Nel segnalare
questo articolo di Enrico Galoppini, tanto violento quanto sacrosanto, sulla recente "strage della spiaggia" di Gaza, vorrei provare a proporre la mia personale visione di un problema che ci riguarda tutti molto più da vicino di quanto possa sembrare.
La questione ebraica, oggi
di Massimo Mazzucco
Se io fosse ebreo, dedicherei tutto il mio tempo libero a scovare e denunciare alla ADL tutti gli antisemiti che riuscissi a individuare. Lo dico seriamente, li cercherei col lanternino, accanitamente, e non ne lascerei scappare uno nemmeno morto.
Ma non credo che in cima a quella lista ci sarebbero tutti quegli imbecilli che, genericamente, e in maniera palesemente ignorante, "ce l'hanno con gli ebrei". Se fossi ebreo infatti saprei molto bene che i
goyim "ci odiano" solo perchè non sono nemmeno capaci di distinguere fra un ebreo e un sionista, ... ... fra la Bibbia e la religione ebraica, fra lo stato di Israele e il termine Israel, che definisce il popolo dei discendenti di Mosè.
La questione ebraica, con o senza le virgolette, è lunga e complessa quanto la storia della nostra civiltà, e ci si sente spesso impotenti di fronte ad un problema talmente grande da riuscire a malapena a intuirne i contorni. Io però ogni volta che sono in compagnia di un ebreo, qualunque ne sia il motivo, mi ritrovo regolarmente a pensare di non avere assolutamente niente contro di lui, nè riesco a capire come si possa farlo.
Li osservo, nella trasparenza del quotidiano, e li vedo assolutamente convinti della loro posizione, perfettamente a posto con se stessi, e del tutto legittimati ad esserlo. Loro infatti, molto semplicemente, partono da un presupposto diverso dal mio: mentre per me la terra è di chi la abita, per loro la terra di Palestina è stata promessa da Javeh, il dio unico del loro Libro Sacro, la Bibbia. Capisci che come inizio è una differenza non da poco.
Anche perchè per l'ebreo l'importanza della Bibbia è ben maggiore di quella che gli attribuisce mediamente un cristiano, soprattutto se cattolico, sebbene ne condivida buona parte dei Libri che la compongono.
Se è quindi questa la premessa, possiamo tranquillamente saltare 18 secoli di diaspore e persecuzioni (che ci sono stati tutti, e la cui vergogna nessun revisionista potrà mai cancellare dalle pagine della nostra storia), perchè è chiaro che il punto nodale, per la nostra discussione, è l'avvento del sionismo, sul finire appunto dell '800.
Fu nel momento in cui Theodore Hertzl coniugò la "promessa" biblica con il concetto pratico di "diritto", che ebbe inizio la moderna storia del Medio Oriente.
Javeh infatti promette la terra ai discendenti di Israel, ma non specifica chi provvederà fisicamente a dargliela, quando lo farà , nè soprattutto con quali mezzi sarà autorizzato a farlo chi eventualmente se ne occuperà.
Per quel che ne sappiamo, anzi, la lettura di quel passaggio biblico può benissimo avvenire in termini simbolici, o spirituali, senza che un solo acro di terra debba necessariamente cambiare di mano. La Gerusalemme dai dodici portali - mi sia permesso di opinare - è molto di più di un qualunque quadrilatero di terra spelacchiata e polverosa dovunque nel mondo.
Mentre Heretz Israel, la Terra Promessa, con il sionismo passa da principio astratto, indefinito in tempo e modi, a vera e propria ordinanza operativa, con tanto di regole e scadenze prefissate.
E fra queste regole, purtroppo, il sionismo nascente ha ritenuto di includere anche il diritto alla violenza, alla sopraffazione, e all'inganno, pur di ottenere quanto si riteneva in diritto di avere.
Hanno fatto bene? Hanno fatto male? Ne avevano davvero il diritto? La cosa non ci interessa minimamente, a questo punto, il fatto è avvenuto e basta, ed è con le sua conseguenze che dobbiamo piuttosto fare i conti.
Bisogna inoltre evitare la classica trappola che ti porta a cercare, in discussioni come questa, di assegnare una certa colpa ad una qualunque delle due parti, per poi ritenersi in diritto di parteggiare apertamente per l'altra.
Questo si può ancora fare in una lite fra moglie e marito, ma quando si tratta di risalire il corso di una storia così complessa e articolata, troverai sempre lo snodo utile per cercare di vederla come fa comodo a te, ma la cosa non serve assolutamente a nulla.
I fatti, invece, restano fatti. E fra questi, innegabilmente, c'è il fatto che siano stati gli stessi sionisti, nel 1947, a inventare il "terrorismo arabo". Non è un segreto per nessuno - e molti sionisti anzi se ne vantano ancora apertamente - che l'attentato al King David Hotel di Gerusalemme, in cui morirono un centinaio fra ebrei e occidentali, fu portato a termine da agenti della Irgùn travestiti da arabi, ai quali fu poi data ufficialmente la colpa, con tanto di relative ritorsioni.
Questo è un fatto assodato, come lo sono dozzine di episodi di sterminio e di pulizia etnica da parte dei sionisti, ai danni dei palestinesi, prima durante e dopo la nascita ufficiale dello stato di Israele.
Ma, ancora una volta, non commettiamo l'errore di approfittare di queste verità storiche per puntare genericamente il dito "contro il sionismo", e "tenere" quindi giustificatamente per i palestinesi. Anche questi sono ormai solo fatti storici, e un eventuale giudizio in merito non cambia di un millimetro la realtà di oggi.
E' su questa, casomai, che il nostro giudizio può e deve esprimersi, se davvero ci vogliamo illudere che esista ancora una soluzione ad un problema che ci riguarda tutti molto da vicino. Al di là infatti delle questioni di ordine morale, che possono toccare alcuni più di altri, se oggi corriamo un rischio nucleare, concreto ed imminente, lo facciamo tutti nella stessa misura, e non è certo indipendentemente dalla questione palestinese che ciò avviene.
In questo senso, la mia umile quanto ferma opinione è che oggi il sionismo - giusto o sbagliato, legittimo o illegittimo che fosse - ha fatto il suo tempo, avendo ormai da molti anni portato a termine la sua missione originaria.
Oggi lo stato di Israele esiste, è fra le maggiori potenze militari al mondo, di certo nessuno ne mette più in discussione il diritto all'esistenza (nemmeno il presidente iraniano, per quanto voglia abbaiare da lontano, lo fa veramente). Se quindi i problemi di sicurezza per la sua popolazione continuano, non possono che essere attribuiti al sionismo stesso, che vuole insistere oggi nella politica di ieri, avendone nel frattempo superato e mutato i termini: inizialmente l'obiettivo era soltanto "una qualunque terra" dove riunire gli ebrei dispersi nel mondo, al punto che i primi sionisti stavano per accontentarsi di un anonimo appezzamento di terreno in Centro-Africa. Solo dopo la dichiarazione Balfour l'obiettivo dichiarato divenne la Palestina, e solo dopo l'assegnazione da parte delle Nazioni Unite del territorio iniziale, con Gerusalemme sotto sovranità internazionale, divene l'intera zona di terra che va dal mare alle rive del Giordano, e comprenda la totalità di Gerusalemme.
Ma la scusa che Israele fu attaccato il giorno stesso dai paesi arabi - fatto di per se innegabile - o la stessa sicurezza di Israele, non sono certo più sufficienti a giustificare una politica di costante prevaricazione, conquista e annessione, che nel corso di svariate guerre e controguerre ha rivelato le vere intenzioni del sionismo moderno, le quali vanno letteralmente a tradire quelle dello stesso movimento originario.
Finchè quindi non saranno gli ebrei stessi ad accorgersi che il sionismo ha fatto suo tempo, e che nei suoi eccessi di oggi stanno rischiando di gettare alle ortiche tutto quello che è stato fatto nel suo nome sino a ieri, di sicuro non sarà una qualunque "roadmap to peace" a risolvere il problema di due interi popoli, condannati all'odio reciproco non più dalla storia, ma anzi dalla cecità storica dei suoi leader più esaltati, le cui azioni non hanno più nulla che vedere nè con la Bibbia nè col concetto di Terra Promessa.
Ecco perchè, se io fossi ebreo, e soprattutto se vivessi in Israele, mi dedicherei anima e corpo a denunciare come antisemiti prima di tutto gli stessi leader sionisti che oggi mi impediscono - continuando ad alimentare la tensione con il popolo arabo - di vivere finalmente una vita normale, in un paese normale, accanto a gente normale, la cui diversa religone con cambia in nessun modo il fatto che vogliano anche loro le stesse identiche cose che voglio io.
Più in generale, sembra che di nuovo il problema non sia destra-sinistra (fascista o comunista, cristiano o musulmano, ebreo o palestinese), ma alto-basso, ovvero padrone e "operaio", ricco e povero, elite e massa.
Finchè non capiremo - tutti, indistintamente, come umanità - che ci aizzano gli uni contro gli altri, in ogni maniera possibile, e per interessi che comunque non sono mai i nostri, siamo tutti destinati soffrire sulla nostra pelle le conseguenze di questo gioco al massacro della rivalità permanente.
Cambiano le magliette, ma la partita è sempre la stessa.
Massimo Mazzucco
VEDI ANCHE:
Scheda storica della Palestina
Tutti gli articoli pubblicati fino ad oggi sull'argomento "Palestina".