di Marco Cedolin
Sarà un caso ma nell’unico Paese in cui i cittadini sono stati chiamati a pronunciarsi riguardo al Trattato di Lisbona, hanno prevalso i NO, sancendo di fatto una sonora bocciatura per l’Europa dei banchieri e dei burocrati che per la seconda volta, come accaduto nel 2005 dopo il voto negativo di francesi ed olandesi riguardo alla Costituzione, si trova costretta a tornare sui suoi passi, mancando l’unanimità necessaria per approvare il documento.
Gli esiti del referendum in Irlanda, che dimostrano in maniera inequivocabile quale abisso siderale separi ormai l’Europa dei popoli dall’Europa in doppiopetto seduta sugli scranni di Bruxelles, preoccupano profondamente larga parte della classe politica che tentava con l’inganno di calare sulla testa dei cittadini un trattato assai discutibile e dai molti punti oscuri.
Una preoccupazione così evidente da indurre molti personaggi ad esternazioni assai poco ponderate, come nel caso del Presidente Giorgio Napolitano ... ... che contrariato per il nuovo stop è arrivato ad affermare: ”È l'ora di una scelta coraggiosa da parte di quanti vogliono dare coerente sviluppo alla costruzione europea, lasciandone fuori chi - nonostante impegni solennemente sottoscritti - minaccia di bloccarli”, dimostrando in modo inequivocabile quanto spirito democratico alligni nell’anima del nostro Presidente che già in passato si era distinto per avere dichiarato che “la piazza non è il sale della democrazia”.
A preoccupare invece fortemente chiunque abbia a cuore i valori della democrazia è la mistificazione messa in atto dai grandi gruppi di potere economico e politico, volta a far si che tutti gli altri 26 Paesi europei, fra i quali l’Italia, a differenza dell’Irlanda, avessero approvato o fossero sul punto di approvare il trattato di Lisbona senza prima avere avviato alcuna consultazione dei propri cittadini, nell’evidente intento di evitare ogni ostacolo che potesse mettere a repentaglio l’incedere del loro progetto. Un progetto volto ad incrementare la competizione e la precarietà a detrimento dei diritti sociali, ispirato al liberismo più sfrenato e finalizzato a costruire un’Europa sempre più lontana dai suoi cittadini e sempre più vicina agli interessi delle corporation e dell’alleato americano che detta le regole e pretende rinnovato impegno in campo militare.
Difficile immaginare che la cocente sconfitta determinata dai risultati del referendum irlandese possa indurre l’oligarchia che governa l’Europa a desistere dall’applicazione di un modello funzionale ai suoi interessi, poiché tale modello sarà riproposto ed imposto comunque con ogni mezzo.
Il voto dell’Irlanda resta però di estrema importanza perché rimarca l’esistenza di un’Europa dei popoli che ha ben altri programmi, con la quale banchieri, politicanti e faccendieri saranno comunque prima o poi costretti a confrontarsi.
Marco Cedolin