I REFUSNIK VOLANO ALTO
di Massimo Mazzucco
Tre anni fa, circa 300 riserve dell'esercito israeliano firmarono un documento congiunto, nel quale dichiaravano che si sarebbero rifiutati di eseguire ordini contrari alla propria coscienza ed ai principi di un esercito di uno stato democratico: in parole più semplici, ammazzare civili, sapendo di farlo. La cosa era stata messa maldestramente a tacere, con minacce ed arresti, ma aveva provocato il suo bel danno in un punto del tessuto sociale particolarmente delicato: l'israeliano contrario alla politica di occupazione cominciava a trovare voce anche all'interno dell'esercito stesso.
Ma quello che è successo ieri, per quanto i firmatari di un documento simile fossero soltanto un decimo, è forse ancora più importante: i 27 refusnik infatti questa volta sono tutti ... ... pluridecorati piloti dell'aviazione, che in Israele sono considerati più o meno alla stregua degli eroi dello spazio americani. E sentirsi dire che non bisogna andare sulla luna da un Neil Armstrong in persona fa certo più effetto che sentirselo dire da chi gli fa benzina all'astronave.
E questi piloti, che annoverano fra loro anche il capitano della storica missione che nell '82 annientò il reattore nucleare iracheno (vedi
"Il curioso caso di Jonathan Pollard") sono proprio coloro che devono schiacciare il pulsante ogni volta che viene ordinato loro di colpire un caseggiato in cui, fra i tanti civili, "pare" che si annidi anche un "pezzo grosso" di Hamas. Finiranno probabilmente in galera, ma questo hanno detto che non lo faranno più.
La strategia dei falchi è ormai spudorata, e non ci vogliono certo studi approfonditi per capire come si tratti in realtà di terrorizzare - guarda che termine, ci si ritrova ad usare! - sistematicamente le popolazioni palestinesi, con una scusa o con l'altra, nella tacita speranza che prima o poi abbandonino per sempre la terra che essi ritengono di aver ricevuto direttamente da Dio.
Per fortuna non tutto il popolo israeliano la pensa esattamente così. C'è chi, ebreo ed israelita purissimo, non è necessariamente sionista, ed accetterebbe di buon grado di condividere la terra col palestinese accanto, con le dovute garanzie ovviamente.
Forse l'unica vera speranza per i due popoli è che questa fazione, difficile da individuare poichè apertamente osteggiata in pubblico, si faccia finalmente forza dietro ad episodi come quello odierno, e riesca a provocare prima o poi il profondo dibattito che è assolutamente necessario all'interno dell'intera nazione.
Finchè aspettiamo le finte roadmap, e fingiamo a nostra volta di crederci pur di non dover spingere gli israeliani ad affrontare il loro problema interno, non facciamo che prolungare l'agonia di due interi popoli ridotti ad odiarsi ormai da decenni. E non certo solo per colpa loro.
Britannica, francese o americana che sia, ogni volta che facciamo benzina ci accolliamo anche noi un pezzettino di un israeliano o di un palestinese trucidato, dal '48 a oggi. Il problema non è certo tutto nella Bibbia.
Massimo Mazzucco
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