di Maurizio Blondet
Il discorso di Netanyahu davanti al Congresso USA spero abbia dimostrato anche ai più ciechi questa evidenza che è politicamente corretto non vedere: il grado umiliante di servitù della Superpotenza sotto il potere ebraico. Un livello disonorevole di soggezione, che fa vergogna anche solo avervi assistito. Mai è accaduto nella storia americana che un governante straniero abbia parlato al Congresso – a sezioni unite – senza invito del Presidente in carica, per denunciare davanti ai senatori un negoziato che il suddetto presidente ha in corso, quello con l’Iran sul nucleare; e farlo dallo stesso pulpito da cui i presidenti americani pronunciano il tradizionale discorso sullo Stato dell’Unione, l’atto del supremo potere esecutivo.
È stato a tutti chiaro che il padrone è lui. Si sa che Obama ed il suo cerchio magico alla Casa Bianca avevano fatto sapere a Bibi almeno di chiedere l’invito presidenziale; l’avevano fatto «per via diplomatica», ossia di nascosto, implorando l’ambasciatore israeliano in USA Ron Dermer (un ex cittadino statunitense, altro tocco oltraggioso) di far ragionare il pazzo. Quando poi è stato chiaro che Netanyahu intendeva infischiarsene e venire a dare ordini agli eletti del popolo americano, «importanti personalità della Casa Bianca sono stati citati dai media, in modo anonimo, a chiamare il capo del Governo israeliano un “vile” e “chickenshit” (letteralmente ‘cacca di pollo’, insignificante): anonimamente.
La Casa Bianca – dicesi Casa Bianca – non ha avuto il coraggio di reagire apertamente allo schiaffo dell’ebreo, ... ... non ha trovato di meglio che questo modo vile e impotente di tradire la sua stizza da servo maltrattato. Mai si è visto un Presidente americano – dello Stato più potente della Terra – ricevere uno sputo in faccia da una cacca di pollo (1), ed asciugarsi questo sputo in faccia senza reagire, solo balbettando di non aver visto il discorso (in tv), ma di aver letto la trascrizione... per assicurare che comunque l’amicizia (servitù) dell’America con Israele resta infrangibile nei secoli a venire, eterna, intoccabile. Che vergogna.
I congressisti hanno interrotto il discorso di Bibi – delirante, come vedremo – con infiniti applausi; i media hanno contato venti standing ovations. I senatori non potevano applaudire seduti; un irrefrenabile entusiasmo li obbligava ad alzarsi in piedi spellandosi le mani, non finivano più. Non si può capire una simile esagerazione se non la si vede come manifestazione di paura. Raccontano gli storici che qualcosa del genere avveniva quando Stalin parlava al Soviet Supremo: i membri del PCUS si alzavano ad applaudire il Piccolo Padre come colti da un ardore che non potevano trattenere; cinque minuti di battimani. Poi dieci. Poi quindici... nessuno dei magnati voleva farsi vedere ad essere il primo a smettere di applaudire; le palme dolevano, le facce erano rosse per lo sforzo, ma si continuava ad applaudire, ancora, ancora — perché Stalin, divertito, osservava, e avrebbe preso nota del primo che smetteva.
Saluto staliniano a Netanyahu
Non credete che esageri. Come giornalista ho frequentato il mondo politico di Washington, parlato con deputati e senatori, e conosco bene la loro paura. Molto motivata, del resto. Chi di loro si lascia sfuggire una minima critica ad Israele, ha la certezza di non essere rieletto, di aver contro i giornali importanti, di non ricevere i fondi e le donazioni necessarie per la campagna, di vedersi sfidare nel suo collegio da un inatteso rivale molto ben fornito di denaro, scelto ‘contro di lui’ dall’AIPAC – il temutissimo American Israeli Political Action Committee.
Il rimedio – non sempre sufficiente – è profondersi in pubbliche scuse. Molto meglio partecipare alle cene e gala annuali dell’AIPAC e sdilinquirsi nei brindisi a dichiarare il proprio amore assoluto, mistico e ferreo, eterno ed abietto per Sion e darle ragione in tutto. Ancor più: John Kerry ha reso noto di «aver appreso recentemente che i suoi nonni erano giudei», e il suo primo cognome era stato Kohn. Hillary Clinton nel 2004 fece sapere ai giornali che una sua nonna aveva sposato un certo Max Rosenberg. Persino il Generale Wesley Clark qualche anno fa, inaspettatamente, si proclamò «discendente da una lunga dinastia di rabbini di Minsk». Non c’è politico che non senta il bisogno di scoprirsi delle radici ebraiche, nella speranza di ingraziarsi l’AIPAC. C’è da arrossire per loro. Così, ovviamente, i senatori hanno applaudito – quindi assentito –quando Padron CaccadiPollo ha ordinato: l’America non faccia alcun patto nucleare col Governo di Teheran, che è una minaccia non solo per Israele ma per il mondo; è il nuovo Terzo Reich che trama un nuovo olocausto; le sanzioni contro l’Iran (in vigore dal ’79) siano accresciute, non alleviate; il regime deve essere totalmente rovesciato, distrutto.
Hanno applaudito più forte frasi come questa: «Dobbiamo tutti agire insieme per opporsi alla marcia di conquista, soggiogamento e terrore dell’Iran!». «L’Iran sta divorando le nazioni proprio adesso!». «È sostenuto dall’Iran Assad, che sta macellando i siriani, è con l’aiuto dell’Iran che le milizie sciite infuriano in tutto l’Iraq, col sostegnodell’Iran gli Houti si sono impadroniti dello Yemen».
Magari qualcuno poteva ricordare che Assad sta combattendo la torma di jihadisti pagati dai sauditi ed addestrati dagli americani che, loro sì, macellano siriani; e che in Iraq è stata l’invasione americana a strappare il potere ai sunniti e darlo alla componente sciita, maggioritaria. Macché: applausi a tutte le menzogne e farneticazioni. Esibendo senza freni quella distorta percezione della realtà che pare un tratto psichiatrico caratteristico della sua gente, Bibi ha descritto l’Iran come il mostro che si è impadronito di «Baghdad, Beirut, Damasco e Sanaa» (nientemeno), dunque un flagello molto più pericoloso, distruttivo e minaccioso dell’ISIS. Anzi, ha secondo lui, sconfiggere lo Stato Islamico è molto meno importante ed urgente che distruggere il potenziale atomico iraniano, giganteggiate nella sua immaginazione.
Non pensate, ha intimato ai membri del legislativo americano, che poiché l’Iran sta combattendo l’ISIS sia diventato buono, in base al detto «il nemico del mio nemico è il mio amico»: No, no: «Il nemico del tuo nemico è il tuo nemico!»: questa è la nuova regola che Sion vi impone «quando si tratta di Iran ed ISIS».
«Non fatevi prendere in giro, la battaglia fra Iran ed ISIS non tramuta l’Iran in un amico dell’America... si stanno combattendo per la corona dell’Islam estremo». Dovete, o noachici, credere che Teheran è peggio del Califfo. Reso ardito, s’è rivolto direttamente al Mostro iraniano creato dalla sua narrativa: «Basta! Basta minacciare di annichilire la mia patria, l’unico e solo Stato ebraico... Se l’Iran aspira ad essere trattato come un Paese normale, che agisca da Paese normale»: frase che meglio si applica al solo Stato anormale, atomico, dominato dal fanatismo religioso e dalla guerra compulsiva contro inermi, che oggi si conosca: il suo. Non è stato il solo esempio di «proiezione» freudiana, l’attitudine ahimè così ebraica di denunciare e colpire negli altri atti criminosi che proprio Israele, invece, commette. «L’Iran deve finirla – ha tuonato – con aggressioni ai vicini, col sostegno al terrorismo e con le minacce di un nuovo olocausto», frase che sarebbe perfettamente sensata se solo si sostituisse «Iran» con «Sion» — la sola entità che incessantemente aggredisce i vicini, che commette atti di terrorismo e minaccia lo sterminio totale dei palestinesi. La ripetutissima asserzione ebraica che «non bisogna lasciare che si faccia la bomba atomica un regime di fanatici religiosi» si applica a pennello ad Israele, che ha 300 testate atomiche e un Governo delirante che si crede Dio.
Ysrael come malattia mentale
Perché questa non è solo Chutzpah spinta oltre ogni oltraggio e disprezzo per gli altri, non è solo l’assenza, nella cultura ebraica, di un apollineo senso del limite — ciò che nella storia ha finito per suscitare la reazione contro questo popolo di nani smisurati. È che questo popolo non tollera limiti alla sua azione, né che altri popoli possano farlo sentire non-onnipotente mostrando qualche forza militare che la lobby non può controllare — perché si crede Dio. Israel Shamir, divenuto cristiano, ha colto perfettamente questa sindrome, la radice del delirio di onnipotenza: «Un ebreo si sente parte integrante, inseparabile – una unità – di Ysrael, grande entità sacrale che sta con l’individuo ebreo nello stesso rapporto dell’alveare con la singola ape. Ysrael è la figura androgina centrale dell’universo ebraico: è lo sposo della Torah, la quale è la sposa Eletta di Dio (...) la Chiesa degli ebrei, Ysrael, adora Ysrael — come dire: sé stessa.
Questa persona narcisistica di rango superiore, sorta di super-ego nevrotico della personalità collettiva dei giudei, ha la sua propria volontà. Questa volontà non coincide con le volontà degli ebrei in quanto individui. (...)Un cristiano sa che sopra di tutto c’è Dio. Un giudeo, in generale, scambia il suo sentimento di appartenere al super-organismo nazionale come un sentimento religioso. (...) Il loro ‘monoteismo’ non è una religione tribale, come sostengono i suoi detrattori. No: è l’egocentrismo estremo di una formica totalmente incapace d’immaginare che la vita possa esistere al difuori del suo formicaio, o che esista un dio che non sia il Dio Formica» (2).
È in questo senso preciso che l’ebraismo non è una razza, e nemmeno una religione, ma una sindrome psichiatrica. Gilad Atzmon concorda con diagnostica precisione: constatato che «l’Olocausto è diventato la nuova religione ebraica», tanto che «l’Olocausto si pone come verità eterna che trascende il discorso critico» (un dogma), egli conclude che nella religione dell’Olocausto «ogni ebreo è potenzialmente un piccolo Dio o una Dea... Dio è stato licenziato per aver fallito la sua dimensione storica: dopotutto, non era lì a salvare gli ebrei» (3).
Per questo il dominio così totale, senza resistenza, degli ebrei sulla Superpotenza è immensamente pericoloso. Per secoli hanno preferito fuggire al realtà – che consiste in limiti, e per ogni uomo l’umile dovere di accettarli – chiudendosi nei ghetti dove «possono celebrare i loro sintomi, amare sé stessi per quello che sono – o che credono di essere» (Gilad Atzmon), sfogarsi nelle loro forsennate proiezioni freudiane: «Tutti i goym ci odiano» (tradurre: noi odiamo tutti i goym), «qualunque goy ci vuole sterminare» (li vogliamo sterminare tutti fino all’ultimo). Anche la standing ovation per l’immortale (ed imbroglione) Elie Wiesel. In passato, le molte volte in cui hanno preso possesso di nazioni di goym, la loro dismisura oltraggiosa, il loro oltranza offensiva e irrealista, anti-apollinea, ha suscitato reazioni (le «persecuzioni» della vittima innocente, ci viene oggi insegnato fin dalle elementari), e sono tornati nei ghetti a celebrare i propri sintomi e fantasie di sterminio.
Oggi, ogni cedimento occidentale alle loro pretese deliranti viene da loro vissuto come conferma della propria divinità; avete imposto sanzioni contro l’Iran? Adesso dovete bombardarlo, distruggerlo alla radice, sterminare tutti i persiani. Come avete già fatto per nostro volere all’Iraq, all’Afghanistan, alla Libia... E il Congresso applaude , il Washington Post prèdica che le «giuste argomentazioni di Bibi meritano ascolto».
Non c’è dubbio che la maggioranza repubblicana al Congresso silurerà il tentativo di Obama di giungere ad un accordo ragionevole con Teheran, consentendole una misura di industria nucleare nazionale; tentativo del resto ambiguo e incerto, per la paura della nota lobby, mortali per ogni politico USA. In ogni caso, fra due anni, sarà messo al potere un presidente repubblicano, che sarà come il Congresso repubblicano che ha invitato Chickenshit: soggetto all’Ebreo fino al delirio, alla guerra totale. L’Impero del Caos può ancora peggiorare, farsi ancora più destabilizzante, illegittimo e criminale. «Adesso abbiamo un Congresso repubblicano determinato a fare quel che gli piace, quindi la realtà non è un fattore importante», ha sospirato lo storico e giornalista William Boardman: non poteva meglio definire il contagio della sindrome ebraica sul legislativo americano. La realtà non ha più importanza: non esistono limiti per Ysrael, il dio di se stesso. Si deve piegare alla volontà suprema, fino alla guerra totale contro tutti i nemici, potenziali ed immaginari, dell’ebreo.
Giuliano Ferrara, il delirante de’ noantri
E se qualcuno pensa che sono io ad esagerare, e che la mia denuncia ed allarme sia dettato da non so quale «antisemitismo» («Blondet un noto antisemita»), si legga Il Foglio del 4 marzo. Il direttore Giuliano Ferrara ha giudicato il discorso di Netanyahu bellissimo, come bellissimo è Bibi. Fuori di sé dall’ammirazione, lo chiama: «Il gladiatore israeliano». Ha trovato «la sua lingua autorevole, razionale, consequenziale». In piena estasi, esalta in Netanyahu la voce di Ysrael che è giunto a «citare le ragioni esistenziali e profetiche del popolo ebraico in nome di Mosè e della regina Ester». Ora, il libro di Ester racconta come la concubina ebrea del re Assuero (identificato di solito con Serse I), viene utilizzata dalla lobby del tempo per sventare uno sterminio del popolo eletto che il cattivo Primo Ministro Haman sta tramando di compiere strappando allo stupido Assuero il decreto relativo. Nel Libro di Ester, sono gli ebrei che – grazie alla concubina che piange davanti al re alluzzato dalle sue grazie – sterminano invece il loro nemico Haman, la sua famiglia, i suoi funzionari, abbandonandosi in un’orgia di sangue che è la causa della festa di purim, quando ogni ebreo si deve ubriacare al punto da «Non distinguere Haman da Mordecai» (il capo della lobby e manovratore di Ester, l’ucciso e l’uccisore).
Il punto è che la vicenda non ha alcun fondamento storico. Non è mai stata progettata nell’impero di Persia una strage di ebrei né, fortunatamente, la contro-strage degli ebrei sui nemici. È assolutamente inventata. Pura immaginazione ebraica, che ha dato ad una arcaica festa del vino come ce n’erano in tutto il mondo antico, il senso di una fantasia delirante di vendetta, uno sfogo onirico dell’odio per l’altro. Citarlo come fondamento del pericolo iraniano, significa tradirsi: anche quel pericolo è fittizio, immaginario ed onirico.
Di vero e concreto c’è,invece, la rabbiosa volontà israeliana di annullare il pericolo immaginario con niente di meno del genocidio, spingendo la superpotenza a compierlo. Giuliano Ferrara partecipa di quel delirio, non può resistere a richiamo del formicaio Ysrael. Tanto che consuma un’intera pagina de Il Foglio per riportare integralmente il delirio di Bibi, ritenendo che i lettori italiani debbano condividere la sua estasi narcisistica ed andare in polluzioni come lui per quella roba: «una gag grottesca, se questi assatanati non avessero 300 atomiche», mi scrive l’amico Siro.
Maurizio Blondet
1) Basta confrontare l’atteggiamento pecorile di Obama verso il giudeo con quello di minaccia, arroganza e violento disprezzo, che usa contro Vladimir Putin e la Russia.
2) Israel Adam Shamir, «La bataille du discours»,www.israelshamir.net
3) Gilad Atzmon, The wandering Who?, Zero Books, 2011.
***
Maurizio Blondet sarà a
Treviso il 13 di Marzo, sul tema "Islam e Russia: quali pericoli per l’Italia?".