A partire dai primi di dicembre il film "Inganno Globale" sarà disponible anche in libreria, unitamente al libro dallo stesso titolo. La stessa "accoppiata", edita da Macroedizioni, sarà reperibile anche in rete presso
Macrolibrarsi.it
Il film, ovviamente, non è cambiato, anche se il DVD ha un nuovo authoring (a cura di Federico "Musicband" Povoleri, con grafica di Michele "Manthrax" Cestari), e presenta nei contenuti speciali anche il trailer di "La verità di Cristallo", "Il caso Popular Mechanics/Diario", e alcuni estratti della puntata che Matrix ha dedicato all'argomento.
Il libro invece è nuovo, ed è stato scritto nelle ultime settimane. Pensato come complemento al film, è dedicato soprattutto a chi si avvicina per la prima volta alla materia 9/11. E' una specie di "guida ragionata" dell'intero dibattito, di 130 pagine, scritta in tono discorsivo, ... ... che fa appello più al comune buon senso che non agli aspetti prettamente tecnici della questione.
In altre parole, non si tratta di stabilire "a quanti gradi esatti" il kerosene (non) riesca ad ammorbidire l'acciaio, ma perchè mai non sia finito in galera un solo progettista o costruttore, visto che "le Torri erano state progettate per reggere con ampio margine all'impatto di un grosso aereo commerciale". Non si tratta di stabilire cosa si vede e cosa non si vede nei fotogrammi del video del parcheggio, ma di capire perchè mai sui restanti 84 video esistenti non compaia un solo fotogramma in cui questo aereo si veda del tutto. Non si tratta di decidere con esattezza di quanti centimetri sia il foro nel Pentagono, ma di comprendere che cosa significhi guidare un aereo dal West Virginia a Washington in un qualunque mattino di un qualunque giorno dell'anno.
Come già il film, anche il libro "Inganno Globale" si limita ad analizzare gli aspetti "fattuali " degli eventi di quel giorno, mentre lascia a "La Verità di Cristallo" il compito di presentare tutti i retroscena di tipo storico-politico che avrebbero dato origine a quegli attentati in maniera ben diversa da come ci è stato raccontato fino ad oggi.
Massimo Mazzucco
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Seguono alcuni estratti dai diversi capitoli del libro.
Hani Hanjour, dilettante miracolato
Le grosse difficoltà a credere che sia stato un Boeing a colpire il Pentagono si moltiplicano in maniera vertiginosa se si pensa che alla sua guida doveva esserci un dilettante dell'aria, Hani Hanjour, che non aveva mai guidato un jet nella sua vita, e che era ritenuto letteralmente "incapace di volare" dagli istruttori di volo che non gli vollero mai affidare nemmeno un piccolo monomotore da turismo per volare in solitario.
Nonostante questo, ci viene chiesto di credere che Hanjour, una volta impadronitosi dei comandi sui cieli del West Virgina, abbia saputo riportare fino a Washington quel bisonte dell'aria, senza più nessun aiuto da terra e senza mai aver toccato prima i suoi comandi. Per navigare correttamente in mezzo al traffico densissimo di quella zona, senza provocare collisioni in volo, non basta certo dire al computer "portami a Washington", e poi rilassarsi in attesa del tuffo finale.
Bisogna conoscere a fondo il suo sistema di navigazione, e saperlo impostare con una serie di dati relativi alla situazione di quel momento. Nè basta certo impostare una "bussola geosatellitare", appoggiarla sul cruscotto e seguire le sue indicazioni per arrivare alla meta prefissata: tali strumenti infatti, pur essendo molto precisi, non possono certo tener conto dei corridoi aerei che bisogna rispettare e dei radiofari che bisogna seguire (nessun aereo di linea può volare "dritto" dalla partenza alla destinazione, ma deve seguire delle tratte precise, da un radiofaro all'altro, che risultano in un percorso leggermente a zig-zag), e tutto questo può avvenire in piena sicurezza solo grazie al dialogo continuato fra cabina di pilotaggio e controllori di volo.
L'idea che il cielo sia "libero in ogni direzione" è solo un'impressione che possiamo avere noi guardandolo dal basso, ma in realtà le rotte commerciali equivalgono in tutto e per tutto ai più intricati sistemi autostradali che circondano tutte le grandi città: svincoli, raccordi, tangenziali, sottopassaggi, corsie di decelerazione, bretelle, corsie di sorpasso…. e soprattutto un infallibile "autovelox" ogni cinquanta metri, che impone che le distanze fra un aereo e l'altro siano rigorosamente rispettate, e tenute costantemente sotto controllo sia da terra che dalla cabina di pilotaggio.
Ma tutto questo diventa impossibile per Hanjour, visto che al momento di invertire la marcia avrebbe staccato il trasponder, e chiuso ogni contatto radio, restando completamente solo fra le nuvole anonime di un cielo sconosciuto.
Fare quello che avrebbe fatto Hanjour equivale più o meno a impadronirsi di un TIR lungo un tratto dell'autostrada Roma- Firenze, invertire la direzione di marcia, e ricondurlo fino al centro di Roma con i vetri completamente oscurati, lungo un'autostrada affollata all'inverosimile, usando solo una bussola tascabile, e avendo guidato fino a quel giorno soltanto una cinquecento, senza mai commettere il minimo errore nè causare il minimo incidente.
Ma il vero problema di Hanjour si pone una volta giunto a Washington. A quel punto il "geosatellitare" ha comunque esaurito il suo compito, e diventa necessario trovare il bersaglio guardando letteralmente "fuori dal finestrino". Mentre l'aereo procede a 850 all'ora, Hanjour ha pochissimi secondi per individuare, da 4000 metri di altezza, e senza nessun punto di riferimento, un punticino marrone con 5 spigoli che sta in mezzo ad una marea di punticini marroni più o meno simili, che di spigoli ne hanno soltanto quattro.
E una volta individuatolo - diciamo che oggi la sua fortuna non ha limiti - scatta in lui la più assoluta follia: invece di abbassare semplicemente la cloche, e portare una volta per tutte l'aereo a schiantarsi sui tetti del Pentagono, l'uomo che non ha mai guidato un jet nella sua vita sceglie di compiere un'ampia virata di circa 300 gradi, scendendo nel frattempo da 4.000 a pochi metri da terra, e perdendo così di vista il prezioso bersaglio che aveva appena individuato.
Nonostante questa scelta azzardata, la sua totale inesperienza non gli impedisce di ritrovarsi, alla fine della manovra, in perfetto allineamento con un Pentagono che da quell'altezza non può certo più vedere, visto che la virata lo ha portato nel frattempo ad almeno 3-4 chilometri di distanza dallo stesso.
Hanjour compie quindi l'ultimo tratto alla massima velocità, ciecamente convinto di aver indovinato l'allineamento con il bersaglio, mentre usa tutti i trucchi di un mestiere che non ha mai imparato per contrastare il poderoso effetto-suolo causato dall'alta velocità del Boeing, che si rifiuta di volare a pochi metri da terra.
A causa infatti delle turbolenze che si creano, alle alte velocità, sotto la pancia di un aereo di grosse dimensioni, gli stessi piloti professionisti, con carriere trentennali alle spalle, descrivono quel tipo di approccio fra l'"estremamente difficile" (per uno di loro), e il "decisamente impossibile".
Mentre Hani Hanjour, che non ha mai guidato un jet nella sua vita, con mano ferma e occhio di ghiaccio si presenta sul quadrifoglio autostradale - che dista dal Pentagono circa 250 metri - perfettamente allineato col bersaglio, mentre vola talmente basso da decapitare una serie di lampioni che si trovano lungo il percorso. A quel punto, viaggiando a 850 Km. all'ora, gli resta soltanto un secondo scarso prima di raggiungere l'edificio che di colpo si ritrova davanti..
Ma qui nuovamente Hanjour non si accontenta di colpirlo genericamente sui tetti, dove provocherebbe un disastro degno della sua impresa memorabile, ma rischia di nuovo di gettare tutto alle ortiche, e sceglie di abbassarsi fino a raso-erba (ricordate, il "secondo video del Pentagono"?), finendo così per colpire "soltanto" la parte laterale dell'edificio.
E dove lo colpisce, esattamente? Proprio negli unici trenta metri che erano stati appositamente rinforzati per resistere ad eventuali attacchi terroristici.
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"Let's Roll": la leggenda delle telefonate dal cielo
A questo punto è necessario rivelare un aspetto di questa vicenda che molti troveranno sorprendente.
Anche volendo credere alla versione ufficiale, nessuno dei passeggeri avrebbe comunque mai parlato direttamente con i propri familiari, ma lo ha fatto sempre e soltanto attraverso i centralinisti dell'FBI, oppure quelli del numero di pubblica emergenza (911, che equivale al nostro 113).
Questo fatto, raramente rilevato da chiunque, è stato confermato, ad esempio, nella nota intervista che Larry King (CNN) fece alla vedova di Todd Beamer (l'uomo di "Let's roll"), durante la quale si venne a sapere casualmente che la famosa frase a lui attribuita (che significa "diamoci sotto", o "muoviamoci") non fu mai udita direttamente dalla moglie, ma riferita alla stessa, insieme a tutto il resto della conversazione, dalla centralinista della pubblica emergenza che Beamer aveva contattato per comunicare del dirottamento in corso.
Saremmo quindi di fronte a una potente forzatura logica, nella quale un diligente cittadino in punto di morte preferisce chiamare il numero di pubblica emergenza per informare del dirottamento in corso, e chiede nel frattempo alla centralinista di far sapere alla moglie che la amava infinitamente, invece di chiamare la moglie per dirglielo di persona, e chiedere casomai a lei di informare subito dopo il numero di emergenza del dirottamento in corso. Un curioso ordine di priorità, in una situazione in cui fra l'altro nulla faceva sospettare a Beamer che a terra non si fosse già al corrente del dirottamento stesso, poichè questi lo sarebbe venuto a sapere proprio in quella telefonata.
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La "libertà di stampa"
Questo introduce un'altra obiezione che viene spesso da porsi, nel confrontarsi per la prima volta con un'ipotesi diversa da quella ufficiale: in un paese dove regna la democrazia da più tempo in assoluto, dove la libertà di stampa è addirittura garantita dal Primo Emendamento della Costituzione, e dove si trovano probabilmente più televisioni e giornali indipendenti che in tutto il resto del mondo, come è possibile che non ci sia un solo giornalista che abbia il coraggio di rivelare pubblicamente queste cose?
Probabilmente di giornalisti di quel genere ce ne sono tanti, ma questo non significa che possano automaticamente farsi sentire da tutti. Quella che si può scambiare per molteplicità di voci, sparse e frammentate su tutto il territorio nazionale, è soltanto la replica infinita di uno stesso schema ben preciso, che risponde ovunque alle stesse regole di mercato dettate dalla competizione più sfrenata. Se in Italia la guerra dell'audience può sembrare spesso esagerata, negli Stati Uniti mezzo lettore in più o in meno può significare l'inizio o la fine di una carriera pluridecennale. Chi comanda quindi sono gli inserzionisti pubblicitari, che impongono ai direttori di puntare sistematicamente verso "il centro" del target popolare. Dove di certo argomenti come questo non trovano un'accoglienza delle più festose.
A sua volta, nel paese che ha inventato le grandi corporations, sono in realtà solo quattro i gruppi finanziari/di potere che detengono la proprietà di quell'intero sistema di informazione - radio, TV e giornali - che visto dal basso ci appare così variopinto e frastagliato.
Mai come nel caso dei media americani, quantità non significa affatto molteplicità, ma caso mai replicazione infinita di una soffocante uniformità.
I "piccoli sporchi segreti" delle Torri Gemelle
Le Torri Gemelle, per quanto capolavori assoluti da un punto di vista ingegneristico, lo erano molto meno da quello della loro gestione quotidiana. Costosissime da riscaldare d'inverno, a causa degli enormi spazi aperti al loro interno, disponevano di un sistema di aria condizionata altrettanto inefficiente d'estate, per simili motivi.
Il perimetro della Plaza, inoltre, aveva creato nella punta Sud di Manhattan un macro-blocco insormontabile di svariati isolati, che soffocava il traffico già impossibile delle strette viuzze della City, nate quando ancora si circolava con le carrozze. L'ora di punta, a sentire i taxisti di New York, attorno alle Torri Gemelle durava quanto la giornata intera.
Ma c'era soprattutto un terzo "dirty secret", molto più significativo degli altri due, che le Torri si portavano dietro fin dalla nascita. Le strutture interne erano state letteralmente foderate di amianto, un materiale altamente tossico, che era stato proibito quando ormai la loro costruzione era stata ultimata. Per tutti questi anni quindi le Torri avevano beneficiato di una specie di "permesso speciale", ma tutti sapevano che prima o poi il problema avrebbe dovuto essere affrontato in maniera radicale.
Ma rimuovere tutto l'amianto da due edifici di quelle dimensioni non era certo un lavoro facile, e comportava inoltre rischi enormi per chi se ne fosse dovuto occupare. Tutto questo si traduceva in una serie di preventivi sempre più esorbitanti, mentre ogni anno che passava rendeva le Torri più obsolete e più costose da mantenere.
In ogni caso, che di coincidenze o meno si trattasse:
1) I nuovi edifici che Silverstein farà ricostruire - le Freedom Towers - saranno dotati di impianti di riscaldamento e di condizionamento molto più moderni ed efficienti, quindi meno costosi.
2) Il nuovo complesso disporrà di un doppio attraversamento stradale (Nord-Sud e Est-Ovest) che dovrebbe finalmente portare un pò di sollievo al traffico perennemente intasato di quella parte della città.
3) L'amianto che nessuno voleva rimuovere hanno finito per respirarselo tutto gli oltre duemila soccorritori che, dopo aver lavorato instancabilmente per lunghi mesi a Ground Zero, si sono ritrovati con gravi e inspiegabili malattie polmonari, accompagnate da disturbi di ogni tipo, che già avevano portato alla morte improvvisa molti dei cani di soccorso, e che ultimamente hanno iniziato a mietere le prime vittime anche fra i loro proprietari.
Se di coincidenze si trattasse, quindi, non resta che inchinarsi di fronte a un destino particolarmente crudele, ma ineluttabile. Se invece le coincidenze non fossero tali, si vorrà almeno comprendere la rabbia e la determinazione di tutti coloro che lottano nel mondo affinchè venga fatta chiarezza sulle vere responsabilità degli attentati di quel giorno.
(da
"Inganno Globale" / Macroedizioni )