Chi si chiedeva a cosa possa servire il processo a Zacharias Massaoui - oltre che a offrire al pubblico di bocca buona un generico capro espiatorio - ieri ha avuto la sua risposta.
Il processo serve a ricoprire la bugia originale con qualche strato suppletivo di "verità ufficiale". Un pò come dare una mano di
flatting alla vernice originale, per rendere più difficile che venga scalfita da chi un giorno volesse intaccarla.
Se così qualcuno oserà dubitare che su UA93 ci sia stata davvero una colluttazione, da oggi il cretino di turno potrà dire "Lo ha persino confermato il processo!" La giuria infatti sta venendo sottoposta al più classico lavaggio del cervello, fatto di una commistione di prove costruite ad hoc e di ricatti morali vergognosi: da una parte saltano fuori miracolosamente delle fotografie dei rottami di UA93 che in 5 anni nessuno aveva mai visto, dall'altra vengono mostrate ai giurati … … delle crude immagini di parti umane spappolate sul cemento di Manhattan, o di cadaveri carbonizzati dentro al Pentagono, mentre viene fatta ascoltare la registrazione degli ultimi minuti del volo caduto in Pennsylvania, in cui un terrorista dice all'altro qualcosa come "sono ferito", e l'altro risponde "finiamola così". Dopodichè, l'impatto col terreno.
Peccato che, come molti sanno, i rottami dell'aereo siano stati trovati fino a molte miglia di distanza, mentre nella famosa buca non c'era un solo pezzo che fosse riconducibile a un Boeing 757. (Soltanto per gente che non vuole vedere, come il simpatico Marco Bardazzi, "queste cose non provano nulla").
È chiaramente per rimediare a questo punto debole, che sono comparse al processo alcune foto come questa:
Che bello, proprio il colore della United! Ma allora non c'è dubbio, l'aereo è davvero caduto lì! E poi guardate, come sono piantati bene nel terreno quei pezzi di lamiera.
Ovvero, peggio la toppa del buso: chi li ha piantati, infatti, si deve essere completamente dimenticato che l'aereo era esploso in una palla di fuoco, mentre quelle lamiere non sembrano aver mai conosciuto nemmeno la fiamma di un accendino.
Ma questi sono dettagli che una giuria fatta di 12 "cittadini qualunque" non nota di sicuro, tanto si è fatta coinvolgere dalla tragica descrizione dei fatti che il procuratore, con una maestria degna di uno sceneggiatore di Hollywood, sta dipingendo ai loro occhi.
A questo processo-farsa va aggiunta l'uscita imminente del film "United 93", che cercherà in qualche modo di mettere il sigillo definitivo alla bugia raccontata dalla versione ufficiale sull'aereo caduto a Shanksville.
Noi, da parte nostra, non possiamo che continuare a ricordare le parole del sindaco della città, Ernie Stuhl, che fu fra i primi a giungere sul luogo: "… But there was no airplane". Ma non c'era nessun aereo.
Mentre per il Pentagono torniamo a domandarci perchè, invece di mostrarci le foto di qualche cadavere carbonizzato "dentro" l'edificio (qualcuno che lavorava lì, fra i morti, c'è stato di certo), non ci fanno vedere direttamente l'aereo che lo ha colpito, quando ancora stava fuori? Devono essere almeno una dozzina, a occhio e croce, le videocamere che inquadravano lo spazio antistante il Pentagono quel mattino, ma qualcuno preferisce veder crescere ogni giorno i sospetti, piuttosto che mettere fine una volta per tutte a questa penosa diatriba.
In realtà, sembra quasi che chi tira le fila di questa operazione di copertura stia sentendo il fiato sul collo del 9/11 Truth Movement, che cresce a vista d'occhio, e stia preparando il terreno per il famoso "polverone" pubblico di cui abbiamo già parlato in precedenza.
In altre parole, questo tipo di atteggiamento sembra indicare, da parte di chi difende la versione ufficiale, la convinzione che ormai lo scontro sul terreno aperto dei media mainstream sia inevitabile.
Citando il beneamato Cheney, quando paventava "futuri attentati" per tenere al guinzaglio la nazione, anche noi potremmo dire "it's not a matter of if, it's only a matter of when". Non è questione di se, è solo questione di quando.
Nei limiti delle nostre possibilità, noi ci faremo trovare pronti.
Massimo Mazzucco
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Colpo di scena al processo di Massaoui.
Tutto per una misera bugia.