LA STIRPE DEI RE
di Marco Pizzuti
Introduzione
L’origine della casta sacerdotale egizia e dei suoi faraoni rimane un enigma storico intricato da sciogliere poiché la sua formazione risale a tempi così remoti da non averci lasciato sufficiente memoria archeologica. I documenti di cui disponiamo infatti, sono solo quelli emersi dalla tradizione egizia, la quale rimanda l’instaurazione dell’elite dominante più antica d’Egitto ai c.d. "seguaci di Horus". Questi ultimi però, stando alla scuola di pensiero ortodossa, non sarebbero mai realmente esistiti, in quanto parte integrante della mitologia egizia. Questo non esclude però che si sia effettivamente trattato degli ultimi superstiti di un evoluto gruppo etnico proveniente dall’esterno, che avrebbe svolto il ruolo di civilizzatore degli altri popoli dopo l’ultima glaciazione.
Di certezze, quindi, ce ne sono poche, e la stessa genesi della prima aristocrazia egizia è rimasta da tempo confinata nell’enorme calderone delle congetture accademiche. Tuttavia, qualche punto fermo c’è, ed è possibile partire da questi per trarre qualche interessante conclusione.
Le migrazioni dei popoli nel processo di deglaciazione
In tempi assai remoti la sopravvivenza della civiltà umana è stata messa a dura prova dagli assestamenti climatici che seguirono l’era glaciale. La nostra specie quindi precipitò più volte nel caos, proprio come descritto dalle tradizioni che riportano la storia del c.d. diluvio universale. Pertanto è assai probabile che nel processo di "ricostruzione", l’etnia più avanzata abbia svolto un ruolo civilizzatore ... ... sul resto dei popoli del globo. Ciò spiegherebbe in qualche modo la comune radice delle credenze più antiche. E' quindi necessario ripercorrere gli eventi catastrofici legati all’ultima glaciazione, per arrivare a comprendere se la tradizione egizia possa avere o meno un fondo di verità storica. Circa 20.000 anni or sono cominciò il processo di deglaciazione che avrebbe riversato enormi masse d’acqua su tutti i continenti, provocando l’innalzamento degli oceani di ben 130 metri. Si trattò di uno scioglimento dei ghiacci violento che si manifestò in diverse epoche con brusche inondazioni improvvise. I glaciologi hanno recentemente supposto che l’origine di molte catastrofi ambientali tramandateci dalle antiche tradizioni (avvenute in periodi e località diverse) sia da attribuire al cedimento delle c.d. "dighe di ghiaccio" naturali (Graham Hancok "Civiltà sommerse") che si formarono durante il processo di scongelamento dei ghiacciai. Queste ultime costituirono una sorta di enormi muraglie di contenimento per gli immensi bacini d’acqua che si andavano accumulando al loro interno. In seguito però le "dighe" di ghiaccio cominciarono a cedere sotto la pressione crescente dell’acqua, a cui si contrapponevano pareti di ghiaccio sempre più sottili. Alla fine quindi, tutta l’acqua dei ghiacciai si riversò bruscamente sui continenti, provocando diverse, poderose inondazioni. La più violenta di tutte si sarebbe verificata intorno al 12.000 a. C.. (ibidem) con una estensione di livello globale. A causa dei continui mutamenti climatici e ambientali che seguirono la fine dell’ultima glaciazione, le popolazioni che si erano insediate in Mesopotamia e nel Mar Rosso (quando il Golfo Persico era ancora una terra emersa), furono costrette a traslocare altrove. E poiché la religione egizia presenta vistosi tratti in comune con quella mesopotamica, è molto probabile che la sua casta sacerdotale derivi la propria origine razziale dalle migrazione delle genti di tale regione. Gli egizi e i sumeri della Mesopotamia, seppur con appellativi diversi, adoravano infatti le stesse divinità lunari ("Impronte degli Dei", G. Hancock, ediz. Corbaccio, p.176), ovvero proprio quelle che risultano essere le più antiche. Il Dio egizio Thot ad esempio, trova il suo esatto corrispettivo nel Dio sumerico Sin (Archaic Egipt, cit., p.38). Ecco cosa scrisse a tal proposito l’eminente egittologo Sir Wallis Budge: "La somiglianza tra i due Dei è troppo forte per essere accidentale…sarebbe sbagliato ritenere che gli egizi lo mutuarono dai sumeri o i sumeri dagli egizi, ma si potrebbe avanzare l’ipotesi che le classi colte di entrambi i popoli acquisirono i sistemi teologici da una fonte comune, ma estremamente antica". E ciò spiegherebbe anche il fatto che l’aristocrazia egizia fosse etnicamente diversa dal resto della popolazione su cui governava. Il suo sangue infatti apparteneva al gruppo A (associato normalmente alle c.d. razze ariano-caucasiche) a dispetto di una popolazione locale caratterizzata pressoché integralmente dal gruppo "0" (Murry Hope, "Il Segreto di Sirio", ediz. Corbaccio, 1997). Tale insolita differenza nel gruppo sanguigno lascia quindi ragionevolmente supporre che i faraoni discendessero da una razza dominante che regnò anticamente anche sull’area mesopotamica, dove diede origine ad una delle più grandi civiltà della storia antica. Peraltro, lo stesso tipo di scoperta è stata effettuata anche sulle mummie incas, confermando così l’ipotesi che fa risalire l’opera civilizzatrice post-glaciale ad una specifica etnia. La razza dominante Nel sito archeologico maltese di Hal Saflieni sono stati ritrovati dei crani dalle caratteristiche molto interessanti, appartenuti ad un ceppo razziale diverso da quelli finora studiati. Alcuni dei reperti presentano infatti caratteristiche dolicocefale naturali (caratterizzati da uno sproporzionato allungamento della parte posteriore), e il loro ritrovamento in uno dei più antichi luoghi di culto megalitici lascia presupporre che siano appartenuti alla stirpe sacerdotale identificata dai popoli egizi e mesopotamici con l’appellativo di sacerdoti-serpente (visto l’anomalo aspetto che li caratterizzava). Questi ultimi avrebbero vissuto come una casta chiusa per diversi millenni, finendo poi per mescolarsi all’aristocrazia degli altri gruppi etnici locali. Gli strani crani dolicocefali scoperti a Hal Saflieni sono stati trovati dagli archeologi all’interno di un tempio sotterraneo dedicato al culto della dea madre (culto poi mutuato dagli egizi con la figura della Dea Iside), e sembrano corrispondere perfettamente a quelli riportati alla luce in Egitto dall’egittologo W. Emery. Potrebbe quindi trattarsi di reperti utili a comprendere il collegamento etnico e culturale esistito in origine tra la casta sacerdotale egizia e quella mesopotamica. L’esistenza dei crani dolicocefali maltesi venne accertata solo nel 1985, ed in seguito vennero esposti per qualche tempo nel Museo Archeologico della Valletta. Ultimamente però sono stati rimossi e chiusi in un deposito del museo non accessibile al pubblico (v. Adriano Forgiane e Vittorio di Cesare, Hera edizioni). Di essi rimangono comunque le fotografie scattate dal dott. Anton Mifsud e dal suo collega, il dott. Charles Savona Ventura (fig.1), nonchè i saggi di approfondimento da loro scritti dopo avere esaminato e catalogato una intera collezione di teschi dalle caratteristiche molto particolari. Le anomalie più interessanti di questi reperti riguardano l’assenza delle normali linee di saldatura cranica, poiché tale peculiarità anatomica sembra essere all’origine sia dell’allargamento delle pareti temporali (eccezionalmente brachicefali) che dell’allungamento della scatola cranica nella parte posteriore (eccezionalmente dolicocefali). Al termine di una conferenza stampa tenuta nel 2006 dal dottor Robert Zammit (HERA n.18, 2006, pag. 14 -I crani di Malta), in veste di responsabile dell'Ente Provinciale Turismo di Malta, una delegazione della rivista HERA (specializzata in archeologia proibita) ottenne il permesso di accedere al vicino museo archeologico della Valletta per esaminare gli straordinari reperti. Alla presenza dello studioso Mark Anthony Mifsud, gli inviati di Hera poterono confermare che tra i crani trovati nell'ipogeo di Hal Saflieni ve ne era uno particolarmente raro. Presentava infatti una dolicocefalia atipica e molto pronunciata, ovvero uno sproporzionato allungamento della parte posteriore della calotta cranica nella più completa assenza della sutura mediana tecnicamente detta linea "sagittale". Un particolare anatomico considerato quasi impossibile dalla letteratura medica internazionale, in quanto non esistono reperti analoghi, fatto salvo per quelli trovati in Egitto (W. Emery, "Arcaic Egipt") e in Sudamerica. Come già accennato la mancanza della sutura cranica sagittale potrebbe essere quindi all’origine della conformazione dolicocefala tipica della stirpe umana che anticamente si impose come casta dominante. Una simile malformazione genetica è infatti in grado di provocare un allungamento naturale del cranio nella zona occipitale, conferendole così una evidente forma dolicocefala. Tale tipo di patologia può essere fatta risalire al culto esasperato della purezza del sangue in uso presso alcuni antichi lignaggi regnanti e al concepimento tra consanguinei. Del resto, gli studi genetici hanno dimostrato oltre ogni ragionevole dubbio che la procreazione tra membri dello stesso clan familiare è la causa primaria delle malformazioni genetiche naturali. I sacerdoti serpente della Dea madre Il simbolo del serpente, inoltre, compare sin dalla notte dei tempi associato alla conoscenza (basti pensare al simbolo del caduceo che compare ancora oggi sulle moderne ambulanze) e alle caste sacerdotali. Il motivo di una simile associazione resta però un mistero, al quale si può forse tentare di fornire una spiegazione proprio grazie al sorprendente ritrovamento dei crani dolicocefali naturali. Tali anomali reperti infatti, sembrano voler testimoniare la presenza di malformazioni genetiche nel clan dei re sacerdoti idonee ad avergli fatto attribuire l’appellativo di "sacerdoti serpente". Come è facile intuire, infatti, un cranio dolicocefalo molto sviluppato è una patologia a cui doveva corrispondere lo stiramento dei lineamenti e dei muscoli facciali, determinando sembianze serpentine (occhi, labbra e orecchie allungate). Peraltro, l’ipotesi che i soggetti dal cranio dolicocefalo naturale costituissero l’elite della popolazione in epoca megalitica può dirsi confermata dai reperti archeologici. L’uso del bendaggio cranico rituale in età infantile infatti, venne utilizzato in epoca remota sia dagli incas che dagli egizi come tecnica per ottenere crani dolicocefali simili a quelli (molto più rari) di origine naturale che oggi sappiamo essere esistiti veramente. L’arcaica tecnica della manipolazione del corpo deve quindi essere stata concepita come strumento per somigliare fisicamente ai membri della casta dominante. E’ quindi legittimo supporre che a causa del loro isolamento genetico dal resto della popolazione, i c.d. sacerdoti "serpente" abbiano finito per costituire una vera e propria razza a parte. Tale ipotesi trova conferma nell'indagine effettuata dagli archeologi maltesi a cui fu consentito di esaminare i reperti in questione. Anthony Buonanno e Mark Anthony Mifsud, pur sottolineando il fatto di non aver avuto modo di effettuare esami del DNA o del C-14, hanno comunque ritenuto di poter concludere che i crani naturalmente dolicocefali dovessero appartenere ad una razza diversa, non autoctona del luogo. Una stirpe di cui abbiamo perso le tracce probabilmente a causa di una loro successiva ed inevitabile assimilazione con il resto dell’aristocrazia indigena. La fusione della stirpe dei sacerdoti "serpente" con altre razze Il professor Walter. B. Emery (1903-1971), un illustre egittologo che condusse numerose operazioni di scavo in Egitto (in particolare a Saqqara), negli anni '30 scrisse un volume molto interessante. In "Archaic Egypt" documentava il ritrovamento a Saqqara di reperti umani dal cranio dolicocefalo risalenti all’epoca pre-dinastica. E proprio come sostenuto dai ricercatori maltesi egli concluse che non poteva trattarsi di una stirpe autoctona, in quanto non solo il loro cranio era più grande rispetto a quello dell'etnia locale, ma i soggetti presentavano anche molti caratteri genetici atipici per il clima del luogo, come capelli chiari, corporatura molto più robusta della media, e una statura superiore. Emery dichiarò quindi oltre ogni ragionevole dubbio che tale ceppo razziale non potesse essere originario dell'Egitto (come sappiamo non esserlo di Malta), ma che ciononostante avesse svolto in loco un ruolo sacerdotale e governativo di prim’ordine. Aggiunse poi che tale gruppo etnico si tenne a distanza dai ceti sociali più bassi, accettando di unirsi carnalmente solo con la classe aristocratica del posto. Tale gruppo etnico venne in seguito identificato dall’eminente egittologo con la casta dominante che la tradizione egizia chiamò con l’appellativo di Shemsu Hor, ovvero i "Seguaci di Horus" (da cui deriva l’antico culto del sole e della dea madre), oggi ritenuti invece personaggi puramente mitologici. Gli Shemsu Hor sono menzionati dalla tradizione come classe sacerdotale dominante nell’Egitto predinastico (fino al 3000 a.C. circa), e la loro esistenza è documentata sia nel papiro di Torino quanto nelle liste dei re di Abydos. È inoltre interessante notare che lo stesso W. Emery scrisse: "verso la fine del IV millennio a.C. il popolo noto come "Seguaci di Horus" ci appare come un'aristocrazia altamente dominante che governava l'intero Egitto" (Archaic Egipt). La teoria dell'esistenza di questa razza è anche confortata dalla scoperta (a nord dell'Alto Egitto) di antiche tombe risalenti al periodo pre-dinastico, con all’interno gli anomali reperti umani anzidetti. Mummie che testimoniano oltre ogni ragionevole dubbio l’esistenza nel periodo predinastico di individui con differenze anatomiche talmente marcate da non poter essere associati allo stesso ceppo razziale del popolo egizio autoctono. La fusione tra le due razze avvenne probabilmente solo durante l'unificazione dei due regni d'Egitto. In conclusione quindi, gli strani crani dolicocefali egiziani trovano corrispondenza negli straordinari crani dolicocefali trovati a Malta. Tale ceppo razziale sacerdotale dal cranio lungo sembra poi essere scomparso per assimilazione sia a Malta che in Egitto nello stesso identico periodo, ovvero tra il 3000 e il 2500 a.C.. Esistono inoltre indizi sull’esistenza della stirpe dei sacerdoti "serpente" anche in medio-oriente, e più precisamente all’interno del ceppo ariano dei Mitanni. Questi ultimi venivano indicati dagli egizi con il nome di "Naharin", un termine che significa "quelli del serpente" (da Nahash, serpente). Peraltro le caratteristiche anatomiche della loro casta regnate presentavano importanti analogie con quelle descritte da W. Emery (capelli chiari, alta statura e corporatura robusta) nei reperti umani trovati in Egitto, da lui associati alla figura mitica dei c.d. "seguaci di Horus". La tradizione dei "sacerdoti serpente" (HERA 13 e 14) trae storicamente origine in Medioriente, con il suo centro principale di sviluppo nel Kurdistan. Intorno al 5000 a.C. la cultura matriarcale mitannica di Jarmo rappresentava le dee madri come divinità dal volto con i tratti serpentiformi e dal cranio allungato, ovvero con le stesse fattezze della stirpe dei sacerdoti serpente "maltesi" ed egizi. Questi ultimi in seguito vennero associati agli "angeli caduti" o Nephilim, la cui citazione più esplicita è rintracciabile nel "Testamento di Amran" dei rotoli di Qumran (HERA n° 6, pag.52). I membri di questa particolare casta sacerdotale dovevano apparire al resto delle popolazioni medio-orientali come semi-dei civilizzatori, in perfetta corrispondenza di quanto stava avvenendo nel frattempo in Egitto per i c.d. seguaci di Horus. Sono infatti state rinvenute statuine di dee madri dal volto di vipera anche nella terra del Nilo.
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