"Non basta mettersi il gonnellone e gli zoccoli per essere una femminista."
Intervista a Fernanda Alene, leader storica del movimento femminista degli anni '70, sulle differenze con il femminismo di oggi, e sugli eventi che portarono alla dissoluzione del movimento delle donne nei primi anni '80. (12 min. - Premi sulla freccia per ascoltare l'intervista).
TESTO DELL'INTERVISTA:
M.M.: Siamo al telefono con Fernanda Alene, una delle leader storiche del movimento femminista degli anni '70. E' stato grazie alla lotta di quel movimento che furono introdotte in Italia leggi importanti come quella sul divorzio, sull'aborto, sulla violenza contro le donne, e tante altre leggi che oggi diamo per scontate, ma che fino a 40 anni fa non esistevano nemmeno. Poi negli anni 80 ci fu una specie di riflusso - più che naturale anche, dopo una battaglia durata almeno dieci anni - mentre sul finire degli anni '90 è comparso un nuovo tipo di femminismo, che poi è quello che è diventato il femminismo di oggi, quello che chiamiamo il femminismo moderno. Tu, Fernanda, questo nuovo femminismo lo hai sempre criticato. In che cosa sbaglia, esattamente, secondo te?
F.A.: Il femminismo di oggi sbaglia in tutto, secondo me, perché ha preso la strada della lagna. Tu ti lagni, fai la fiaccolata, e protesti. Poi invece fai una marcia, così, e protesti. Non è così secondo me che bisogna fare. Mi fanno ridere le fiaccolate notturne, "in protesta" di qualche cosa. Io al femminismo oggi consiglierei di tornare alla vecchia tecnica del sit-in, cioè ad un certo momento tu blocchi una città, e devono venir fuori i poliziotti a tirarti via una per una, ... ... e tu devi mettere dei cartelli in cui è molto preciso quello che stai chiedendo, e la ragione per cui fai quello. Allora tu hai il consenso della gente, e hai anche una attenzione che invece normalmente, se fai la fiaccolata notturna, nessuno ti caga.
Allora il discorso del femminismo è che manca di fantasia e di grinta. E' quello che noi abbiamo avuto, veramente, bisogna riconoscerlo. Perché ad un certo momento il sindaco di allora, Tognoli di Milano, se faceva una promessa e non la manteneva, nel giro di tre ore si trovava la Piazza del Duomo piena. Eppure non c'era Internet. Ognuna di noi faceva tre telefonate. Cominciavano le telefonate alle cinque, alle nove la piazza era piena. "Allora, Tognoli ha promesso questo, e gli asili nido non vengono fuori. Cosa facciamo?" Il giorno dopo si ritrovava un altro sit-in davanti a Palazzo Marino, e doveva chiedere il permesso per entrare. E gli asili nido a Milano sono stati i primi e sono venuti fuori, come sono venuti fuori in Emilia-Romagna subito, al momento. Adesso non c'è la forza e la determinazione per ottenere le cose.
M.M.: Forse non c'è la volontà...
F.A.: Non c'è la volontà, anche. Perché ad un certo momento, secondo me, oggi le donne sono sotto… seguono la strada dei partiti. Quello che un partito ti può consigliare loro lo fanno.
M.M.: Quindi mancano anche di indipendenza.
F.A.: Di indipendenza sicuramente, prima di tutto. Però c'è anche una cosa molto pericolosa per le donne: che oggi le donne infiltrate fai più fatica a riconoscerle, perché ti entrano dentro in un movimento con delle sigle una diversa dall'altra. Una volta noi sapevamo perfettamente "quella tipa lì è iscritta al PC". Allora "benissimo, vieni pure con noi, però tu non parli, e se parli non è che parli per bocca di via Vitruvio [sede del PC milanese], ma parli magari per bocca tua". Era più riconoscibile quello che poteva essere fuori dal movimento. Mentre invece oggi il movimento è come un partito politico delle donne che si lamenta. È una CGL che fa la lagna.
M.M.: Questo vuole dire che il movimento è fatto ormai tutto di donne infiltrate?
F.A.: No, probabilmente no, però anche quelle che non sono infiltrate vivono di rendita di quello che poteva essere il femminismo di quarant'anni fa. Non basta metterti il gonnellone e gli zoccoli per essere una femminista. Prima di tutto il discorso è che devi mettere in discussione i diritti che ti stanno togliendo, perché le donne hanno dimenticato che i diritti, una volta che tu li hai, se non li difendi, te li portano via a pezzettini, e non te ne accorgi assolutamente. È quello che sta succedendo. Perché le donne non reagiscono? Perché in fondo ai partiti fa comodo così.
M.M.: Cosa intendi per "i diritti te li portano via pezzettini" esattamente?
F.A.: Oggi per esempio, nel mondo del lavoro, una va in una azienda, la accettano per il lavoro, però le fanno firmare in bianco una dichiarazione di dimissioni, e la tirano fuori nel momento in cui quella rimane incinta. Questa è una cosa che le donne devono difendere, perché non è che te lo permette, tu la legge ce l'hai, ti devono tenere il posto di lavoro, ti devono continuare a pagare i contributi, non farti firmare una delega, per cui se rimani incinta vai in strada e arrangiati.
Però una persona, o una donna, che magari cerca lavoro per un anno o due, ad un certo momento trova un lavoro e firma. Anch'io firmerei. Ma lì è perché manca il sostegno delle altre donne dietro. Allora ci si possono anche permettere queste cose, e soprattutto manca anche l'appoggio degli uomini, dei colleghi di lavoro, perché dovrebbero essere loro per primi ad un certo momento a denunciare quelli che possono essere i soprusi di una azienda. Invece hanno tutti paura. Non c'è più la grinta di dire "Va bene, però siamo in tanti e allora facciamolo". È chiaro che quella poveretta lì fa la denuncia, ma intanto lei non lavora e va a spasso, e poi la denuncia rimane dov'è. Se invece la denuncia viene fatta da un movimento di donne che è solidale, per cui è quella denuncia di quell'azienda, insieme alla denuncia di un'altra azienda, di un'altra azienda, e di un'altra azienda ancora, allora a quel punto ecco che la smettano di farti firmare la carta dove dici che dai le dimissioni.
M.M.: Ma come si è potuto arrivare a questo punto, visto da dove eravate partite?
F.A.: E' perché abbiamo abbassato la guardia. Le donne hanno abbassato la guardia. Soprattutto, in un certo senso, le figlie delle femministe, di quelle che avevano ottenuto qualche cosa, si sono sedute sugli allori di quello che le madri avevano fatto. Non hanno più mosso un dito per vent'anni. Quella generazione è una generazione viziata di donne, che magari in fondo in fondo pensa sempre ancora "spero di trovare un marito ricco così non se ne parla più, nemmeno di lavorare". E questo può essere anche un sacrosanto desiderio di tutte le donne, però intanto difendi per le altre le cose [che sono state fatte]. Invece te le mangiano, e infatti i partiti sono riusciti a metterci il piede sopra nel momento in cui le donne si sono stancate. Siamo noi che a un certo punto abbiamo detto "Vabbè, adesso quel che è fatto è fatto, basta, fermiamoci anche un momento, insomma". E loro tracchete! Adesso, a sentire loro, tutte le leggi che ci sono, valide per le donne, le hanno fatte loro.
M.M.: "Loro" chi? Le femministe di oggi?
F.A.: No, "loro" sarebbero i comunisti. Adesso sono loro che hanno fatto tutto, capisci? Sono sempre loro, anche la resistenza, per carità, l'hanno fatta solo più loro ormai, capisci? Non c'erano Giustizia e Libertà, non c'erano nessun altro, i cattolici, il Partito d'Azione.... No no, per carità, c'erano soltanto loro. Mentre invece il CLN di Torino era qua nel convento del San Giuseppe, per dire. Però non esiste tutto quello che hanno fatto gli altri, l'hanno fatto solo loro. E rispetto al movimento delle donne, le leggi le hanno fatte loro insomma. Guai se non ci fossero stati loro!
M.M.: Ma come è avvenuta storicamente questa presa di potere, questo colpo di mano da parte del partito comunista tramite le donne?
F.A.: Ad un certo momento le donne delle ACLI erano spaccate in metà, le cattoliche erano spaccate in metà, facevano veramente di testa loro. Le comuniste no. Le comuniste no. Io lavoravo molto meglio con Mariapia Garavaglia, che adesso è parlamentare, che era della DC, e ci siamo trovate la prima volta in un'assemblea, e alla fine ci siamo accorte che dicevamo le stesse cose. Perché le cattoliche il partito l'hanno salutato.
M.M.: Per "partito" intendi la Democrazia Cristiana, in questo caso?
F.A.: Sì, la Democrazia Cristiana. Praticamente, con il divorzio c'è stata la scissione [all'interno della DC], e lì sono andate avanti per conto loro. Idem le donne delle ACLI, sono andate avanti per conto loro. Le comuniste no. Le comuniste andavano in via Vitruvio, prendevano l'imbeccata, e venivano alle riunioni pensando che magari le avremmo anche ascoltate. Erano molto, molto tenute d'occhio. Io ho fatto delle liti spaventose con quella che adesso è Barbara Pollastrini, che allora era Barbara Mannheimer, che pretendeva... lei era segretaria del partito delle giovani comuniste, e mi telefonava per dirmi che cosa doveva essere scritto sul giornale ...
M.M.: Sul giornale dell'UDI, intendi?
F.A.: Sul giornale "Noi Donne". A quel punto io mi sentivo molto libera, e potevo anche mandarla al diavolo.
M.M.: Ma la proprietà del giornale di chi era?
F.A.: Era diventata una "cooperativa libera stampa". Cioè non aveva ufficialmente padroni. I padroni erano le donne.
M.M.: Quindi era autofinanziato?
F.A.: Sì, era autofinanziato, certo. Però nel momento in cui il partito [comunista] ha pagato i debiti del giornale, io ho dato le dimissioni, perché ho capito che non sarei stata più libera di gestire gli articoli e le altre cose come avevo sempre fatto.
M.M.: Quindi vi hanno comperato, alla fine, con la stessa tecnica che usano i capitalisti e gli accentratori dell'informazione da sempre?
F.A.: Sì sì, sicuramente, approfittando del fatto che in quel momento le donne erano molto stanche.
M.M.: Ma tecnicamente come è finito il movimento, da un giorno all'altro?
F.A.: C'è stato un congresso, dove praticamente si doveva decidere se diventare partito oppure sciogliersi. Perché un movimento ad un certo momento si trova necessariamente di fronte a questo problema. O tu entri nelle istituzioni e "ci lavori da dentro", come dicono loro, oppure il movimento si scioglie, perché comunque ha finito una certa funzione, ha finito soprattutto la forza che l'ha spinto avanti. In quel momento, in quest'ultimo congresso che c'è stato a Roma, non ricordo se fosse l'82 o l'83, è stato deciso che il movimento si scioglieva, che l'UDI non c'era più, l'Unione Donne Italiane non c'era più. Si era pensato di fare poi dei piccoli gruppi, dopo non so come sia finita, però come organizzazione praticamente si è sciolta. Le donne non hanno accettato di diventare partito.
M.M.: Per fortuna non l'avete fatto, avete saputo restare compatte fino alla fine, anche nella dissoluzione. Grazie per questa testimonianza, sicuramente valeva la pena di risentire la differenza fra quello che è stato il femminismo di ieri e quello che vuole definirsi femminismo di oggi. Ci risentiamo presto magari, per parlare di altre cose interessanti. Ciao e grazie.
F.A.: Ciao e grazie.
Intervista di Massimo Mazzucco per luogocomune.net
VEDI ANCHE: "Breve storia del femminismo italiano" di Fernanda Alene
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