Quella che vedete nell’immagine non è la rampa di lancio di un missile con testate atomiche, ma la struttura esterna di un pozzo di trivellazione di gas naturale nell’Isola di Sakhalin, nell’estrema Russia orientale. Quello che 50 anni fa era la potenza atomica, oggi lo sta diventando il possesso e il controllo delle risorse energetiche.
Una volta individuati tutti i maggiori giacimenti di petrolio, che rendono i paesi del Golfo Persico e il Venezuela le regine indiscusse del mercato, si sta delineando una nuova mappa degli equilibri mondiali, determinata dalle nuove sorgenti di gas naturale e dai percorsi dei gasdotti che collegano queste sorgenti ai porti di destinazione.
E di ieri la notizia del ricatto, sfacciato e plateale, della Bielorussia da parte della Russia, che ha obbligato la sua ex-provincia a pagare per intero i conti arretrati del gas - 460 milioni di dollari in contanti - a rischio di vedersi chiudere i rubinetti con l’inverno in arrivo.
Insieme alla Bielorussia, anche Georgia e Ucraina accusano i russi di praticare prezzi da strozzinaggio, ma Mosca risponde che quelli sono i prezzi di mercato, e che è semplicemente finita la manna del sussidio centralizzato dei tempi dell’Unione Sovietica. Come dire, “avete voluto giocare a fare gli occidentali? Ora pagatene le conseguenze, e adeguatevi alle dure leggi di mercato”.
Ma il vero perno dei nuovi equilibri mondiali si è spostato da qualche tempo in Estremo Oriente. Con Giappone e Corea che consumano quasi il 50% del gas naturale nel mondo, e con la Cina che li segue da vicino, la battaglia per portare il gas a quei paesi è ormai a tutto campo, ... ... e a farla da padroni sono sempre i russi: sono loro infatti che controllano il mega-progetto Sakhalin-1 e Sakhalin-2, destinato a produrre nei prossimi anni qualche miliardo di metri cubici di gas.
L’isola russa di Sakhalin, situata a nord del Giappone, sta subendo una trasformazione radicale nelle infrastrutture, mentre nuove tecnologie ERD (“multi-condotto”) scavano il sottosuolo a poche miglia dalla costa.
L’operazione è un progetto congiunto Gazprom e Mobil-Exxon (russi e americani), con partecipazione degli indiani e dei giapponesi, ma sono naturalmente i russi ad avere il coltello dalla parte del manico. E proprio di recente questi ultimi hanno annunciato che “purtroppo non potremo vendere il gas di Sakhalin alla Cina, come previsto negli accordi con la Exxon, perchè rischiamo di lasciare a corto di combustibile le nostre lontane province orientali.”
La Siberia, che una volta era considerata il castigo dei dannati, diventa improvvisamente una regione da coccolare e da tenere al caldo tutto l’anno.
Gli americani per ora abbozzano, visto che nel frattempo stanno portando avanti il famoso gasdotto dal Caspio all’Oceano Indiano, via Afghanistan, che gli permetterà di imbarcare il gas dalle coste pakistane per venderlo sui mercati orientali.
Chi resta a secco è quindi la Cina, che inizialmente doveva essere attraversata dal gasdotto originante nel Caspio, ma che è stata aggirata via Afghanistan-Pakistan grazie al provvidenziale “cambio di regime” di Kabul, dovuto all’altrettanto provvidenziale follia di Osama bin Laden.
Come vediamo, si torna sempre al punto di partenza: l’undici settembre, e le conseguenze di portata incommensurabile che sta avendo sulle sorti del mondo la colossale bugia che ci viene raccontata da quel giorno.
Massimo Mazzucco
In alto a destra, l’isola di Sakhalin. In rosso, il gasdotto attraverso la Cina che non è mai stato costruito, grazie al nuovo percorso via Afghanistan (in verde) che permette ora di aggirarla. (Dal film "La Verità di Cristallo", in preparazione).
Il sito del
progetto Sakhalin
Articolo
BBC: Gazprom hope for Belarus gas deal.
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