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Ringraziamo di cuore, ma dopo aver visto la puntata di ieri dedicata ai fatti dell'11 Settembre, rimandiamo al mittente il nome stesso della serie televisiva di cui Giovanni Minoli è responsabile. Almeno in questo caso, "noi" con questo tipo di storia non c'entriamo.
Notiamo prima di tutto con dispiacere come gli autori del programma abbiano scelto di appoggiarsi ad un prodotto di semi-fiction, per trattare argomenti che invece richiedono il più rigoroso atteggiamento critico. Per la precisione, si trattava di un docu-drama, cioè della ricostruzione, impersonata da attori, di una serie di fatti avvenuti davvero. E qui sta proprio l'inganno mediatico, altamente sofisticato, nel quale vogliamo sperare Minoli sia caduto da vittima innocente, e non da giornalista consapevole: il docu-drama infatti, per sua natura, ... ...ha come scopo di far rivivere allo spettatore i momenti, altamente emotivi, di un noto fatto pubblico. Ha una caratteristica, in un certo senso, che confina con il voyeurismo, ma nel momento stesso in cui si assiste a questo tipo di spettacolo, si dà anche per scontato, sempre per convenzione, che i fatti stessi siano veri.
Se ad esempio si guarda la ricostruzione di un omicidio famoso, i riflettori (del subconscio) sono puntati tutti sull'emozione nel rivedere la vittima che compie, ignara, gli ultimi passi prima di morire, oppure sui preparativi fatti dall'assassino per riuscire a compiere il delitto perfetto. Ma non ci si domanda più, a quel punto, se le cose siano andate davvero così. La conferma è implicita, e la trappola scatta ancora prima del primo fotogramma.
La malizia di questa scelta (regia di David Hickman, per la serie televisiva "The Zero Hour") sta proprio qui, nella precisa scelta del contenitore mediatico, attraverso il quale veicolare il messaggio nascosto. Che non è, naturalmente, "come " è accaduto il fatto, ma che il fatto stesso sia avvenuto. Una bugia ripetuta all'infinito, disse qualcuno, prima o poi diventa una verità.
A conferma che non si tratti di un semplice B-movie da tre del mattino, ma di una sofisticata operazione di lavaggio del cervello, sta un'attenta lettura di certi particolari della sceneggiatura, che rivelano la cosiddetta "scrittura a posteriori". Chi è del mestiere sa benissimo che "se vuoi che il pubblico creda che il protagonista muore di polmonite, bisogna cominciare a farlo tossire fin dalle prime scene".
Da quando in qua avete mai visto, in TV, delle immagini che ritraggono il ritrovamento effettivo di un importante elemento probante? Per l'omicidio di O.J. Simpson, abbiamo mai visto, in TV, il momento effettivo in cui il detective ritrova il guanto insanguinato, nella siepe della casa della moglie? No, si sa che lo ha trovato,e basta. Oppure nel caso del Mostro di Firenze, abbiamo mai visto le immagini del ritrovamento effettivo di un'arma del delitto, magari fra le foglie della brughiera? Mentre nel filmato di Hickman "si vede" la valigia di Attà, e "si vedono" le mani del poliziotto, inquadrate con grande attenzione, che estraggono dalla valigia il famoso foglio delle istruzioni per i morituri.
Classica "excusatio non petita", nel suo equivalente narrativo, intesa a giustificare una bugia che si conosce tale. (L'unico altro caso che viene alla mente, curiosamente, è il ritrovamento del Mannlicher-Carcano di Oswald, filmato con perizia e tempismo assoluti in tempo reale.)
Altro esempio di pezza retroattiva è il passaggio in cui il dirigente della American Airlines, Michael Woodward, ci racconta come la hostess Amy Sweeney gli abbia detto, al telefono, che "tutti in classe turistica sono tranquilli, sembra che non si siano nemmeno accorti che siamo stati dirottati". Ovvia la necessità, in questo caso, di mettere una pezza anticipata al probabile dubbio che altrimenti sorgerebbe anche nel più ottuso degli spettatori: "Ma come, dagli altri aerei hanno telefonato a mezzo mondo, e da questo aereo nessuno ha chiamato casa?" (Non vi sono infatti notizie di "telefonate coi cellulari" dal volo AA11. Forse perchè questo è l'unico volo che aveva davvero dei passeggeri a bordo?)
La più lampante di tutte - al limite del ridicolo, bisogna dire - è la notizia/tappabuchi dataci dal colonello Robert Marr, il capo del settore Nord-Est del NORAD (difesa aerea): "siccome nessuno si è mai aspettato un attacco dall'interno, a difendere tutto il nord-est americano ci sono normalmente solo 4 caccia", mentre "ce ne sono solo 14 in 7 basi in tutta l'America." Si spera almeno che ne abbiano messi due per ciascuna.
Noi che non sappiamo niente di cose militari, su una normale cartina pubblicata dal Washington Post abbiamo contato 6 basi aeree nella sola zona fra Washington e Cleveland, in Ohio. Sono circa trecento miglia di distanza. Chissà la settima dove l'avranno nascosta.
Inutile infierire sulla tempistica ufficiale dei mancati interventi dei caccia e delle comunicazioni fallite fra FAA e NORAD: le dozzine di minuti di inconcepibili silenzi si possono spiegare in un modo soltanto, ed infatti, per evitare di farlo, si è ricorsi a queste giustificazioni retroattive, infilate a chiara forza nella sceneggiatura.
Un altro dettaglio curioso che torna alla mente, è il fatto che il transponder venga spento ruotando una semplice manopola, a portata di mano, come se fosse una banale autoradio. Pare invece che si tratti di un'operazione leggermente più complessa.
C'è poi il fatto che Ogonowsky, il capitano, venga "probabilmente sgozzato all'irrompere dei dirottatori in cabina", mentre la versione ufficiale ci racconta come egli abbia contuato a premere, ad intervalli regolari, il pulsante talk-back della radio. (Come fare, altrimenti, a sapere che il diabolico Attà ha detto ai passeggeri "abbiamo alcuni aerei*, state buoni che vi riportiamo a casa"? Geniale idea: Ogonowsky, per quanto sgozzato un quarto d'ora prima, riesce ancora a premere il talk-back di nascosto da Attà, e proprio mentre questo annuncia ai passeggeri il dirottamento. Notare invece che lo stesso capitano, come tutti gli altri sette piloti/copiloti degli aerei dirottati, al momento dell'irruzione non è riuscito a premere il bottone di allarme, che avvisa i controllori a terra che c'è in corso un dirottamento. Ovvero: il bottone del transponder, che non si spegne praticamente mai, è li in mezzo alle balle, sul pannello centrale, quello che avvisa dei dirottamenti invece è probabilmente nell'armadietto alle spalle del capitano, sotto il suo cappotto. (Mi scusi, signor dirottatore, mi cola il naso e vorrei soffiarmelo. Posso prendere il fazzoletto nella tasca del cappotto?)
* Il buon Attà sarebbe così furbo da allertare il mondo intero che intendono dirottare altri aerei ("we have some planes", dalla registrazione ufficiale), quando alle 8.31 il suo è l'unico aereo che risulta fuori rotta. Furbi, 'sti musulmani, proprio furbi.
Epica poi l'immagine dei quattro kamikaze, che guardano preoccupati davanti a loro in cabina di pilotaggio (è noto come una volta dirottato un aereo, non ci sia più assolutamente nulla da fare a bordo, fino ad impatto avvenuto), mentre Attà guida l'aereo come se fosse un go-kart monomarcia (ve lo immaginate, se davvero un pilota dovesse piegare la testa, e curvare il torso e le spalle, ogni volta che compie una virata? Ci manca solo la hostess alle spalle che gli fa vroooom vroooom ogni volta, e la prenotazione per la neuro è garantita). Splendida poi la facilità con cui il "ringleader" ritrova le Torri Gemelle fra le nuvole, come se stesse seguendo delle precise indicazioni stradali.
(Notare infatti l'ennesima pezza retroattiva, al proposito: "é una giornata limpidissima - ci dice lo speaker - e le Torri oggi si vedono anche da lontano". Ah, ecco, mi pareva.) Peccato che poi la hostess rovini tutto, dicendo al telefono "vedo dell'acqua, tanta acqua. E vedo i palazzi, molti palazzi. Siamo bassi, troppo bassi".
Ma quanto sono idioti, questi sceneggiatori, quanto lo sono?
Tornando alle cose serie, facciamo notare che ad un certo punto il sergente Powell ci conferma che quel giorno erano in corso delle esercitazioni ufficiali ("Vigilant Guardian"), di cui tutti sapevamo, ma sulle quali era difficile trovare conferme a questo livello. Grazie, Mr.Hickman, le metteremo insieme a quelle di Peter Powers a Londra, così entrano di diritto nel Guinness dei primati delle casualità improponibili.
In un certo senso, ci sentiamo di scusare Minoli, che forse non conosce abbastanza gli aspetti reali della vicenda, per non essersi accorto dell'offesa che un tale filmato provoca nelle menti abituate a ragionare. Lui stesso, infatti, casca verso la fine in un errore che la dice lunga sulla sua conoscenza del caso in questione: all'annuncio di Andy Card, che "l'America è sotto attacco", Minoli ci dice che "Bush ovviamente interrompe subito la visita" alla scuola elementare, in Florida.
E' un pò come parlare del processo di Pilato, e dire che il popolo volle la testa di Barabba.
Il clou del paradosso, comunque, ci è stato riservato per il finale del film: mentre gli autori tentano addirittura di ridefinire il termine di "retorica", dicendoci che "quel giorno l'America ha perso l'innocenza", gli scappa anche detto che "300 caccia ora controllano i cieli di America".
Da dove li hanno fatti arrivare, tutti così in fretta, dal Guatemala?
Massimo Mazzucco
QUI puoi scaricare la trasmissione completa (ca 60 mb. - L'audio va leggermente fuori sync, da un certo punto in poi).
QUI invece una versione per i 56K, da 13 mb. E' guardabile, e se non altro il sync è a posto!