C'era una volta una nazione oppressa dal debito e dall'austerity. Venne allora un leader della sinistra, tale Tsipras, che disse "Basta oppressione, basta austerity. O ci concedono condizioni migliori, oppure usciamo dall'Europa."
Il popolo lo votò entusiasta. Tsipras formò un governo, e poi andò a Bruxelles per trattare condizioni migliori per il suo paese. Ma ritornò con le pive nel sacco. Bruxelles non voleva saperne di venirgli incontro, e pretendeva comunque condizioni molto dure per continuare ad aiutarli economicamente. A quel punto Tsipras disse: "Chiederò al mio popolo se accetta queste condizioni" e indisse un referendum. Orgogliosamente il popolo disse di no, che quelle condizioni non le accettava. Meglio morire di fame che soccombere agli usurai dell'alta finanza. Allora Tsipras tornò a Bruxelles, ma invece di mandare tutti affanculo - come il popolo gli aveva chiesto di fare - fece un patto con l'Europa a condizioni ancora peggiori.
Poi tornò a casa e disse: "Scusate, ma non avevo alternative. Mi ci hanno obbligato".
A quel punto la sinistra del suo partito si infuriò, ... ... e cominciò a preparare la scissione. Tsipras, temendo di restare indebolito, indisse elezioni anticipate, chiedendo di essere confermato "come gesto di fiducia da parte del paese."
La scorsa domenica il paese ha votato, e gli ha confermato la fiducia. Solo che ora Tsipras non ha nemmeno più i voti della sua sinistra, che nel frattempo si è staccata ed è uscita dal parlamento. Il debito nazionale è aumentato, le misure di austerity sono peggiorate (aumento dell'IVA, tagli alle pensioni, privatizzazioni del patrimonio nazionale), e il futuro della Grecia rimane oscuro almeno quanto prima. Ma Tsipras si dice contento del risultato. E se lo hanno rivotato, vuole dire che pure i greci lo sono.
Chi ci capisce qualcosa è bravo.
Massimo Mazzucco