Ricordate il duo Merkel-Sarkozy, solo pochi mesi fa, quando facevano gli spiritosi sulle possibilità dell'Italia di tenere il passo con il resto dell'Europa?
Sembravano i padroncini del mondo, con quell'atteggiamento da primi della classe venuti ad insegnare agli altri come ci si comporta nei salotti perbene dell'Europa che conta. Si sentivano chiaramente intoccabili, Angela e Nicolas, mentre impartivano dal palco le direttive ricevute dai loro padroni - banchieri, industriali e guerrafondai - ai "lazzaroni" del sud-Europa come Grecia, Spagna e Italia.
Sono passati appena sei mesi, e il duo Sarkozy-Merkel ha portato a casa una delle più sonore sconfitte elettorali - praticamente in simultanea - mai collezionate da un leader politico del loro calibro nella storia europea.
Sarkozy è riuscito a diventare l'unico presidente francese in carica, insieme a Giscard d'Estaing, a non venire rieletto per un secondo mandato, ed è il primo in assoluto nella storia del suo paese ad aver perso anche il primo turno elettorale. D'Estaing almeno il primo turno lo aveva vinto.
Dall'altra parte del Reno il partito della Merkel ha subito una secca sconfitta nel voto della regione Reno-Westfalia, perdendo di colpo oltre l'8% del suo elettorato La signora ha cercato di mimizzare la sconfitta, dicendo che "si tratta solo di un voto locale", ma i suoi collaboratori hanno ammesso che la batosta sia andata ben oltre le peggiori aspettative. Anche perchè la "regione locale" Reno-Westfalia conta, da sola, circa un quarto della popolazione tedesca, e produce circa il 20% del PIL nazionale.
Quello che importa naturalmente non è la gioia infantile che può scaturire nel vedere due personaggi particolarmente antipatici umiliati pubblicamente, ... ... ma il senso più profondo che sembra trasparire da questi risultati elettorali.
Ambedue i leader infatti avevano puntato la propria credibilità sull'imposizione dell'austerity come unica via d'uscita da una situazione di paralisi economica che penalizza ormai - anche se in misura diversa - tutte le nazioni europee. E ambedue sono stati sonoramente bocciati dal proprio elettorato.
Sia chiaro, nessuno si illude che oggi basti cambiare un presidente per cambiare il corso della storia (specialmente Hollande, che è tanto "socialista" quanto Sarkozy era "gaullista"). Ma il voto popolare, oltre a dare una indicazione di tipo politico, esprime spesso anche un sentimento nascosto, "trasversale", che magari l'elettore stesso non riesce a riconoscere fino in fondo, nel momento in cui mette la crocetta, ma che rivelerà poi nel tempo tutta la sua importanza.
Sembra infatti, a giudicare dalle votazioni recenti, che il nuovo elettore europeo non sia necessariamente convinto che quella dell'austerity sia l'unica soluzione disponibile per uscire dallo stallo economico in cui si trova. O comunque comincia a capire che non sia indispensabile inginocchiarsi per forza a culo nudo davanti ai banchieri dell'IMF e della World Bank, per poter tornare a vivere una vita che sia almeno degna di quel nome.
Lo hanno capito i greci, che continuano a respingere i maldestri tentativi dei politici per fargli accettare la schiavitù dei banchieri, e si stanno ormai avviando verso l'inevitabile uscita dall'Euro. Lo hanno capito gli spagnoli, che non ne vogliono più sapere di tirare la cinghia per conto terzi, e stanno probabilmente per arrivare alle stesse conclusioni.
E si spera che presto lo capiscano anche gli italiani, prima che per loro sia troppo tardi. Se proprio non volessero capirlo, noi a questo punto possiamo solo promettere di essere molto gentili quando ci toccherà dirgli "ve l'avevamo detto". Quando gli esempi sono sotto gli occhi di tutti, non puoi più fare finta di non capire.
Massimo Mazzucco