Il testo dallo stesso Pontefice è datato 1962 e segue di poco la pubblicazione degli Atti del Sinodo Romano celebrato per suo ordine e che nell’art. 247 rinnovava le condanne espresse dalla S. Sede contro la Massoneria (9). I commentatori sono concordi nell’affermare che si trattava di un pronunciamento emesso come spinta d’inerzia rispetto alla letteratura ecclesiastica antecedente. Il P. Caprile in un’opera largamente accolta dall’ecclesialità italiana scrive: "Strettamente parlando non si tratta di un atto universale, essendo un documento relativo alla sola diocesi di Roma e sancito dal Papa in quanto vescovo dell’Urbe. Indubbiamente però esso ha notevole valore perché rispecchia, meglio di qualsiasi altra cosa, l’orientamento del Vaticano e del Papa stesso a quell’epoca" (10).
Il documento del 1962 presenta un’elencazione dei documenti pontifici avversi alla Massoneria tratta dal IV volume del Dictionnaire Apologétique de la foi chrétienne di Aléxandre D’Alès (Parigi, 4 voll., 1911-1928, colonne 1129-1155). Il sottotitolo, scritto anche nel retro del foglio per due volte, in nero ed in rosso, dice: Condanne papali della Massoneria. Il testo integrale è il seguente:
"In meno di due secoli nove papi hanno pronunciato condanne solenni.
Clemente XII, 4 maggio (sic: 28 aprile) 1738. Encic(lica) In eminenti. Sotto parvenze di probità naturali, legami sospetti. Segno di perversione l’appartenervi. Nemici della sicurezza pubblica, già proscritti dai principi. Infatti fu proscritta dai magistrati protestanti di Olanda, 1735; di Amburgo, di Svezia e di Ginevra nel 1738, di Zurigo 1740, di Berna 1743. Pure proibita in Spagna, Portogallo, Italia dopo la parola di Clemente XII.
Benedetto XIV, 18 maggio 1751. Lettera (enciclica) Providas. Confermato il documento di Clemente XII. Riprovato il naturalismo, il segreto, le tendenze rivoluzionarie della M.
Clemente XIII e Pio VI. Bolla Inscrutabili divinae sapientiae, 1775, contro il filosofismo, le distruzioni rivoluzionarie, però senza parlare della M.
Pio VII, 13 settembre 1821. Bolla Ecclesiam a Jesu Christo: sètte segrete causa dei rovesci dell’Europa: ipocrisia dei carbonari che fingevano grande zelo per la Chiesa di Cristo.
Leone XII, 13 marzo 1826. Bolla Quo graviora: riproduce le tre bolle antecedenti; segnala le rovine nel campo degli studi con maestri di perdizione. Esorta i principi contro i cospiratori non meno nemici del trono e dell’altare. Prega tutti di fuggire uomini che sono tenebre della luce, luce delle tenebre.
Pio VIII, 24 maggio 1829. Encicl. Traditi humilitati nostrae. Richiama le parole degli antecessori. La formazione di giovani, di cui secondo san Leone Magno, la menzogna è la loro regola, Satana il loro Dio, la turpitudine il loro sacrificio.
Gregorio XVI, 15 agosto 1832. Enciclica Mirari vos: compara le società segrete ad una cloaca dove tutto si confonde quanto vi ebbe di sacrilego, di infame, di bestemmiatore nelle varie sètte ed eresie.
Pio IX. Cinque volte. Fra l’altro (allocuzione ai vescovi del 9 dicembre 1854): "Essi immaginano un diritto, che non ha alcun limite e che si attribuisce allo stato, che sarebbe la fonte e l’origine di ogni altro diritto". Altrove (lettera Ex epistola, in occasione dei funerali del maresciallo Magnon; sic: Magnan): "Queste sètte coalizzate formano la Sinagoga di Satana". E altrove: "Possedendo in loro mani la forza e l’autorità, le volgono audacemente (contro) la Chiesa di Dio al più duro servaggio. Vorrebbero, se fosse possibile, farla sparire dall’universo.
Leone XIII. In tutti i suoi più duro servaggio. Vorrebbero, se fosse possibile, farla sparire dall’universo" atti, ma specialmente nella enciclica Humanum genus, 20 aprile 1884: soprattutto qui e altrove, Leone XIII batte il segreto per cui la M. diviene indip(endente) dalla Chiesa e dallo Stato (cfr. Dizionario Apologetico di D’Alès, 95-131)" (11).
Non è il caso di impostare un discorso di aggiornamento e rettifica, che comunque riguarderebbe unicamente il D’Alès, già allora largamente invecchiato. Sarà sufficiente ricordare che la statistica dei documenti pontifici contro la Massoneria si aggira sulle tremila unità; per Pio IX, nell’opera più volte citata, ho elencato 150 documenti di condanna, senza tener conto dello sciame di corrispondenze che li accompagnarono, e che presumibilmente faranno moltiplicare per 10 questa cifra. Per Leone XIII sono giunto al repertorio di 2046 documenti, ma vedo che più ne cerco più ne trovo. Andrebbe ristabilita la distinzione tra Massoneria e Carboneria e, per quanto riguarda la prima, il termine rivoluzione dev’essere sostituito con quello di riforme, aggiornamento delle legislazioni, cioè promozione del trapasso dagli Stati assoluti a quelli democratici. Tanto la Carboneria che la Giovane Italia furono istituite proprio perché la Massoneria costituzionalmente rifugge dall’attività politica, ma postula solo quella di animazione culturale e non-violenta. In questo senso s’impone l’obbligo di segnare nella letteratura pontificia il punto di displuvio tra quello che i Sommi Pontefici affermano in quanto pastori della Chiesa e ciò che insegnano e legiferano in quanto sovrani temporali. Gli studi recenti hanno documentato sufficientemente questo cammino.
Il punto è questo: Papa Giovanni si proponeva di aggiungere una nuova condanna a quelle pronunciate dai suoi predecessori? Se la prospettiva viene individualizzata al tema specifico, sembrerebbe di sì, se invece il discorso viene allargato all’impostazione generale del pensiero giovanneo, la risposta è decisamente negativa. Molti sono infatti i punti d’orientamento espressi nell’autografo che contraddicono lo spirito dialogico di Papa Giovanni.
Uno dei problemi più scottanti è nell’accusa di lotta contro il Potere Temporale, che Pio IX e Leone XIII attribuiscono alla Massoneria, quando ormai è accertato documentariamente che risponde certamente al vero il fatto che il massone Garibaldi tentò più volte la conquista di Roma, ma non poté contare su una Massoneria che praticamente in Italia non esisteva ancora, essendo stato il Grande Oriente ristabilito appena nel 1859 dopo l’eclissi risalente al 1814 e dilaniato da gravi dispute, con tre Gr. O. (Torino, Napoli, Palermo) tra loro discordi. Altrettanto certo è che la Massoneria che veramente contava, cioè quella francese, di conserto con la Chiesa di quella nazione, impostò il corpo di spedizione che combatté contro la Repubblica Romana e lo stesso Garibaldi, e restituì Roma e gli Stati Pontifici al Papa e poi li presidiò fino al momento in cui Napoleone III, avendo dichiarato guerra alla Prussia, sentì il bisogno di disporre di questo manipolo perfettamente equipaggiato ed addestrato, e lo richiamò in Francia. Quando questi militari, il 4 agosto 1870, s’imbarcarono a Civitavecchia, il governo italiano sentì di avere via libera, non tenne nessun conto della Convenzione di stipulata con Napoleone III nel 1864, ed organizzò la spedizione culminata nella Breccia di Porta Pia. L’estremo ed insormontabile baluardo del Papa era stata la Massoneria collegata più o meno esplicitamente con la Chiesa di Francia (12).
Restiamo nella concretezza specifica. Giovanni XXIII non ha proceduto ad un atto di condanna; francamente il suo spirito non rendeva proponibile un fatto del genere. In questa prospettiva si colloca la testimonianza esplicita di Mons. Capovilla, che nella corrispondenza scambiata con me ha confermato ciò che nel 1979 aveva detto al P. Caprile per la prima edizione del lavoro edito in collaborazione col confratello Josè Antonio Ferrer Benimeli: "Non credo che intendesse procedere a una nuova condanna; ma desiderava conoscere a fondo la questione. Pensava certo al caute da ribadire nei contatti e in eventuali ‘negoziati’" (Op. cit., v. bibl., p. 61).
Credo che tutto il discorso qui fatto trovi una sintesi per il passato ed una valida prospettiva per il futuro nel magistero universale di Papa Giovanni e nella formulazione inequivocabile dell’enciclica Pacem in terris. A questo proposito bisogna tener conto della cronologia. Questa enciclica porta la data dell’11 aprile 1963, il Pontefice spirerà nella serata del 3 giugno dello stesso anno. Come si fa a non considerare uno dei più incantevoli documenti del Pontificato Romano di tutti i tempi, come un atto testamentario?
Nell’enciclica si legge, o meglio, si stabilisce:
"Le dottrine, una volta elaborate e definite, rimangono sempre le stesse, mentre i movimenti suddetti, agendo nelle situazioni storiche, incessantemente evolventisi, non possono non subirne gli influssi, e quindi non possono non andare soggetti a mutamenti, anche profondi... Pertanto può verificarsi che un avvicinamento o un incontro, ieri ritenuto inopportuno o infecondo, oggi invece lo sia, lo possa divenire domani" (n. 55).
Quand’è che questo "oggi" s’è verificato per effettuare la svolta cattolico-massonica, passando dalle ostilità al dialogo? A chi compete una decisione di questo genere? Il Pontefice dà la risposta in questa stessa pagina:
"Da parte dei cattolici tale decisione spetta in primo luogo a coloro che vivono ed operano nei settori specifici in cui quei problemi si pongono, sempre tuttavia d’accordo con i principi del diritto naturale, con la dottrina della Chiesa, e con le direttive dell’autorità ecclesiastica" (Ivi).
A Parigi il Nunzio Roncalli applicò questa dottrina coi massoni diretti e quelli indiretti, profondamente legati alla fede in Dio e nell’immortalità dell’anima; in seguito accolse paternamente anche gli atei militanti - come il genero di Krusciov, il giornalista Agjubei - che proveniva dal mondo slavo in cui egli aveva operato nella sua prima missione diplomatica.
5. - Conclusione
Il rapporto tra Papa Giovanni e la Massoneria può essere delineato in tre momenti non cronologici, ma tematici, definiti in termini abbastanza chiari:
1) Rifiuto. Ha la sua espressione di maggiore rilievo nel rapporto stabilito col Comm. XC***, ricostruito nel paragrafo n. 1-a). Una certa diffidenza credo non sia mai scomparsa dall’orizzonte giovanneo. La cautela postulata nell’appunto sulle "Condanne papali della Massoneria", autorevolmente commentata da Mons. Capovilla (cfr. nota 10) ritengo di poterla riportare a questa categoria (13).
2) Tolleranza. È evidente nel rapporto col barone Marsaudon. Il richiamo alla benevolenza nutrita nei confronti di tutte le componenti della società rientra in questo settore; se si tiene nel dovuto conto l’accoglienza riservata ai rappresentanti dell’ateismo comunista, questa benevolenza raggiunge un coefficiente estremamente elevato, perché la Massoneria costituzionalmente professa fede in Dio e nell’immortalità dell’anima, perciò è composta esclusivamente e tassativamente di credenti. Per quanto è possibile ragionare sulla documentazione finora disponibile, mi sembra lecito dubitare che questa constatazione nella Chiesa sia stata effettuata durante il pontificato giovanneo.
3) Concordia implicita. In attesa di studi che rilevino in molti documenti pontifici una ipotizzabile colleganza tra Chiesa e Massoneria, mi sembra legittimo additarla nei discorsi che il Nunzio Roncalli rivolse ai membri dell’Unesco a Parigi. Alla luce di questo patrimonio si potrà "leggere" tutto il messaggio giovanneo.
4) Il connubio ebraico-massonico. Un’adeguata attenzione dev’essere rivolta ad un argomento di primaria importanza, cioè la svolta che Papa Giovanni nel 1959 realizzò nella valutazione dell’ebraismo, facendo eliminare dalla liturgia l’espressione "perfidi giudei". È ben noto che nella polemica cattolica giudaismo e Massoneria sono stati considerati inscindibili e perciò accomunati nel giudizio e nell’esecrazione: questa parentela è innegabile, ma non nei termini iperbolici e scomposti voluti dalla polemica cattolica del passato. Essa dovrà essere sempre più esplicitata, e questo connubio renderà più praticabile il superamento dei tanti e gravi pregiudizi che ancora impediscono la riconciliazione esplicita della Chiesa con la Massoneria. È altrettanto noto che su questa linea il Concilio e la riflessione cattolica dopo Papa Giovanni hanno compiuto ulteriori passi molto impegnativi. Il magistero di Giovanni Paolo II in questo senso presenta una pregnanza straordinaria. Egli infatti collegò il proprio accostamento all’ebraismo direttamente col messaggio di Papa Giovanni: sarà sufficiente ricordare la visita che Papa Wojtyla compì nella Sinagoga di Roma il 13 aprile 1986, nel corso della quale, com’è sua abitudine, non nascose la complessità della situazione:
"L’eredità che vorrei adesso raccogliere è quella di Papa Giovanni, il quale una volta, passando qui - come ha ricordato il Rabbino Capo (Elio Toaff) - fece fermare la macchina per benedire la folla di ebrei che uscivano da questo tempio. E vorrei raccogliere l’eredità in questo momento, trovandomi non più all’esterno, bensì, grazie alla vostra generosa ospitalità, all’interno della Sinagoga. Questo incontro conclude in certo modo, dopo il pontificato di Giovanni XXIII e il Concilio Vaticano II, un lungo periodo sul quale occorre non stancarsi di riflettere per trarne gli opportuni insegnamenti" (14).
Note e bibliografia
1) Ho trattato l’argomento in vari lavori e nell’articolo Giovanni XXIII e la Massoneria, "Massoneria oggi", organo del G. Oriente di Pal. Giustiniani, maggio-luglio 1995, 37-39. Il Giornale dell’anima di Giovanni XXIII è citato nell’edizione maggiore pubblicata dalle Edizioni di Storia e Letteratura (Roma, 1964, pp. 506). Le due lettere, che portano il n. progressivo 46 e 49, sono in: Angelo Giuseppe Roncalli, Fede e obbedienza. Lettere ai rettori del Seminario Romano, 1901-1959, a cura di Carlo Badalà, Cinisello, S. Paolo, 1997, 101, 107. Per l’analogia con il P. Kolbe, cfr. R. F. Esposito, S. Massimiliano Kolbe, ebrei e massoni, "Santi e massoni al servizio dell’uomo" Foggia, Bastogi, 1992, specialmente. le pp. 195-197, 208-210.
2) Archivio di Mons. Loris F. Capovilla, Sotto il Monte Giovanni XXIII. Il Pontefice scrisse di sua mano sulla camicia di questo incarto: "XC***. Carte speciali".
3) Per le annotazioni di cancelleria cfr. Arch. di Sotto il Monte Giovanni XXIII, Carteggio XC***.
4) Yves Marsaudon, De l’initiation maçonnique à l’orthodoxie chrétienne, Paris, Dervy, 1965, 135-136. Cfr. R. F. Esposito, Le grandi concordanze tra Chiesa e Massoneria, Firenze, Nardini, 1987, 390-392.
5) Arch. di Sotto il Monte Giovanni XXIII, Carteggio Marsaudon. Nella letteratura pontificia non si è mai ammessa una distinzione tra Massoneria regolare e irregolare, o tra quella vigente nei paesi latino-cattolici e quella delle nazioni anglosassoni e protestanti. I commentatori cattolici in questo senso sono unanimi e recisi. Rimando a due articoli della Civiltà cattolica, che commentavano i documenti pontifici antichi e recenti: P. Giovanni Oreglia di S. Stefano SJ, Se la Massoneria inglese sia diversa, cioè migliore o peggiore delle nostre Massonerie (1884, III, 159-171); P. Giovanni Giuseppe Franco SJ, Riti vari della Massoneria sul suolo inglese (Ivi, 1896, III, 411-423).
6) A. G. Roncalli, Souvenirs d’un Nonce, Roma, Ed. di Storia e Letteratura, 1963, pp. 278. Per le altre citazioni dò soltanto il numero della pagina. Il conte Léon De Poncins pubblicò gli Atti delle due sessioni del Congresso parigino denunciando l’indole massonica della Società delle Nazioni: La Société des Nations, Super-état maçonnique, Paris, Beauchesne, 1936 (l’A. nel mese di maggio del 1962 me ne offrì una copia autografata). Da parte massonica questa parentela è espressa in numerose opere, particolarmente nel saggio di Eugen Lennhoff, Il Libero Muratore, Livorno, Bastogi, 1972, che Guido De Ruggiero nella Critica dell’antimassone Benedetto Croce (quaderno di settembre del 1931) giudicò in maniera lusinghiera: Cfr. anche Le grandi concordanze tra Ch. e M. (v. la nota 4), pp. 227-274.
7) All’argomento ho dedicato un’ampia relazione su Pio IX e la Massoneria, "Atti del Io Convegno di ricerca storica sulla figura e sull’opera di Papa Pio IX" tenuto a Senigallia il 28-30 settembre 1973; gli Atti sono stati pubblicati nella città nativa del Pontefice, 1974, 191-284. Ho ripreso l’argomento nel saggio in Pio IX. La Chiesa in conflitto col mondo, Cinisello, EP, 1979, specialmente alle pp. 19-59.
8) Su questo argomento cfr. R. F. Esposito, La Passione e la Croce nel XVIII grado del Rito Scozzese Antico e Accettato, il Sovrano Principe Rosa+Croce, Atti del congr. int."La sapienza della Croce oggi" (Roma, Pont. Ateneo Antonianum, 1975), AA. VV., La sapienza..., Torino, LDC, vol. III, 1977, 124-142.
9) Prima Romana Synodus, Typis Polyglottis Vaticanis, 1960, p. 209. Tr. italiana: Primo Sinodo Romano, A. MCMLX, Città del Vaticano, 1961, pp. XVI-472.
10) Josè A. Ferrer Benimeli e Giovanni Caprile, entrambi SJ, Massoneria e Chiesa cattolica ieri, oggi e domani, Roma, EP, 19822, 61; R. F. Esposito, La Massoneria e l’Italia dal 1800 ai nostri giorni, Id. ibid. 19785, 433, 494. Nel libro-intervista redatto da Marco Roncalli, Mons. Capovilla conferma quanto detto al P. Caprile: "Confermo la sostanza di quanto è asserito nel citato volume. Spiego il senso dell’avverbio cautamente (cfr. l’appunto del 1962 sulle condanne). La cortesia non significherà mai arrendevolerzza. Incontrarsi e dialogare non equivarrà mai a compromissioni e ad attenuazioni in fatto di condanne dalla Massoneria quale è tuttora" (M. Roncalli-Mons. Capovilla, Giovanni XXIII, Cinisello, S. Paolo, 1994, 88).
11) Il discorso relativo ai pontificati di Pio IX e di Leone XIII, come è presentato dalla storiografia cattolica, e dallo stesso dizionario del D’Alès, soprattutto col ricordo specifico del maresciallo Magnan, rievoca problematiche di notevole rilevanza, che è opportuno accennare. Negli anni 1848-1870 la collaborazione tra Chiesa e Stato in Francia raggiunse un livello elevato, e la presenza del massonismo non rimase nell’implicito. Un’espressione sensibile di questo collegamento fu il soccorso da offrire del Papa nello spirito del gesta Dei per Francos e della Francia figlia primogenita della Chiesa. Al di là del processo che molti fanno alle intenzioni di Napoleone III, resta il fatto oggettivo. L’imperatore aveva fatto salire alla carica di Gran Maestro del G. Oriente di Francia il maresciallo Bernard-Pierre Magnan, e lo aveva installato anche nella carica di Capo di stato maggiore dell’Armée. La morte cristiana del personaggio, avvenuta nel mese di giugno del 1865, diede origine ad una manifestazione pubblica di innegabile significato dialogico: l’arcivescovo di Parigi, Mons. Georges Darboy, alla presenza delle massime autorità dello Stato celebrò le sue esequie religiose in Notre Dame. Pio IX riprovò duramente quel gesto nell’allocuzione Multiplices inter del 25 settembre 1865, nella quale rinnovava anche la scomunica alla Massoneria, e solo quando l’arcivescovo nel 1870 cadde vittima della Comune, si espresse nei suoi confronti con vibrante ammirazione. Ho ricostruito le fasi di questo rapporto molto sofferto nel capitolo intitolato L’incidente ecumenico di Mons. Darboy (R. F. Esposito, Pio IX. La Chiesa in conflitto col mondo, cit., 156-168). Per quanto attiene la crescita della concordia tra Stato e Chiesa in Francia, soprattutto in rapporto all’aiuto da prestare al Papato, cfr. il mio articolo Il Io Congresso Antimassonico Internazionale nei documenti pontifici (Trento, 26-30 settembre 1896), "Palestra del clero", Rovigo, a. 76, n. 5-6, maggio-giugno 1997, 335-370.
12) Per la presenza dei massoni nel corpo di spedizione, particolarmente rilevabile tra gli ufficiali, oltre a quanto detto nella nota precedente, è importante la testimonianza della Civiltà cattolica (1865, IV, 233-242) perché contemporanea ai fatti, che non ne nega l’affermazione, anzi la ritiene plausibile, anche se ne attribuisce la responsabilità al Journal de Débats, che aveva mostrato stupore per l’intervento di Pio IX, avverso a coloro che lo difendevano a prezzo della vita. Merita poi attenzione uno dei classici dell’apologetica del tempo: Mons. Lorenzo de’ baroni Leoni, La Massoneria e le annessioni degli Stati Pontifici ossia i nemici del dominio temporale e spirituale dei Papi, Viterbo, Agnesotti, 3 voll., 1892-1893. L’A., ampiamente elogiato da questa rivista (1892, I, 192-198), rimprovera a Napoleone III e ad altri dirigenti del corpo di spedizione, tra i quali vanno ricordati il comandante in capo, gen. Oudinot e, probabilmente, il gen. Lamoricière, l’appartenenza massonica (il presidio era stato istituito dal predecessore di Luigi Napoleone, gen. Cavaignac, anch’egli alto dignitario massonico), ne recrimina la scarsa bellicosità ed abilità tattica e ne rigetta gli inviti rivolti al governo pontificio in ordine alla realizzazione delle riforme politiche e sociali. L’opera degli zuavi fu carissima ai cattolici francesi: S. Teresa di Lisieux nella famosa pagina della vocazione globale sognava ancora di diventare uno di loro (Storia di un’anima; manoscritti autobiografici, Milano, Ancora, 198822, p. 236). Sul ritiro del presidio francese da Roma, oltre alle opere relative al tramonto degli Stati Pontifici, cfr. Giacomo Martina SJ, Il discorso di Pio IX al corpo diplomatico la mattina del XX Settembre, "Riv. di storia della Chiesa in Italia", a. 25, 1971, 532-545; Id., Al Collegio Romano il XX Settembre 1870: dalla relazione del P. Pietro Ragazzini SJ, "Archivum historiae pontificiae" a. 8, 1970, 332-347; Id., La fine del Potere Temporale nella coscienza religiosa e nella cultura dell’epoca in Italia, Ivi, a. 9, 1971, 309-376; infine, del medesimo, Pio IX, 3 voll., Roma, Pont. Univ. Gregoriana, 1974, 1986, 1990.
13) In questa documentazione spesso la Massoneria viene definita "società segreta". Senza entrare nel merito delle ragioni che in passato consigliavano questa prassi, gradatamente abbandonata (nei casi-limite ne andava di mezzo la confisca dei beni e talvolta la pena capitale) ricordo che a partire dalla promulgazione della Costituzione questa definizione non risponde al vero, a meno che non si tratti di gruppi anomali ed estranei all’autenticità di quelli tradizionali ed ufficiali, che depositano i testi costituzionali e rituali presso i tribunali, mettono i loro indirizzi negli elenchi telefonici e le targhe all’ingresso delle sedi centrali, diffondono nelle edicole e con gli abbonamenti le riviste ufficiali ed i notiziari, ecc. La Massoneria americana poi ha sempre agito all’aperto con emblemi, divise, cortei, feste. Non si deve infine dimenticare che nel nuovo codice di diritto canonico (cfr. il can. 1374), la cui revisione fu ordinata da Giovanni XXIII all’atto dell’indizione del Concilio, la scomunica è stata eliminata.
14) Il testo è nella Civiltà cattolica, 3 maggio 1986, p. 271. Il Pontefice disse ancora: "Sì, ancora una volta, per mezzo mio, la Chiesa, con le parole del ben noto decreto (del Concilio) Nostra aetate (art. 4) deplora gli odi, le persecuzioni e tutte le manifestazioni dell’antisemitismo dirette contro gli ebrei in ogni tempo e da chiunque; ripeto, da chiunque". Nel decimo anniversario di questa visita il Pontefice riceveva una delegazione di israeliti guidata dal medesimo Rabbino Capo Toaff, nel corso della quale diceva: "L’incontro di oggi scaturisce dal desiderio di dare forma insieme ad un futuro con caratteristiche nuove rispetto al passato. Il clima di sincera amicizia che si è instaurato tra noi, i sentimenti di sollecitudine fraterna degli uni per gli altri che ci muovono, sono i presupposti essenziali di quel processo di reciproca accoglienza che prepara un futuro più sereno per tutti" (Osservatore romano, 15-16 aprile 1996, p. 11).
Rosario F. Esposito ssp