IL TEOREMA DEL TERRORE
di Massimo Mazzucco
New York, Madrid, Londra. 11 Settembre 2001, 11 Marzo 2004, 7 Luglio 2005. Per gli americani, 9/11, 3/11, 7/7. Numeri dalla pesante aria cabalistica, volendo. Ma non è qui - o almeno, non qui soltanto - che si nasconde la chiave di volta della nostra drammatica storia più recente.
La chiave, paradossalmente, è nascosta dentro di noi. E' nascosta in ciascuno di noi, ed è per quello che non riusciamo a trovarla, mentre corriamo impazziti da una notizia all'altra, come galline con la testa tagliata, cercando di dare senso a quello che senso si rifiuta di averne.
Siamo stati ipnotizzati dall'immagine, ripetuta all'infinito, del Boeing che esplode nella Torre, ... ... e ora siamo intrappolati in un teorema a cui manca la porta d’entrata, per cui non abbiamo nessun punto di riferimento per ritrovare la via della realtà.
La porta che ci manca, per dare un senso a tutto ciò che accade, è la motivazione effettiva che avrebbe il "terrorismo islamico" per fare ciò che fa. Ci dicono che ci odiano, che odiano l'occidente consumista e superficiale. Ci parlano di scontro di civiltà, la "nostra", contro la "loro". Ci invitano al sospetto, alla diffidenza, all'odio, spingendoci verso la stessa violenza della quale oggi siamo vittime.
E noi facciamo "sì, sì" con la testa, ci chiudiamo in casa, abbassiamo le persiane, ma nel nostro profondo non capiamo.
Perchè mai l'arabo dovrebbe improvvisamente avercela con noi? Che cosa gli abbiamo fatto, ad esempio, nei primi mesi del 2001, oppure nel corso del 2000, per scatenare in lui una reazione così rabbiosa, così vistosa, e così dolorosa - ma anche così innocua, in fondo - come quella dell'11 Settembre? Superficiali, se è vero che lo siamo, lo siamo sempre stati. E più ricchi di loro, volendo, anche. Perchè allora, di punto in bianco, e proprio in quel momento?
Gli "scontri di civiltà", quando sono avvenuti, si sono sempre sviluppati con tempi e ritmi degni della loro importanza. Ma mai nella storia un'intera civiltà, di oltre un miliardo di persone, si è messo contro un altra civiltà, di pari dimensioni, dalla sera alla mattina. Le cose nella storia vanno diversamente. Le lente mutazioni nel tessuto sociale, combinate con i grandi flussi migratori, e condite con le dinamiche economiche del luogo e del momento, arrivano ad un certo punto ad un livello di saturazione, ed il sistema complessivo ha bisogno di uno scossone violento - una guerra, solitamente, più raramente una rivoluzione - per rimettersi in equilibrio.
Ma quando avviene un attentato come quello delle Torri, sbucato assolutamente dal nulla, per mano di diciannove fantasmi senz'arte ne parte, mandati da uno che si dimentica addirittura di rivendicarlo, non può uscirne una "guerra di civiltà". Ne esce al massimo un incidente diplomatico, o anche una crisi internazionale se vuoi, oppure persino una breve guerra, ma comunque limitata alle parti in causa, e proporzionata al danno subito.
Come si fa a pensare di dichiarare guerra ad un miliardo di persone, solo perchè condividono col presunto autore di quel gesto la fede religiosa? (Mentre l’Islam si dissocia apertamente dal gesto stesso, fra l'altro).
Noi tutto questo, inconsciamente, lo sappiamo, ma siamo talmente martellati, nel quotidiano, dal tam-tam di guerra, dagli attentati avvenuti, da quelli previsti e da quelli scampati, che non abbiamo ancora avuto il tempo di sederci un attimo con calma, e ragionare sull'accaduto.
E ci deve ben esser qualcuno che non vuole che si ragioni, a questo punto: chi ha infatti avuto la pazienza di annotare i maggiori eventi, a livello mondiale, si sarà accorto come a partire dallo stesso 16 settembre 2001 - giorno in cui si diffuse in America la paura dell'antrace - non ci sia mai stato un periodo di più di un paio di settimane in cui la nostra attenzione non fosse riportata di forza sul terrorismo, le nostre paure non venissero risvegliate da eventi traumatici, e la nostra mente non abbia accarezzato, anche solo per un attimo, il pensiero di una "vendetta" di qualunque tipo, pur di tornare finalmente a vivere in pace.
Dopo l'antrace ci fu lo Sniper, poi gli attentati a Bali, poi quelli nelle Filippine, poi in Marocco, in Turchia, a Madrid, e poi a Kobar e al villaggio saudita degli americani - solo per ricordare i più vistosi - e tutti scanditi con regolarità stupefacente dal palestinese di turno, che si faceva saltare in una pizzeria di Haifa o su un autobus di Tel Aviv, il tutto a sua volta intercalato da notizie traumatiche dal fronte di guerra, con immagini di ragazzini spappolati che si mescolavano a quelle dei genitori carbonizzati, a quelle dei morti in battaglia o per le strade del loro villaggio, e poi le torture, con le bugie che le hanno accompagnate, i rapimenti, con le bugie che li hanno accompagnati, e poi i decapitati, con le bugie che li hanno uccisi almeno due volte ciascuno.
Un unicum di orrore, di violenza e di tensione, sapientemente pianificato e coordinato, che ci accompagna da quel giorno senza soluzione di continuità.
Ormai il terrore è entrato nella nostra vita quotidiana. Ci conviviamo, ciascuno a modo suo. Ma siccome non sappiamo perchè i "terroristi" ci vogliano far del male, non abbiamo nemmeno la possibilità di farcene una ragione, né di valutare eventuali soluzioni per uscire in qualche modo da questo stallo interminabile.
Se ci dicessero a chiare parole, ad esempio, che in cambio della nostra tranquillità vogliono una guglia d'oro per ogni loro moschea nel mondo, noi potremmo sederci a un tavolino, e valutare se ed in che misura valga la pena di cedere al ricatto.
Ma così non possiamo. Senza rivendicazione non possiamo fare assolutamente nulla, se non stringerci ancora di più l'uno con l'altro, e aspettare tremanti non si sa nemmeno più che cosa. Un'atomica tascabile? Un attacco chimico? Uno sterminatore acustico? Non sappiamo, e non possiamo che attendere gli eventi. D'altronde, ce l'hanno detto gli stessi nostri leaders - non dimentichiamolo - che la "guerra al terrorismo" sarà lunga, molto lunga, talmente lunga che non sappiamo nemmeno quando finirà.
Loro però, chissà perchè, sembrano sempre sapere tutto. Loro non sono mai agitati, nè prima delle bombe, nè dopo le bombe, chissà perchè. Loro anzi sanno sempre e subito chi è stato e perchè lo ha fatto, e quindi sanno anche immediatamente che cosa dobbiamo fare. Loro dicono a noi di guardarci in giro e di prendere precauzioni anche contro noi stessi, ma poi vanno a spasso tranquilli e beati, e a loro, chissà perchè, non succede mai niente. Moriamo sempre e soltanto noi, mentre andiamo a lavorare, sui treni dei pendolari o nei vagoni delle metropolitane, mentre quelli che dicono di combattere il lusso e lo sfarzo inutile dell'Occidente si dimenticano regolarmente di attentare ai ricchi e potenti, che di questo lusso continuano a fare uno sfoggio sfrenato.
Povero uomo. Povero "eroe" della grande civiltà occidentale. Tu, vincitore della Grande Battaglia della storia. Tu, essere superiore, intoccabile, inimitabile. Sei davvero così mal ridotto da non essere nemmeno più in grado di usare il tuo cervello, mentre ti affanni ad alzare barricate, a piazzare sacchetti di sabbia davanti alla porta di casa, a comprare maschere antigas, giubbotti antiproiettile e scorte di cibo per te e per i tuoi bambini, in attesa dell'Orco Cattivo che venga a mangiarti in un solo boccone?
Massimo Mazzucco
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