(Video più sopra)
New Orleans dal satellite, prima e dopo Katrina. Le zone scure sono quelle allagate dal cedimento delle dighe del Mississipi (in basso nell'immagine).
Di certo l'attuale presidente Bush passerà alla storia per l'11 settembre e per le conseguenti guerre in Afghanistan e Iraq (augurandoci che la lista non debba allungarsi prima che termini il suo mandato). Ma l'episodio della sua presidenza che ha lasciato il segno più profondo nel subsconscio degli americani, con tutta probabilità è stato il disastro dell'uragano Katrina.
Non tanto il disastro naturale, a cui bene o male sono abituati, quanto quello umano, politico e sociale che è rimasto impresso per sempre nelle immagini indimenticabili che ci giungevano giorno dopo giorno dalle zone disastrate.
Nessuno avrebbe mai immaginato di vedere una tale disorganizzazione nel paese che è notoriamente il più avanzato al mondo sia nel campo tecnologico che in quello delle comunicazioni, e quindi - si presume - in quello del soccorso civile.
Nessuno avrebbe mai immaginato che migliaia di sopravvissuti potessero restare completamente isolati, all'interno dello stadio di New Orleans, ... ... per tre giorni consecutivi, senza che nessuno riuscisse a fargli avere nemmeno una bottiglia d'acqua. Non deve essere stato facile per gli americani veder morire dei connazionali di sete, di infezione, o di qualunque altra cosa, nel cuore di una loro grande città, sotto gli occhi impotenti delle telecamere.
E se i crolli delle torri gemelle sono riusciti a minare nel profondo la sensazione di invulnerabilità dell'americano medio rispetto ad un attacco dall'esterno, Katrina deve aver fatto almeno altrettanto - ma a livello inconscio - nel renderlo insicuro rispetto ad una mancata protezione dall'interno.
Non a caso fino quel giorno Bush era riuscito bene o male a barcamenarsi, sul fronte dell'opinione pubblica, nonostante le fortune alterne della sua guerra in Iraq, ma da quando c'è stato Katrina i suoi livelli di gradimento non sono mai più risaliti oltre una soglia minima di sicurezza, che ancora oggi non riesce a mantenere.
Qualcosa si deve essere rotto, nell'anima del cittadino americano, che ha provocato uno sconforto, un disagio, se non in certi casi una vera e propria repulsione, per la palese mancanza di volontà di aiutare i disperati di New Orleans da parte del governo federale. Talmente evidente è stata questa mancanza di volontà, che fra molti americani si è ormai affermata la convinzione che tutto ciò sia stato intenzionale, se non addirittura premeditato.
A supporto di questa tesi, sei mesi dopo il disastro è stata resa pubblica la registrazione di una "videoconferenza" fra il Centro Operativo di New Orleans, degli esperti meteorologi, e il ranch di George Bush, avvenuta il giorno prima che Katrina toccasse terra. Da questa conferenza si desume con chiarezza come Bush fosse stato informato fin dall'inizio del rischio di un cedimemento delle dighe di contenimento del Mississipi.
Invece Bush non fece preparare nessuna emergenza in quel senso, mentre quattro giorni dopo dichiarava candidamente in TV che "nessuno avrebbe potuto prevedere il cedimento delle dighe". A qualcuno venne allora in mente che era stato proprio lui a porre il veto, in primavera, ad un finanziamento governativo destinato proprio al rafforzo degli argini del fiume che sono poi straripati.
Alla disperazione dei sopravissuti, che vedevamo in TV, si aggiungevano infatti le notizie di inspiegabili intoppi e ritardi, imposti dal governo federale (FEMA = Federal Emergency Management Agency) ai mezzi di soccorso che affluivano nella zona da ogni parte d'America. Interi convogli carichi di cibo, acqua e medicinali, che arrivavano con rapidità eccezionale ai confini del disastro, vi restavano poi bloccati dai federali senza nessun motivo apparente. Le televisioni trasmettevano in diretta le testimonianze di medici e paramedici a cui i federali avevano espressamente impedito di soccorrere persone morenti, con ridicole motivazioni di carattere giurisdizionale. In una contea della Luisiana, lo sceriffo locale arrivava a mettere degli uomini armati a guardi dei pali del telegrafo, dopo aver riattivato le linee inspiegabilmente tagliate dai federali.
Nel frattempo diventava sempre più stridente il contrasto con le immagini dei mezzi militari, che pattugliavano invece con efficienza assoluta le zone disastrate, sfollando senza troppi complimenti i residenti dalle case rimaste in piedi, reprimendo con violenza spropositata ogni tentativo di opporsi agli ordini di evacuazione, e stabilendo nell'arco di poche ore un vero e proprio stato di polizia tutt'intorno alla parte sommersa della città.
E quando gli sfollati, alcuni mesi più tardi, hanno potuto finalmente fare ritorno, hanno trovato le loro case inaccessibili, sigillate, o addirittura demolite, dopo averne perso la proprietà grazie a dei cavilli legali assolutamente inconsistenti. Il caso più ricorrente era quello in cui il proprietario si trovava ad aver perduto la casa "per trascorsi termini di pagamento del mutuo mensile".
In altre parole, le banche "non si erano accorte" che c'era stato l'uragano, e si aspettavano regolarmente i pagamenti di gente che nel frattempo veniva spedita in campi di raccolta dal lato opposto della nazione.
Ben pochi a quel punto si ritrovavano con la forza sufficiente per reagire, mentre al posto dei quartieri originali vedevano sorgere, da un giorno all'altro, intere zone residenziali completamente nuove, in cui naturalmente il prezzo al metro quadro era nel frattempo quintuplicato.
Inutile dire che le uniche società in corsa per i succulenti appalti edilizi furono quelle direttamente legate alla ex-società di Dick Cheney, la Halliburton, e a tutte le sue sussidiarie.
Nella stessa misura, "toccava" a quel gruppo anche il compito di ricostruire tutte le infrastrutture dell'industria petrolifera danneggiate dall'uragano, dagli oleodotti ai depositi di carburante, dagli attracchi portuali per le petroliere agli stessi pozzi galleggianti al largo nei Caraibi.
L'intero sistema produttivo dei grandi gruppi petroliferi texani veniva così rimesso a nuovo, grazie a Katrina, con i soldi del governo.
Si era quindi venuto a creare questo circolo perverso, in cui da un lato un presidente imbelle faceva di tutto per rallentare i soccorsi e aumentare la devastazione, i danni, e la "rimozione forzata" della popolazine di colore, mentre dall'altro il suo vice raccoglieva gli appalti per la ricostruzione, e gettava le basi per una rapida "ripopolazione" bianca - a causa dei prezzi quintuplicati - di tutta la zona disastrata.
Dal suo nascondiglio in Iraq la "Primula Rossa" di Al-Queda, Al Zarqawi, inneggiava sinistramente al mondo "Viva Katrina!"
Chissà a chi era davvero diretto quel curioso complimento del tutto inaspettato?
Massimo Mazzucco