di Marco Cedolin
Durante tutto il corso della storia l'uso degli animali nell'ambito dell'esercito è sempre stato molto diffuso. Basti pensare al cavallo, per millenni unico mezzo di locomozione per soldati e civili, agli elefanti di Annibale, ai muli degli alpini, ma anche ai piccioni viaggiatori ed ai cammelli.
Molto spesso gli animali sono stati considerati alla stessa stregua di oggetti inanimati, nulla più di un carretto o di un trabucco, più raramente veri e propri soldati (sia pur di rango inferiore) inseriti a tutti gli effetti nell'esercito.
Da sempre gli animali (soldati per forza) si sono trovati loro malgrado a condividere le stesse sorti dei militari, falciati in battaglia dal fuoco o dalle frecce nemiche, ammazzati dal freddo o dalla fame, massacrati dalle esplosioni o dalla fatica.
Ai
nostri giorni le truppe si muovono sui mezzi corazzati e sugli aerei, le comunicazioni sfruttano i sistemi satellitari e perfino gli eserciti che operano nelle zone impervie di montagna hanno pensionato i muli a favore di motoslitte ed elicotteri assai più performanti di quanto non lo fossero le creature a quattro zampe.
Verrebbe quasi voglia di dire che una volta tanto l'innovazione tecnologica ... ... ed il progresso (sia pur nell'ambito dello sterminio di massa) abbiano portato ad un risultato positivo. Oggi finalmente ci ammazziamo fra di noi, senza coinvolgere nel massacro creature la cui sola colpa è quella di servirci fedelmente, fatta eccezione naturalmente per quelle migliaia di animali che sistematicamente vengono dilaniati e bruciati insieme alle donne ed ai bambini, durante i bombardamenti, il lancio del
fosforo bianco e del napalm, o saltano sulle mine disseminate a pioggia in alcune regioni, quasi si trattasse di coltivazioni biologiche.
Purtroppo invece occorre constatare come nemmeno in termini di salvaguardia dei diritti degli animali, l'innovazione sia riuscita a produrre qualcosa di positivo. Al contrario, come si può leggere in
un articolo presente su Corriere della Sera, dai toni vagamente divertiti e trionfalistici, gli animali negli eserciti ci sono e ci saranno ancora, ma il loro ruolo è radicalmente cambiato.
Non più un ruolo passivo di trasporto truppe e attrezzature o la comunicazione, bensì un ruolo attivo (da vero soldato) che spazia dalla ricognizione alla ricerca delle mine, fino al vero e proprio assalto fisico nei confronti del nemico.
I cani in forza negli eserciti moderni, nell'articolo si fa riferimento a quello della Nato e ad Israele, fanno i paracadutisti insieme agli altri soldati, assurgono al ruolo di "scudo canino" ispezionando le aree a rischio con una telecamera montata sulle spalle (avendo costi di sostituzione molto più bassi di un drone) e affrontano i nemici (naturalmente
pericolosi terroristi) con il solo ausilio dei propri denti, quando necessario. Vengono considerati estremamente utili e “spesso più efficaci delle macchine nei combattimenti all’interno dei centri urbani”, nonché “molto utili anche nelle ricognizioni dentro i tunnel e bunker costruiti da formazioni armate”. Così utili da rivelarsi per molti eserciti un vero e proprio fiore all’occhiello e da meritarsi un vero e proprio cimitero per eroi canini di guerra, a loro dedicato nei dintorni di Tel Aviv. Ed “eroi” ci diventano davvero molto spesso, poiché vuoi per il loro ruolo di scudi, vuoi per il grado di fedeltà estremamente più alto rispetto a quello del soldato medio, vuoi per il fatto che trovandosi accanto a soldati umani e armamenti costosissimi si palesano come i soggetti maggiormente sacrificabili, fra i militari a quattro zampe la percentuale di mortalità risulta altissima.
Cani marines o carne da macello, fate un pò voi, che oltre ad entusiasmare qualche giornalista dimostrano inequivocabilmente come nell'era "del progresso" il livello culturale e la sensibilità della razza umana sia in grado solo di regredire, rendendo l'uomo il peggior nemico del cane. Un nemico dal quale purtroppo queste povere e sincere creature non sono in grado di difendersi.
Marco Cedolin
http://ilcorrosivo.blogspot.com/
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