In una recente discussione si parlava della difficoltà di far arrivare alla maggioranza delle persone le informazioni che noi conosciamo grazie a Internet, e che portano ad una lettura dell’undici settembre - e di tutto quello che ci sta intorno - molto diversa da quella ufficiale. A questo proposito un utente chiedeva: “Esiste un "risvegling for dummies" [Come risvegliare i tonti]? Un decalogo... le istruzioni...In realtà sono io che mi sento ottuso o più probabilmente lo sono, viste le sistematiche derisioni che mi procuro”.
Secondo me il problema fondamentale sta nel capire che le diverse conclusioni a cui giungono le persone non dipendono mai da un “errato” ragionamento, ma da un diverso punto di vista iniziale. Partono cioè da premesse diverse dalle nostre. Chi ha visto Rashomon sa bene quanto diversa possa essere la percezione dello stesso evento, visto da angolazioni diverse. (E chi non l’ha mai visto corra ad affittarlo, e si faccia un regalo prezioso).
E’ quindi inutile insistere nelle discussioni, se a un certo punto ci si accorge che l’altro non ci segue fino in fondo. Questo significa infatti che lui parte da premesse diverse dalle nostre, ed è prima a quelle che bisogna rivolgere l’attenzione.
Se uno parte dal presupposto, ad esempio, che i negri siano una razza inferiore, non potrai mai convincerlo che lo schiavismo è ingiusto. Lo schiavismo diventa “ingiusto” solo se parti dal presupposto ... ... che le razze siano tutte uguali.
Se uno parte dal presupposto che la medicina ufficiale cerca in ogni modo di alleviare le umane sofferenze, non potrai mai convincerlo che la cartilagine di squalo funziona, perchè quello subito ti risponderebbe: “Ma figurati, se funzionasse lo si saprebbe di sicuro!”
Solo se gli instilli prima il dubbio che non necessariamente la medicina moderna abbia come priorità la cura dell’uomo, ma magari il profitto economico – e che abbia quindi interesse a tacere le proprietà della cartilagine, e non di divulgarle - allora potrai sperare di essere preso seriamente. Ma finchè non rimuovi quel macigno rapprentato dalla premessa sbagliata, anche la conclusione sarà sempre sbagliata.
Per il 9/11 è la stessa cosa: finchè uno parte dal presupposto che quello che dice la TV è vero, tu puoi presentargli tutte le prove di questo mondo, ma non crederà mai che gli islamici con le Torri Gemelle non abbiano nulla a che fare. E ha pure ragione, poveraccio: sono sei anni che i mass-media ci martellano quotidianamente con il “terrorismo islamico”. “Ma non li leggi i giornali? - ti direbbe scandalizzato – Non hai visto cosa hanno fatto l’altro giorno in Algeria! Vuoi forse dirmi che quelli non erano islamici?”
Finchè non gli suggerisci che quelli erano certamente islamici, ma chi li aizza e li manda al martirio può benissimo essere di un’altra religione, non potrai mai sostenere che le Torri Gemelle non le hanno buttate giù loro.
In altre parole, l’elemento che porta a “litigare”– anche fra persone assolutamente civili e ben diposte – sta nel dare per scontato che l’altro parta dagli stessi presupposti dai quali parti tu. Siamo quindi noi stessi a cadere vittime di una premessa sbagliata.
E’ per quello che nelle discussioni “ci si incazza”: perchè dopo un pò, a furia di ripetere le stesse cose, ti sembra impossibile che l’altro non le veda come le vedi tu. E a quel punto ti ritrovi a chiederti se la persona che hai davanti sia in malafede, oppure se sia soltanto un emerito deficiente. (Da cui il famoso “ma ci fai o ci sei?”)
Nessuna delle due, in realtà, è la risposta giusta. La cosa paradossale, infatti, è che in quel momento lui si sta ponendo le stesse identiche domande su di te.
Ognuno, dal proprio punto di vista, ha sempre perfettamente ragione. Persino il serial killer, che deve essersi costruito una valida motivazione – conscia o inconscia, in quel caso - per poter continuare tranquillamente ad uccidere senza provare il minimo rimorso.
A loro volta quindi non esistono “dummies” in assoluto, ma soltanto dummies poco informati, che partono cioè da premesse errate.
Ma nessuno può permettersi di riposare sugli allori, e non basta “sapere” qualcosa di più dell’altro per pensare di avere ragione: noi stessi infatti rischiamo di non essere informati su strati ancora più sottili di quello che ci appare come palese e scontato.
Dobbiamo quindi accontentarci di “avere ragione “ in termini relativi, e questo lo si ottiene portando l’altro ad avere almeno il nostro stesso livello di conoscenza.
Ma da qui in poi si apre, per tutti, il baratro filosofico che porta a domandarsi se esista una verità oggettiva o meno. I cartesiani sostenevano di si, le nuove generazioni di noetici sostengono di no.
Ciascuno di loro, naturalmente, parte da una premessa differente.
Massimo Mazzucco
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