di Enrico Sabatino
L’esito positivo del sequestro di Mastrogiacomo sta provocando in Italia l’osceno e ipocrita valzer di dichiarazioni e prese di posizione di esponenti del mondo politico e dei media che fino al momento della liberazione del giornalista si erano mostrati uniti e compatti nel chiedere al governo di fare tutto il possibile per ottenere il suo rilascio, approvandone l’operato durante tutto il periodo di gestione del delicato caso.
Lo stesso Cossiga il 10 Marzo aveva addirittura annunciato che "domani nella mia responsabilità di italiano e di cristiano rivolgerò attraverso le colonne del quotidiano ‘Il Tempo’ un appello 'ai Signori delle tribu'! ai signori Talebani! ai signori di Al Qaeda! alla resistenza afghana!' perché sia fatta salva la vita al giornalista della Repubblica Daniele Mastrogiacomo e gli venga resituita la libertà".
Aggiungendo poi il 17 Marzo "Credo proprio che gli Stati Uniti ed il Regno Unito, i loro governi centrali ... ... ed i comandi militari delle loro unità in Afghanistan dovrebbero pensare seriamente, insieme al governo afgano, a permettere lo scambio dei prigionieri in vista della liberazione del giornalista Daniele Mastrogiacomo, che hanno accertato, come era ovvio, essere soltanto un giornalista e non una spia".
Mentre Casini aveva dichiarato nei giorni cruciali che non si doveva disturbare il manovratore, cioè Prodi e il suo governo.
Nel corso delle due settimane del sequestro nessun politico e nessun giornale si era azzardato a contraddire l’azione del governo e a tutti era noto nei giorni precedenti la liberazione che il gruppo di miliziani che aveva in ostaggio Mastrogiacomo non chiedeva soldi ma uno scambio di prigionieri, come del resto succede nei teatri di guerra tra due parti in conflitto. Nessuno poi in Italia ha contestato la determinazione con cui il governo italiano ha fatto pressioni sugli USA e GB nel non frapporre ostacoli con blitz militari o veti nei confronti del governo di Karzai per il rilascio delle persone in questione.
Quindi nessuno ha proferito parole contrarie a questa gestione, né tra i media né tra le fila dell’opposizione né tra quelle della maggioranza di governo.
Ma, una volta tornato a casa sano e salvo Mastrogiacomo, ecco emergere l’innata e squallida ipocrisia che contraddistingue il nostro Paese con le raffiche di dichiarazioni contro il governo per come ha gestito il sequestro, per il fatto di aver implicitamente riconosciuto i talebani, per aver svenduto la credibilità e la dignità nazionale dell’Italia.
Ipocrisia sparsa a piene mani anche in seguito alle dichiarazioni di un anonimo funzionario dell’amministrazione USA che ha criticato il governo italiano per aver costretto Karzai a liberare cinque “terroristi talebani”. Un’ipocrisia che conferma ancora una volta l’assoluto asservimento del nostro Paese ai voleri della potenza americana, gettando indirettamente altro fango anche sulla memoria di Calipari con il malcelato auspicio – fortunatamente irrealizzato - di un remake del finale del sequestro di Giuliana Sgrena.
Finora però non c’è stata in merito alcuna presa di posizione ufficiale del governo USA, mentre si sa solo che il giorno della liberazione la Rice si era dichiarata compiaciuta con D’Alema per l’esito positivo della vicenda. Ma anche se dovesse esserci, non farà altro che aumentare a dismisura questa oscena ipocrisia.
Ci si chiede perciò qual è il significato che certa stampa, l’opposizione parlamentare e anche esponenti della maggioranza di governo – Di Pietro e Bonino per esempio - danno al concetto di dignità nazionale, di credibilità di un Paese, della sua eventuale inaffidabilità e umiliazione.
Chi adesso spara ad alzo zero contro il governo avrebbe dovuto farlo durante i giorni di prigionia di Mastrogiacomo dicendo con onestà a chiare lettere che il governo non doveva assolutamente fare tutto il possibile per liberarlo, dal momento che era ben evidente l’equazione tra “tutto il possibile” e il rilascio degli uomini richiesti dai rapitori.
Ma quando prevale l’ipocrisia anche la memoria svanisce di colpo, come nel caso di chi era al governo fino a un anno fa, e in particolare sulle modalità di gestione a quell’epoca dei sequestri di italiani. Negli scorsi anni infatti si sono pagati riscatti milionari, che poi sono ovviamente serviti per acquistare armi, e in cambio della liberazione di Clementina Cantoni - sequestrata in Afghanistan - c’era stato anche un rilascio di persone da parte delle autorità afghane.
Non basta. Si ha pure la sfrontatezza di paragonare il sequestro di Mastrogiacomo con quello dei due tedeschi in Iraq, affermando che si sarebbe dovuto adottare la stessa posizione della Merkel che non si piega ai ricatti. Dimenticando però che al governo tedesco è stato chiesto il ritiro delle truppe tedesche dall’Afghanistan, richiesta che era stata fatta anche al governo italiano nei primi giorni del rapimento.
Il 10 Marzo infatti Dadullah avrebbe detto al telefono ad un giornalista afghano della France Presse “Entro sette giorni il governo italiano dovra' fissare una data per il ritiro dei suoi soldati dall'Afghanistan”. E a questa richiesta il governo italiano ha ovviamente risposto picche, come ha fatto la Merkel. Né più né meno.
Vedremo comunque come si risolverà il sequestro dei due tedeschi in Iraq e come il governo tedesco, che si dichiara "irritato" per i cinque talebani rilasciati, gestirà fino alla fine la vicenda.
Ma tornando al Belpaese, tutta questa ipocrisia a 360 gradi si esplicita così platealmente guarda caso proprio a pochi giorni dal voto al Senato sul rifinanziamento della missione militare in Afghanistan; mettendo in luce come sempre la piccolezza meschina e provinciale del nostro Paesello, che non perde occasione per buttarla nella caciara della nostra politichetta interna.
Comunque, nella malaugurata ipotesi che qualche altro italiano venga in futuro sequestrato in un teatro di guerra, è sicuro che per l’ennesima volta non si alzerà alcuna voce che dirà chiaramente nei giornali o in Parlamento ”Il governo non deve cedere alle richieste dei rapitori e non deve mobilitarsi per ottenere la liberazione dell’ostaggio. Lasciamolo pure crepare”.
Enrico Sabatino