di Stefano Serafini
Mi pare sia passato piuttosto in sottotono, almeno presso i media italiani, lo scandaloso discorso di Harold Pinter pronunciato in occasione del ricevimento del Premio Nobel 2005 per la letteratura, lo scorso 7 dicembre.
Presumibilmente perché egli ha voluto cogliere l'occasione di una platea mondiale per dire quello che milioni di persone desidererebbero urlare senza poterlo fare, e che le televisioni, obbedienti, tacciono. Con un monologo intitolato "Arte, verità e politica", l'intellettuale coraggioso si è esposto in vece del Segretario dell'ONU, o delle cancellerie internazionali, o dei partiti, o dei leader popolari, o persino delle agenzie di stampa; l'arte ha supplito alla coscienza perduta di chi governa, ed è così tornata finalmente a parlare, per bocca di Harold Pinter, di verità, assumendosene la responsabilità.
Ma quale verità? Non è la verità nell'arte, e nella fattispecie della specialità di Pinter, la drammaturgia, come egli stesso sostiene, "sempre elusiva"? In effetti, proprio ad apertura di discorso, citando se stesso, Pinter conferma di credere che non esistano distinzioni assolute fra reale e irreale, tra vero e falso, e che una cosa può essere sia vera che falsa allo stesso tempo. E' questo infatti il modo di procedere dell'arte nell'esplorazione del mondo. Ma al di fuori dell'ambito artistico la responsabilità civile ... ... impone anche all'artista un altro metodo. "In quanto cittadino io devo domandare: cos'è vero? cos'è falso?".
Quanto segue nel discorso pronunciato a Stoccolma indurrebbe a pensare di aver a che fare con l'exploit di un intellettuale di sinistra impegnato politicamente. In realtà il contesto e l'accenno alla finzione artistica impongono una riflessione più sottile, e al contempo più piana.
Harold Pinter non parla di verità metafisiche, o di segreti di Stato. Egli si riferisce a fatti disonorevoli di cronaca internazionale a tutti noti, a menzogne scoperte, palmari, e che tuttavia proseguono nel trascorerre quotidiano della nostra civiltà senza generare alcuna reazione reale. Il teatro, la relatività dei valori, la sospensione di giudizio dello spettacolo si sono trasferiti nel mondo; ed è un drammaturgo, dal palco della premiazione Nobel, a gridarcelo perché reagiamo e ci svegliamo dall'incubo prima che esso prenda del tutto il sopravvento sull'ordine delle cose.
La cosa più terribile descritta da Pinter non coincide con gli orrori di una guerra di aggressione e delle sue 100.000 vittime innocenti, né con la dinamica e la strategia del Potere incarnato in questo momento storico dagli Stati Uniti d'America; la cosa più terribile descritta da Pinter è la perdita della dignità umana, straziata da un lato del pianeta con le bombe a frammentazione, e dall'altro cancellata assieme alla nostra consapevolezza e responsabilità di fronte agli avvenimenti. L'obbligo di essere cittadini, forma perfetta di umanità secondo il padre dell'Occidente Aristotele, dorme e lascia che gli incubi corrano.
E' ovvio, dice Pinter a un certo punto nel suo discorso, che "la maggioranza dei politici, per quanto ci è dato vedere, non è interessata alla verità ma al potere e al mantenimento del potere." Quello che conta, tuttavia, è che "Per mantenere tale potere è fondamentale che le persone restino nell'ignoranza, che esse vivano nell'ignoranza della verità, persino la verità delle loro stesse vite. Quello che ci circonda, di conseguenza, è un vasto arazzo di menzogne, e noi vi pascoliamo sopra."
"Come ogni singolo individuo qui presente sa, la giustificazione per l'invasione dell'Iraq era che Saddam Hussein possedeva una quantità altamente pericolosa di armi di distruzione di massa, alcune delle quali avrebbero potuto essere lanciate in 45 minuti arrecando terribili devastazioni. Ci venne assicurato che era vero. Non era vero. Ci è stato detto che l'Iraq era in rapporti con Al Qaeda e condivideva con essa la responsabilità per l'atrocità dell'11 settembre 2001 a New York. Fummo assicurati che era vero. Non era vero. Ci è stato detto che l'Iraq minacciava la sicurezza del mondo. Ci assicurarono che era vero. Non era vero. La verità è completamente diversa. La verità riguarda il modo in cui gli Stati Uniti intendono il proprio ruolo nel mondo e come scelgono di incarnarlo."
Segue la narrazione della propria esperienza del sostegno USA ai terroristi Contras in Nicaragua, e l'enumerazione dei regimi corrotti e violenti in vari paesi del mondo usati come alleati di una politica imperialista sempre sostenuta da una sistematica e sottile propaganda.
Il discorso torna dunque a Guantanamo, alla tortura, alle bombe a frammentazione, ai 100.000 iracheni uccisi, al popolo umiliato e ridotto in miseria. Seguono espliciti riferimenti alle minacce degli Stati Uniti nei confronti di chi non si allinea al proprio volere, e alla conseguente obbedienza di media e governi occidentali.
"L'invasione dell'Iraq è stato un atto banditesco, un atto di sfacciato terrorismo di stato, che dimostra l'assoluto dispregio del concetto stesso di diritto internazionale. L'invasione è stata un'azione militare arbitraria ispirata da una serie di menzogne su menzogne e di una grossolana manipolazione dei media e quindi del pubblico; un atto inteso a consolidare il controllo militare ed economico del Medio Oriente da parte degli USA, in ultima istanza mascherato come 'liberazione' dopo che erano cadute tutte le altre scuse per giustificarlo. (...) Perciò è giusto che Bush e Blair siano tradotti di fronte alla Corte Internazionale di Giustizia."
Harold Pinter, davanti al re di Svezia, agli ambasciatori, ai dignitari, ai politici, agli studiosi convenuti da tutto il mondo per assistere alla sua premiazione, non sta parlando qui, chiaramente, dei fatti di cui tutti leggiamo sui giornali e che abili commentatori mescolano a ipocrita retorica giustificatrice. Egli sta esponendo lo scandalo che questi fatti e queste menzogne siano palesi e che nessuno reagisca.
Il suo invito a portare Bush e Blair davanti alla Corte di Giustizia per crimini contro l'umanità e violazione dei principi di diritto internazionale raddoppia lo scandalo. Egli con ciò non intende certo 'épater le bourgeois', né tantomeno illudersi che la Corte domani reagisca; ma lanciare l'ultimo allarme; e questo ultimo allarme è che a denunciare sia un drammaturgo, anziché la vacante civiltà mondiale, la vacante coscienza mondiale irretita dalla drammaturgia del Potere e dalle sue vecchie tecniche di violenza e intimidazione.
L'orrore della dignità umana perduta sotto la violenza del potere è evocato nei suoi due aspetti, cioè quello delle vittime fisiche del sopruso, e quello delle vittime di coscienza: il primo con una poesia di Pablo Neruda, la quale chiude con l'invito drammatico ad aprire gli occhi davanti all'evidenza del sangue ruscellante per le strade di Spagna.
Il secondo, riferendosi al controllo totale di terra, mare, aria, spazio e tutte le risorse collegate ("full spectrum dominance"), quale politica dichiarata e ufficiale e ufficialmente indiscussa e dunque tollerata degli Stati Uniti d'America sul mondo. Politica resa possibile da 702 installazioni militari in 132 paesi ("con l'onorevole eccezione della Svezia, naturalmente"), 8000 testate nucleari attive e operative, duemila delle quali pronte a essere lanciate in 15 minuti, e lo sviluppo di nuovi sistemi nucleari che certamente non possono essere diretti contro Osama bin Laden.
E' evidente dal discorso che l'umanità avvilita fisicamente con le armi e quella deturpata moralmente dall'assenza di reazione civile sono destinate a riunirsi, alla fine di questa storia che sta realmente accadendo, in un'unica umanità dolente, dominata esteriormente e interiormente e privata della propria dignità. E' la fine della civiltà e l'inizio del dramma.
"Quando guardiamo in uno specchio crediamo che l'immagine che ci fronteggia sia fedele. Ma basta muoversi di un millimetro perché essa cambi. Noi di fatto stiamo guardando una serie infinita di riflessi. Eppure talvolta lo scrittore deve rompere lo specchio, perché è sull'altra faccia di quello specchio che la verità ci sta fissando.
Io credo che nonostante le enormi divergenze, la determinazione intellettuale intrepida, costante, fiera, come cittadini, di definire la REALE verità delle nostre vite e della nostra società sia un dovere cruciale che incombe su noi tutti. E' di fatto un obbligo. Se tale determinazione non s'incarna nella nostra visione politica, non c'è speranza di recuperare ciò che già siamo così prossimi a perdere: la dignità umana."
Stefano Serafini
La Nobel Lecture di Harold Pinter è integralmente e gratuitamente disponibile, con l'autorizzazione a diffonderla, sul sito
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