[pubblicato Ottobre 2005]
Questo articolo vuole essere un elogio della lentezza. Lentezza intesa non come movimento in sè, ma come l'opposto di quel diffuso valore di efficienza, di dinamicità, di "produttività", su cui poggia la nostra società moderna. Ma non sto per questo suggerendo di produrre di meno. Anzi.
Il criterio fondamentale per distinguere il positivo dal negativo, nel mondo del lavoro, è ovviamente il denaro. Se tu inventi una scorciatoia per arrivare prima dal punto A al punto B, senza per questo penalizzare il tuo prodotto, "sei bravo", vali di più, perchè accorciare i tempi di produzione significa ridurre i costi, e quindi aumentare il profitto.
E così dalla nostra vita - poichè il nostro lavoro "è" la nostra vita - scompaiono, giorno dopo giorno, tutte le pause, tutti gli iati, tutti i ritagli inutili ... ... di un ciclo perennemente spinto verso la perfezione dinamica, ovvero l'ottimizzazione esasperata del rapporto costo-guadagno.
Ma a favore di chi? E soprattutto, al prezzo di cosa?
Il signor Rossi, che fa il panettiere, sta preparando venti panini per un gruppo di tecnici che dovranno passare la giornata in campagna, a fare dei rilievi. Arrivato al diciottesimo panino, però, si accorge di non avere abbastanza prosciutto per tutti, e così preleva un paio di fette da un panino già fatto, un paio da un altro, e in qualche modo arriva a venti. Tòh, pensa soddisfatto, non solo l'ho risolta, ma ci ho pure guadagnato qualcosa in più: con il prosciutto per diciotto panini, me ne faccio pagare venti.
A mezzogiorno i tecnici in trasferta cominciamo ad aver fame, e decidono di andare in pausa. Si dividono i loro panini, e iniziano a masticare di gusto. Quasi tutti, almeno. Ce n'è uno in particolare, a cui è capitato un panino praticamente vuoto, che mastica meccanicamente, con lo sguardo perso nel nulla. Non se ne accorge nemmeno, in realtà: la fame è tanta, e anche se il pasto non è dei più invitanti, manda giù senza farci caso.
La giornata prosegue come tante altre, ed entro sera i rilievi sono completati. Ma il giorno dopo, quando il lavoro viene presentato in direzione, ci si accorge che qualcosa non quadra. Si rifanno i calcoli da cima a fondo, e alla fine si scopre che uno di loro aveva fatto un grossolano errore, che ha compromesso il lavoro di tutti. Era naturalmente il tecnico con poco prosciutto, il quale, rimasto con lo stomaco pesante, non aveva dedicato la necessaria attenzione al suo lavoro.
Da qui in poi la storia prosegue da sola. Il costo aggiuntivo per i rilievi da rifare viene in qualche modo ricaricato sul cliente, il quale però, non potendo alzare i prezzi a causa della concorrenza, è costretto a diminuire la qualità del suo prodotto. Se faceva i biscotti al cioccolato, ci metterà un pò meno di cioccolato, e un pò più di segatura.
E così il nostro panettiere, qualche tempo dopo, si ritrova a fare una certa fatica ad inghiottire la sua colazione di biscotti al cioccolato, e quando tira su la serranda il suo umore non è dei migliori.
Intendiamoci, è una sfumatura minima, una differenza impercettibile, della quale non si rende conto nemmeno lui. Esattamente come quella fettina in meno di prosciutto, che mancava dal panino sfortunato. Ma il suo malumore rimane, e lo porta in seguito a litigare con la moglie, che è arrivata tardi in negozio. E così un paio di clienti, che stavano per entrare in panetteria, decidono di fare retromarcia, per non imbarazzare i due negozianti.
Alla fine della giornata il panettiere ha perso esattamente quello che aveva guadagnato un mese prima, vendendo diciotto panini al prezzo di venti.
E' una favoletta da tre lire, ovviamente, ma è anche quanto succede a noi tutti i giorni. Ognuno di noi cerca di fregare l'altro - perchè ottimizzare, diciamocelo chiaramente, significa fregare un tuo simile - senza renderci conto che nel momento in cui guadagni una lira in più, la stai togliendo a qualcun altro. E siccome le lire complessive sono quelle che sono (in questa storiella il signoraggio non compare), accade che lo sforzo costante di ciascuno per "ottimizzare" la sua produzione non fa altro che abbassare il livello generale dello scambio, senza che nessuno diventi in realtà piu ricco.
La ricchezza relativa che hai ottenuto fregando l'altro finisce nel momento in cui il prodotto che ti ritorna è di qualità inferiore al suo potenziale.
In altre parole, una comunità è in grado di produrre una precisa quantità di beni X ad un livello di qualità Y, indipendentemente dal flusso di circolazione monetaria fra di loro. La vera ottimizzazione da ricercare, quindi, è quella fra "produttività" e benessere interiore.
Se il nostro tecnico avessa mangiato con gusto un panino di quelli che grondano prosciutto da tutte le parti, sarebbe stato di ottimo umore, non avrebbe fatto errori, il gruppo non avrebbe avuto bisogno di tornare una seconda volta, e la società avrebbe risparmiato invece di incorrere in spese supplementari. Tale risparmio avrebbe permesso bla bla bla… fino al nostro panettiere che si mangia per colazione dei gustosi biscottoni al puro cioccolato, e scende in panetteria talmente allegro da riuscire a vendere il doppio di quanto vende normalmente.
L'ho già detto, è una favoletta semplice semplice, intesa solamente a chiarire un concetto, e non certo a dare la soluzione ad un problema così complesso. L'equilibrio di cui parlo è sicuramente difficile da trovare, e le variabili in gioco debbono essere mille di più di quelle prese in considerazione, ma di certo una cosa, a questo punto, la possiamo dire: tirando al limite la corda della "produttività", si finisce per vivere tutti da cani.
Massimo Mazzucco
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