QUANTO VALE UNA BAMBINA DI 7 ANNI?
di Fabio de Nardis
16.05.04 - Al Bo Ali Dakel è un piccolo villaggio nei pressi di Fallouja, teatro recente di un duro scontro a fuoco tra marines e milizie della resistenza irachena. I civili morti “per sbaglio”, come al solito, sono molti, ma a questo punto gli americani non possono permettersi altri dissapori nella popolazione. E così è il capitano Kevin Coughlin, su mandato degli alti ufficiali, ad occuparsi personalmente di rimborsare i danni, per un totale cumulativo di $15.000. Fino all’ultimo hanno tentato di abbassare la cifra a 10.000, ma non c’è stato nulla da fare, il capo del villaggio è stato irremovibile.
Il figlio di un uomo ucciso per errore da un mortaio americano riceve $2.500. La stessa cifra viene pagata a un uomo la cui figlia di sette anni è stata trucidata a sangue freddo, mentre portava al pascolo le sue pecore. Secondo la rigorosa regola dei Marines, i rimborsi per la morte di un civile vanno direttamente... ... alla famiglia, mentre quelli relativi a danni materiali (alberi abbattuti, raccolti distrutti, bestie uccise) passano per il filtro del capo villaggio, o dello sceicco di turno. Coughlin si occupa personalmente dei risarcimenti, pronunciando la frase rituale: “Sappiamo di non poter sostituire la sua perdita, ma accetti comunque questa piccola offerta come dimostrazione del nostro dispiacere e come pegno di amicizia”.
2.500 dollari, circa 2.400 euro, meno di quattro milioni e mezzo delle vecchie lire. Questo è il valore che gli americani danno alla vita spezzata, in maniera gratuita inoltre, di una bambina neanche adolescente.
Quantificare, questa è la base della loro cultura. Per loro tutto è mercificabile, tutto è catalogabile, tutto ha un prezzo. Il che ci ricorda molto da vicino un nostro imbonitore televisivo, che ha scalato il potere fino alla presidenza del consiglio a suon di mazzette, e si spera solo di quelle. Ma il vero problema, con questo tipo di persone, è non solo che ti vorrebbero comprare anche l’anima, ma che il prezzo, sempre e comunque, vogliono farlo loro.
E spesso, ovviamente, sbagliano i conti: mentre nel villaggio i morti sono più di cento, il ristrettissimo budget è appena sufficiente a rimborsare un paio di famiglie. Così, più che altro in forma simbolica, un pò per quietare la coscienza, un pò per pararsi il culo, dovesse un giorno servire a dimostrare che in fondo siamo invasori, ma buoni.
Quando infatti un ragazzo iracheno corre incontro al capitano americano, ancora con il viso segnato dalle lacrime per la morte del padre, riceve una risposta secca e tragicamente ironica: “Sorry, anche mio padre è morto da poco”.
Fabio de Nardis