A dimostrazione che la vera battaglia dell'11 Settembre, sul fronte mediatico, è ancora tutta da combattere, arriva la seconda trasmissione di Corradino Mineo, sul problema ambientale causato dalle macerie di Ground Zero, che nei pochi minuti che ha voluto dedicare all'argomento è riuscita a non dire assolutamente nulla di ciò in cui consiste il vero problema. Ci sono mille modi di fare un "cover-up", e dopo il silenzio mediatico di certo il più subdolo ed efficace è proprio quello di parlarne, senza dire assolutamente nulla. (In coda link alla trasmissione).Ecco alcune delle cose di cui Mineo "si è dimenticato", nella sua sempre più peculiare intrepretazione della parola "giornalismo".
La "Sindrome di Ground Zero" di Roberto Toso
Se c'è un aspetto del'11 Settembre tanto drammatico quanto palesemente ignorato dai media, almeno fino a ieri, è quello del disastro ambientale causato dai crolli delle tre Torri del World Trade Center. Ma oggi, a fronte di migliaia di persone che denunciano la più vasta gamma di problemi polmonari, con svariate cause legali in corso, e con le prime morti accertate … … che si possono ufficialmente far risalire a quei problemi, tacere sull'argomento non è più possibile per nessuno.
Il crollo delle Torri del World Trade Center causò la totale polverizzazione di centinaia di tonnellate di amianto, di decine di migliaia di lampadine e computer, di rilevatori di fumo contenenti il radioattivo americio 241, sprigionando una miscela mortale che ha continuato a fuoriuscire dalle ribollenti macerie di Ground Zero per mesi, penetrando nei polmoni degli ignari soccorritori, sopravvissuti, e parenti dei dispersi che in quei tristi giorni avevano ben altro a cui pensare.
La responsabilità della salute di quelle valorose persone ricade sull'Agenzia di Protezione Ambientale (EPA), che da quanto riportato sul suo Sito Web, si prefigge di "Proteggere la salute umana e la salvaguardia dell'ambiente - l'aria, l'acqua e la terra - da cui dipende la vita."
Per bocca della sua Amministratrice Generale Chistine Whitman, a neanche una settimana dal disastro e senza aver avuto chiaramente il tempo materiale di compiere dei seri accertamenti, l'EPA dichiarò che l'aria e l'acqua potabile di Manhattan non erano pericolose per la salute, e che dunque le operazioni a Ground Zero potevano andare avanti velocemente, cosi da tornare presto alla normalità e "fargliela vedere ai terroristi."
Anche i residenti della zona Sud di Manhattan - che avevano le abitazioni letteralmente invase da quella polvere finissima dall'odore acre - vennero rassicurati dal Dipartimento della Salute di New York che sarebbe stato sufficiente: "pulire con uno straccio bagnato, magari indossando dei pantaloni lunghi." Tuttavia alcuni non si fidarono e commissionarono delle analisi per conto proprio, le quali diedero purtroppo dei risultati molto diversi, ma che furono accolte con la massima indifferenza, una volta presentate all'EPA stessa..
Col passare del tempo l'insorgere di strani problemi respiratori - presto soprannominati la "sindrome di Ground Zero" - cominciavano preoccupare seriamente chi veniva colto da asma pur non avendone mai sofferto, come chi aveva improvvisi attacchi di tosse, talmente violenti da provocare rigurgiti di sangue.
Uno dei giornalisti che provò a mettere in guardia dai quei rischi scrisse sul Daily News del 26 Ottobre 2001 l'articolo “L'incubo tossico di Ground Zero” ma, reo di aver sfidato lo status quo, per cui non vi doveva essere alcun problema, venne attaccato dal resto della stampa locale, e additato come esempio di "giornalismo sensazionalistico".
Il Professor Thomas Cahill dell'Università di Davis, California arrivò a Ground Zero il 2 Ottobre 2001 per analizzare la composizione dell'aria, e si meravigliò che non fosse stata ancora approntata un'analisi ambientale. Lo stupì anche il fatto che le macerie continuavano a ribollire, con i fumi talmente densi che gli impedirono di mettersi seriamente al lavoro fino all'inizio di Dicembre.
Cahill riscontrò dei livelli elevatissimi di particelle ultrafini, dagli 0.26 agli 0.09 micron, che non aveva mai rilevato in oltre 7000 analisi in giro per il mondo: neanche durante incendi di giacimenti petroliferi in Kuwait.
Quei dati gli apparvero tanto inusuali quanto pericolosi, poiché particelle cosi minuscole sono in grado di penetrare facilmente le cellule polmonari, con risultati disastrosi per la salute.
In segno di protesta contro il silenzio ufficiale, alcuni cittadini fondarono l'Organizzazione Ambientale del World Trade Center (WTCEO) a cui diede voce il combattivo membro del Parlamento Jerrold Nadler, che all'inizio del 2002 rivelò che negli edifici federali - inclusa la sede dell'EPA - erano state messe in atto le bonifiche più accurate, secondo le procedure standard.
Se questo era vero, incalzò Nadler, che bisogno c'era di invitare i cittadini ad "utilizzare dei semplici stracci bagnati"? Ed anche se le bonifiche effettuate nei palazzi federali fossero state superflue si sarebbe trattato di uno spreco dei soldi delle tasse degli stessi NewYorkesi.
Il WTCEO mise dunque l'EPA di fronte a questioni molto pesanti, obbligandola a rivedere la propria posizione, impegnandosi a controllare tutte le abitazioni, ed a provvedere a eventuali operazioni di ripulitura, se necessario.
Tuttavia quelle tardive promesse, rilasciate malvolentieri solo quando a lamentarsi non erano più singoli cittadini ma una vera e propria associazione, vennero ben presto tradite, aggiungendo la beffa al danno che ormai era già stato compiuto: le costose procedure operative standard vennero accantonate in favore di alcune decisamente più sbrigative, ed oltretutto tese a ripulire le abitazioni da una sola delle numerose sostanze tossiche incriminate: l'amianto.
Il risultato di questo riprovevole comportamento nei confronti di migliaia di cittadini già feriti da una tragedia più grande di tutti loro, è stato una denuncia collettiva ("class action") che si trascina ancora oggi, e che vede uniti nella lotta 8.000 tra lavoratori, medici, agenti di polizia, pompieri.
Centinaia di loro non potranno mai più lavorare, e si considerano relativamente fortunati in confronto a quelli che ora lottano contro il cancro, o a chi quella lotta l'ha già persa.
Nel corso delle indagini sono emersi molti elementi a peggiorare il quadro già disastroso della vicenda, che oltre alle ovvie ripercussioni etiche e morali potrebbe teoricamente avere un costo di vite umane superiore allo stesso 11 Settembre.
Il luogotenente Manuel Gomez ha testimoniato che durante le opere di soccorso gli fu ordinato di non indossare una maschera protettiva per non spaventare il pubblico; l'addetto ai trasporti Walter Jensen ha denunciato che quando chiese un respiratore venne minacciato di licenziamento. L'Avvocato David Worby, che rappresenta gli 8.000 querelanti in causa contro la Città di New York, L'Autorità Portuale, l'EPA e l'Amministrazione della Sicurezza sul Lavoro e della Sanità USA, ha fatto notare: "Cosa ci può essere di più scandaloso per l'EPA che l'aver scelto le vie legali, piuttosto di non provvedere alla salute dei suoi cittadini, che è poi il suo compito originario?"
Nell'agosto del 2003 l'Ispettore Generale dell'EPA confermò quelli che erano i sospetti di molti, rivelando che le rassicurazioni iniziali erano da imputare al desiderio di riaprire Wall Street al più presto: egli rivelò che i rapporti dai toni più cautelativi redatti in un primo momento dall'EPA vennero modificati su pressione del Consiglio sulla Qualità Ambientale della Casa Bianca (CEQ).
Squadre dotate di maschere avrebbero infatti lavorato più lentamente, e molto più tempo avrebbe richiesto anche l'accurata bonifica di palazzi ed appartamenti, mentre Wall Street non poteva aspettare.
Solo nell'aprile del 2006 rapporti ufficiali hanno ammesso che il 56% dei sopravvissuti agli attacchi soffrono di problemi respiratori e nello stesso mese è arrivata una prima conferma sulla mortalità della polvere del WTC, dopo l'autopsia sul poliziotto James Zadroga, che ha fornito le prove oggettive che ancora mancavano per confermare ufficialmente quello che già molti sospettavano.
La risposta dell'EPA - messa di fronte finalmente a dati inconfutabili - si è presto tramutata in una battaglia legale che si prospetta ancora lunga, troppo lunga, per chi non potrà più riacquistare la salute e non desidera altro che venga fatta giustizia.
Nel tentativo di far fronte alle cause legali ora le Autorità Cittadine hanno chiesto al Giudice Alvin Hellerstein di eliminare tutte le richieste perchè a loro dire si trattò di una emergenza in cui le organizzazioni coinvolte agirono in "buona fede", rivoltando quindi l'accusa contro i soccorritori stessi, in quanto colpevoli di non aver adottato le precauzioni necessarie.
L'avvocato David Worby ha replicato: "E' disgustoso che ora stiano accusando le vittime. Alla maggior parte dei lavoratori non venne fornita nessuna protezione, e ad altri fu dato del materiale difettoso. Nessuno si curò di dare delle uniformi pulite a fine giornata. Le persone usavano mangiare sedute sulla pila di detriti."
Il Rapporto della Commissione 11-9 dedica a questo disastro ambientale ed umano una nota a piè di pagina, in cui riferisce di un'intervista a Sam Thernstrom, coordinatore del CEQ - proprio colui che operò le pressioni iniziali - che nega candidamente di aver fatto modificare i rapporti all'EPA con lo scopo di riaprire Wall Street, ma di averlo fatto solo in base a "motivi procedurali."
Naturalmente, col consueto spregio della Commissione verso qualunque dato o testimonianza che potesse contraddire la versione ufficiale, non è stata inclusa alcuna voce contraria, cosi che la storia al lettore sarà sembrata del tutto chiara ed anche di poco conto.
In attesa che vengano accertati e puniti i responsabili delle morti dell'11 Settembre, sembra certo che - chiunque siano stati – abbiano in seguito trovato dei validi collaboratori nelle Autorità Federali e della Città di New York.
Roberto Toso (Goldstein)