Di Pëtr Romanov
Con gli ulteriori sviluppi dello scandalo del gas tra Ucraina e Russia diventa sempre più evidente la componente politica del conflitto. Innanzitutto si tratta di un aggravamento della crisi politica interna dell'Ucraina, dove la Rada chiede già l'impeachment del presidente e le dimissioni del governo. E se la seconda ipotesi è improbabile la prima è in linea di principio possibile, perché qui si ritrovano uniti sia Janukovič, sia i comunisti ucraini, sia il blocco Julija Timošenko. Ma anche se l'idea dell'impeachment non dovesse passare, lo scandalo del gas rappresenterà il colpo di grazia per la carriera politica di Juščenko. Non so con cosa sia stato avvelenato in passato il presidente ucraino, ma adesso ha inghiottito una buona dose di gas avvelenato.
Sono sempre più evidenti i danni politici subiti anche dalla Russia, in seguito ai non meno evidenti danni economici. Considerando la vicenda dalla prospettiva di Mosca e di primo acchito si ha l'impressione che Gazprom e le autorità russe abbiano battuto l'Ucraina nel guadagnarsi le simpatie europee. Di fatto però sarebbe più accurato discutere su quale delle due – la Russia o l'Ucraina – susciti all'infreddolito e irritato consumatore europeo meno antipatia. La reazione è del tutto comprensibile: la casalinga europea vuole che nella sua cucina arrivi il gas, e poco le importa chi sia colpevole della sua assenza, se Kiev o Mosca. Per quanto riguarda i politici europei, benché comprendano la situazione su un altro livello sono comunque notevolmente orientati in senso antirusso. E restano inclini a chiudere un occhio quando si tratta di Juščenko, dato che per loro non è Mosca ma l'Ucraina a rappresentare un potenziale futuro membro dell'Unione Europea e della NATO.
In ultima analisi, si tratta già di grande politica e di un'enorme gatta da pelare per la Russia, … … se si immagina che una situazione in cui l'Ucraina si rifiuta di far passare il gas russo diretto in Europa. E non per una settimana o due, ma per sempre. Naturalmente anche all'Ucraina è necessario il gas russo, ma se prevarrà il corso antirusso il nostro vicino potrà decidere proprio in quel senso. Il gas e il carbone ucraini e l'acquisto in Europa del mazut [nafta pesante, N.d.T.] permetteranno all'Ucraina di sopravvivere. Simili impedimenti nella filiera energetica, naturalmente, rallenteranno lo sviluppo economico dell'Ucraina, ma in passato la psicosi antirussa ha condotto anche altri paesi fino a questo punto. In ogni caso il vecchio detto dei nazionalisti ucraini – “mi caverò un occhio perché mia suocera abbia un genero orbo” – a quanto pare non turba nessuno.
Se la situazione si evolverà in questo senso a restare sconfitte saranno sia l'Ucraina sia la Russia, che in un periodo di gravissima crisi mondiale perderà l'importantissimo mercato europeo e dunque anche un afflusso di valuta nelle proprie casse. Il gasdotto Nord Stream nel migliore dei casi sarà operativo solo nell'autunno del 2011, e per allora (se il transito attraverso l'Ucraina verso l'Europa in questo lasso di tempo verrà bloccato) i nostri clienti europei si saranno già orientati verso altre fonti energetiche e verso altri fornitori.
Naturalmente in questo scenario c'è un terzo perdente, ed è l'Europa. Rinunciare al gas russo così, all'improvviso, rappresenterebbe una grande perdita per l'economia europea e per una serie di paesi sarebbe semplicemente una catastrofe.
Chi trae beneficio da tutta questa confusione? Una possibile risposta sta in una documento appena apparso sulla stampa russa e firmato dall'Ucraina e dagli Stati Uniti. L'Izvestija è entrata in possesso di un testo firmato in dicembre dal ministro degli esterni Vladimir Ogryzko e dal Segretario di Stato americano, la “Carta sul partenariato strategico”. Nel documento si dice che Washington aiuterà l'Ucraina a modernizzare i gasdotti ampiamente logorati del paese. Naturalmente Kiev ha tutto il diritto di decidere chi rimetterà a nuovo la rete di gasdotti ucraina. Però è facile supporre che non si firmi una “Carta sul partenariato strategico” solo per dei lavori di ammodernamento. Inoltre simili documenti spesso sono semplicemente la punta dell'iceberg. I temi più importanti si discutono fuori protocollo.
Appare dunque del tutto verosimile in linea di principio l'ipotesi espressa dal vicepresidente di Gazprom Aleksandr Medvedev. Secondo Medvedev si ha l'impressione che “tutta la commedia che va in scena in Ucraina venga diretta da un paese”. In altre parole, l'apparente illogicità e irrazionalità del recente comportamento dell'Ucraina si spiegherebbe molto semplicemente: Kiev persegue coerentemente piani concordati con l'amministrazione Bush.
La logica di questa ipotesi può essere multipla. Non è solo un modo per legare a sé più strettamente l'Ucraina, ma anche una politica di contenimento della Russia. Infine potrebbe anche trattarsi di un'azione antieuropea. Nella politica dell'Unione Europea cominciano a essere troppi gli aspetti che non rispondono agli interessi degli Stati Uniti: un'economia europea competitiva – del tutto inappropriata dal punto di vista dell'amministrazione Bush – l'attività del presidente francese al tempo dei fatti di agosto nel Caucaso, l'appello agli Stati Uniti di alcuni attori europei di considerare attentamente le proposte del presidente russo sulla riforma del sistema di sicurezza europeo, e via dicendo.
La nuova amministrazione Obama vorrà continuare questo gioco antirusso ed antieuropeo? Questa è una domanda cui è ancora difficile rispondere. Giudicando dai segnali indiretti, è improbabile.
Comunque sia, è già chiara una cosa: l'arma del gas, che è stata proibita molto tempo fa a fini bellici, a quanto pare ha trovato una nuova nuova nicchia di impiego, la politica. In una situazione di crisi mondiale questo è particolarmente pericoloso e ben poco saggio. Del resto, come è noto, l'uscente amministrazione Bush non è stata caratterizzata da una grande saggezza.
Pëtr Romanov
Articolo Originale (14/1/2009)
Traduzione di Manuela Vittorelli per
Tlaxcala