56 morti in un colpo solo, di cui 32 bambini e 14 donne.
Se fossero state le vittime di un razzo libanese, a quest'ora il mondo starebbe discutendo se sia il caso di sganciare una mini-atomica su Beirut. Non è un paradosso verbale, non è una metafora, è la pura realtà. Se 56 israeliani, di cui la maggioranza donne e bambini, fossero stati così vigliaccamente uccisi oggi, in questo momento l'indignazione nel mondo sarebbe stata portata, dai sapienti media "globali", a un tale punto di ebollizione che Israele riceverebbe carta bianca da tutto l'occidente per radere al suolo l'intero paese confinante. E probabilmente non solo quello.
Invece i morti sono civili libanesi, per cui Israele "si scusa", dice che "da lì vicino sono partiti dei razzi", e nessuno fa una piega.
Ma il Ministro della Difesa libanese Elias Murr, intervistato da Al Jazeera, ha negato a Israele anche questa vergognosa giustificazione, dicendo che nessuna base Hezbollah si trova nelle vicinanze del rifugio distrutto: "What do you expect Israel to say? - ha detto Murr - Will it say that it killed 40 children and women?" ("Che cosa vi aspettate che dica Israele, che ha ucciso 40 donne e bambini?").
Chi in queste occasioni ha il potere di parlare ma tace, si rende automaticamente complice di queste stragi ... ... di queste stragi assolutamente ingiustificate e ingiustificabili. Questo significa che oltre al governo israeliano gli assassini sono, in primo luogo, George Bush e Condolezza Rice, che hanno dato platealmente luce verde per la prosecuzione dei bombardamenti, e poi tutti quei ministri degli esteri e capi di governo di tutte le altre nazioni che avrebbero un minimo di peso se si schierassero apertamente contro questa carneficina, ma che hanno preferito, per qualche loro motivo, accodarsi silenziosi agli ordini di scuderia e fingere di non vedere.
Complici consenzienti di tali crimini sono quindi, ufficialmente, i signori Massimo D'Alema e Romano Prodi per l'Italia, il signor Putin e il suo Ministro degli Esteri per la Russia, il signor Zapatero e il suo ministro degli Esteri per la Spagna, il signor Blair (che parla tanto ma se volesse potrebbe di certo influire in maniera più efficace sulle decisioni di Bush), e via via tutti gli importanti personaggi che appunto tacciono pur avendo la possibilità di influire in qualche misura sullo stato delle cose.
Ma la più grande responsabilità, dopo Israele, ricade naturalmente sulle spalle desolatamente strette del presidente americano e della sua ex-consigliera in materia estera, Condolezza Rice, che appaiono chiaramente ostaggio di forze ben più grandi di loro.
E non sono solo i 56 morti di oggi, o i 700 morti dall'inizio di questa nuova battaglia, a pesare sulle loro coscienze, ma anche tutti quelli che moriranno in seguito al chiaro cambiamento di umore che in queste ore è in corso nel mondo, e soprattutto in Medio Oriente, contro gli Stati Uniti.
Diventa difficile infatti a questo punto che i paesi arabi cosiddetti "moderati" (Giordania, Egitto, Arabia Saudita) vogliano continuare ad esprimere il loro già flebile dissenso contro i cosiddetti "fondamentalisti" (l'asse Iran - Siria - Hezbollah), mentre il grande collante su tutto lo scacchiere sta chiaramente diventando la ripugnanza che qualunque essere umano prova di fronte ad azioni di questo genere, ed al loro relativo avallo da parte americana.
Sugli altri fronti, l'Afghanistan è tutt'altro che "democratizzato", mentre in Iraq la situazione è ormai chiaramente fuori controllo: proprio ieri Rumsfeld, che stava silenziosamente cercando di riportarsi a casa qualche soldatino di nascosto, ha dovuto annunciare un nuovo aumento del contingente americano sul territorio, a causa di una nuova ondata di violenza interna, che soltanto due giorni fa a Baghdad ha lasciato sul campo oltre 40 morti. La presenza militare americana in Iraq tornerà cosi a galleggiare intorno alla spaventosa cifra di 130.000 unità.
Altro che "Mission Accomplished".
Ma la vera tragedia è che quei 130.000 non basteranno comunque, come non ne basterebbero il doppio, il triplo o il quintuplo.
E' semplicemente impensabile portare via la terra a chi la abita - che si chiami Palestina, Sierra Locandona o Cecenia - senza andare incontro ad un bagno di sangue assoluto, che terminerà solo quando l'ultimo abitante di quella terra sarà stato ucciso dall'invasore.
E l'accoppiata sionista-neocons sta facendo di tutto in questi giorni per amalgamare dei popoli - quelli arabi - che fino a ieri avevano avuto il loro punto debole proprio nell'incapacità di coordinarsi per dare agli avversari delle risposte forti e compatte.
Di questo passo invece finiremo per vedere presto un'insurrezione armata dell'intera regione - sciiti e sunniti, laici e fondamentalisti, tutti uniti contro il comune nemico - che avrebbe sviluppi incontrollabili e conseguenze inimmaginabili.
Il Medio Oriente rischia di diventare il nuovo Viet-Nam per l'intero Occidente. Per l'intera nostra civilità.
Massimo Mazzucco