di Filippo Gaja
Con cinquant’anni di ininterrotti interventi militari, compiuti per mantenere il controllo della regione da cui sgorga il petrolio, linfa vitale della civiltà dei consumi, l’Occidente, con alla testa gli Stati Uniti, ha creato una condizione di contrapposizione frontale con le popolazioni che la abitano. Dei tredici paesi mediorientali e nordafricani esportatori di petrolio, undici sono islamici o a maggioranza islamica. La politica di potenza fin qui tenuta, tutta basata sulla stabilità dei governi, e che non ha tenuto in conto alcuno le masse islamiche, potrebbe rivelarsi un colossale errore di calcolo.
L’ONU stessa ammette che da 56 anni le popolazioni del Medio Oriente e del Nordafrica vivono “in un clima di amarezza, di frustrazione e di speranze deluse”. Fra il 1936 e il 1939 l’”invasione” sionista provocò la prima “grande rivolta” dei Palestinesi, ... ... sedata nel sangue dagli occupanti inglesi e dalle milizie sioniste.
Dopo la fine della seconda guerra mondiale Libano, Siria, Irak, Egitto, Tunisia, Algeria e Marocco sono stati costretti alla lotta per ottenere l’indipendenza dal colonialismo inglese e francese. Nel 1947-48 gli Stati Uniti hanno appoggiato l’offensiva militare dei coloni sionisti imponendo in Palestina la nascita dello Stato di Israele, appoggiati dall’Europa. Sorto mediante l’espulsione manu militari di 700.000 Palestinesi dalle loro case e dalle loro terre, nato come “guardiano” armato degli interessi occidentali in Medio Oriente, Israele, che ogni arabo e musulmano considera un intruso, si è ingrandito con cinque successive guerre (1948, 1956, 1967, 1973, 1982), annettendosi territori siriani, giordani, egiziani e libanesi, e si è progressivamente rafforzato militarmente fino a divenire nella regione la incontrastata potenza egemone che ha paralizzato l’evoluzione spontanea degli Stati arabi e musulmani in ogni settore, politico, economico e sociale. Ora terrorizza i popoli con la minaccia atomica.
L’Occidente ha frustrato tutte le speranze di una unità araba. Le rivoluzioni laiche o socialiste sono state oggetto di un boicottaggio sistematico, che le ha condotte al crollo o all’impotenza. La serie di colpi che l’Occidente ha inferto al mondo arabo e musulmano è senza fine.
Dopo la sconfitta nella prima guerra arabo-israeliana del 1948, nel 1953 i servizi segreti americani hanno organizzato il colpo di Stato per abbattere in Iran il governo Mossadeq colpevole di avere nazionalizzato il petrolio. Nel 1956 Inghilterra e Francia hanno mandato una flotta da sbarco con centinaia di aerei e 100.000 soldati a occupare il canale di Suez nazionalizzato da Nasser. Nel 1958 gli Stati Uniti hanno sbarcato 14.000 marines intervenendo nella guerra civile libanese per proteggere le forze filo-occidentali. Per ventisette anni consecutivi gli israeliani hanno condotto una sanguinosa repressione con migliaia di morti nei territori occupati, e hanno compiuto una incessante serie di raids, invasioni, bombardamenti nel Libano, culminati nel 1982 con l’assedio di Beyruth durato tre mesi, e i massacri nei campi profughi palestinesi di Sabra e Chatila. Francesi e americani hanno inviato nel 1983 un nuovo corpo di spedizione a Beyruth per impedire l’egemonia araba sul Libano.
Alcuni gesti israeliani hanno assunto la caratteristica di una aperta sfida alla coscienza araba, come il bombardamento israeliano del quartier generale dell’OLP a Tunisi, o la spedizione punitiva in Tunisia di un commando israeliano per assassinare il dirigente palestinese Abu Jijad. Con il bombardamento di Tripoli e Bendasi, i ripetuti interventi aereo-navali e l’embargo degli Stati Uniti contro la Libia, gli americani si sono a loro volta presentati, una volta di più come una potenza brutale animata da una cieca volontà distruttiva.
A corollario di tutto questo, nel 1980 e 1981 aerei israeliani hanno distrutto la centrale atomica irakena “Osirak”. La guerra del Golfo del 1991 contro l’Irak, con la partecipazione di tutte le nazioni occidentali, con l’uso di armi di sterminio che hanno provocato la morte di decine di migliaia di soldati iracheni in ritirata dal Kuwait ha colmato la misura.
Ognuno di questi fatti è stampato a lettere indelebili nella mente di ogni arabo e ogni musulmano. A ciò si aggiunge la costante mancata applicazione delle risoluzioni dell’ONU riguardanti i diritti dei Palestinesi, percepita come una manifestazione di disprezzo verso gli arabi.
Il fallimento dell’esperimento liberista che ha provocato solo l’aggravamento delle differenze sociali e della povertà, completa il quadro. Le masse arabo-musulmane, perfettamente coscienti del valore del petrolio, sono offese dall’odioso destino di vedere altri sfruttare le proprie ricchezze ed essere condannate al sottosviluppo. Fin qui tutto è andato bene, ma questa politica è stata storicamente sbagliata e prima o poi ci vedremo presentare il conto finale.
L’integralismo islamico è una forza difficilmente sopprimibile perché cresce nella misura in cui è repressa, si alimenta nella lotta. E’ sostanzialmente una forza spirituale che si è impadronita delle masse islamiche e che si trasforma in una forza materiale secondo schemi che la storia ha già sperimentato. Per usare le parole di un autorevole commentatore francese, l’integralismo “capitalizza le frustrazioni del mondo arabo e sorge come una forza passionale” e “ canalizza una formidabile collera popolare, un desiderio rivoluzionario di fare “tabula rasa””.
Guardando la cosa con tutto il cinismo possibile, il problema che si presenta ora al comune cittadino occidentale è quello di sapere quali probabilità esistono che la brutalità imperiale possa continuare ad assicurare nel futuro alle nazioni industrializzate il controllo assoluto delle fonti energetiche mediorientali. Un dilemma ogni giorno più drammatico: il Medio Oriente è la chiave della prosperità o della crisi della cosiddetta “civiltà occidentale”. E’ nel Medio Oriente, e più in particolarmente nel Medio Oriente arabo, che è concentrata la maggior parte delle riserve petrolifere mondiali.
Fra trent’anni la maggioranza degli altri paesi del mondo che producono petrolio avrà esaurito i propri giacimenti e il Medio Oriente rimarrà la sola fonte.
I termini dei rapporti di forze sono racchiusi in poche cifre. Israele, sentinella avanzata dell’Occidente e primo guardiano del petrolio in Medio Oriente, ha una popolazione di 5 milioni di abitanti. Il mondo arabo musulmano mediorientale ne conta più di 300, e i musulmani nel mondo sono ben oltre un miliardo. Basteranno le armi di distruzione di massa e le atomiche israeliane a mantenere la regione petrolifera nella soggezione? Qui risiede il dubbio. L’Occidente non ha fanteria e non è attrezzato, né moralmente, né psicologicamente, né materialmente, per resistere a un logoramento infinito.
Filippo Gaja (delvayo)
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