Trovo i cortei e le manifestazioni come quella di ieri qualcosa di assolutamente inutile e ridicolo insieme.
Inutili, perchè se non c’è una richiesta precisa da portare avanti non si ottiene comunque niente in ogni caso. Nella migliore delle ipotesi si sfila pacificamente, si urlano quattro slogan, ci si dice “volemose bbene”, e si torna a casa belli contenti di essersi sfogati in piazza. Nella peggiore delle ipotesi ti becchi qualche manganellata, ti sloghi una caviglia scappando, oppure se hai sfiga qualcuno ti brucia la macchina mentre tu sfilavi nella strada accanto. Ma comunque non avrai ottenuto niente, e lunedì torni al lavoro esattamente come prima.
Ridicoli, perchè è semplicemente metafisico che la gente vada in strada a protestare contro le stesse persone che ha mandato al governo, con il proprio voto, qualche mese prima. Davvero non lo sapevi, che nemmeno questa volta le riforme non le avrebbero fatte, che i posti di lavoro non sarebbero aumentati, e che avresti dovuto tirare la cinghia come prima? E allora, se lo sapevi e li hai votati lo stesso, ora di cosa ti lamenti?
Ben diverso invece è quando si tratta di scendere in piazza per un motivo preciso. Sta per passare una legge inaccettabile, il governo manda i nostri soldati ad invadere altre nazioni, oppure vogliono raddoppiare di colpo il prezzo della benzina – allora in quel caso scendi in strada, fai sentire la tua voce, e se i numeri sono abbastanza forti il governo si ritrova obbligato a fare marcia indietro. Ma questi sono casi speciali, ed è in questi casi che una manifestazione può ancora rivelarsi utile.
Mentre andare così, a marciare per dire “cazzo uniamoci, è ora di dire basta”, … … è roba che si faceva 40 anni fa. Io stesso ho partecipato alle manifestazioni del ’68, e ricordo bene la grande emozione nell’urlare a squarciagola “compagni cordone, arriva la pula!” Ma quello era il 1968, non c’era Internet, la TV aveva due canali soltanto, la radio libera non esisteva ancora, e l’idea di potersi ritrovare tutti in piazza, di potersi contare, di rendersi improvvisamente conto di quanti fossimo, era qualcosa di assolutamente emozionante e travolgente.
In quel periodo il gesto stesso di scendere in piazza significò la nascita di un movimento che prima non c’era, perchè non avevamo modo di comunicare fra di noi. Pensate, per organizzare una manifestazione bisognava mettere mano al ciclostile, per poi andare a volantinare di scuola in scuola, di porta in porta, di fabbrica in fabbrica.
Oggi fra facebook, telefonini, twitter e messaggini, il “movimento” esiste già, perchè ci conosciamo già tutti prima ancora di arrivare in piazza.
Quindi, invece di ricreare la barriera umana fatta di corpi fisici – nostalgica magari, ma ormai inutile - cerchiamo oggi di creare una barriera delle menti, ferocemente unite sulle idee in comune. Oggi le informazioni le abbiamo, e non abbiamo più bisogno di scendere in piazza per sentire le nostre spalle accanto a quelle di qualcun altro.
Oggi sono le tempie che vanno messe una accanto all’altra, se davvero vogliamo riuscire a riprenderci la vita che ci viene negata.
Massimo Mazzucco