GLI HOBBITT ESISTEVANO DAVVERO
Un altro duro colpo per il darwinismo classico.
di Massimo Mazzucco
Una recente scoperta archeologica ha nuovamente sconvolto il già confuso mondo della paleoantropologia, dove sempre più di frequente emergono reperti che buttano all'aria tutte le più comuni teorie correnti, per fare posto ad altre, tanto innovative quanto improbabili.
Quella annunciata ultimamente da National Geographic è una scoperta che riguarda l'isola di Flores, in Indonesia, e viene a confermare delle voci che da tempo immemore girano sull'isola, e che fino ad oggi erano considerate solo superstizioni: l'esistenza di minuscoli esseri umani, che si aggiravano tranquilli per i meandri delle locali foreste tropicali, in un passato nemmeno tanto lontano. Ebbene, degli scavi recenti hanno portato alla luce proprio dei reperti fossili appartenenti ad ominidi che hanno tutte le caratteristiche del moderno Homo Sapiens, con una piccola diferenza: sono alti come un bambino di tre anni.
L'altro aspetto sconvolgente del ritrovamento, è che questi "hobbit" avrebbero vissuto fino a circa 13.000 anni fa - praticamente l'altroieri, in paleoantropologia - il che suggerisce… … un'eventuale condivisione del territorio, appunto, con i nostri antenati sapiens-sapiens.
Ma al di là della conferma delle leggende - diceva Einstein: "Sotto ogni antica massima si cela una profonda verità scientifica" - i ritrovati pongono anche dei notevoli problemi alla teoria evolutiva in sè.
Diventa infatti difficile spiegare l'evidente "regresso" nelle proporzioni dell'ominide, quando già da centomila anni abbondanti circolava per il pianeta il nostro predecessore, noto come homo sapiens.
Qualche scienziato ci ha provato, avanzando l'ipotesi che la vita sulle isole, dove sia il cibo che lo spazio per cacciarlo sono limitati, imponga un adattamento all'inverso, con riduzione progressiva delle misure corporee. Il tempo effettivo di permanenza sull'isola dell'ominide, però, che è stato calcolato in circa 800.000 anni, imporrebbe di partire da un esemplare che era appena "erectus", ed è quindi molto difficile pensare ad un'evoluzione locale che sia stata di progresso e di regresso insieme. Questa teoria cozza inoltre contro un altro fatto assodato: sull'isola di Flores esistevano anche degli elefanti nani, perfettamente proporzionati al nostro Homo Floresiensis, e che vantavano una permanenza storica sull'isola molto simile.
L'unica soluzione accettabile, ad oggi, sarebbe quella di uno scienziato pazzo, che col suo raggio misterioso avrebbe ridotto tutti gli esserei viventi a misure minime come quelle.
La verità che emerge da tutto ciò è ben altra: la teoria evolutiva è, ed è sempre stata, una teoria. Ma mentre l'evoluzione in sè è un fatto assodato (le specie mutano geneticamente, nel corso dei millenni, e questo non si discute), l'evoluzionismo, che dovrebbe spiegare nel contempo anche il meccanismo di adattamento progressivo all'ambiente - la "finalità" delle modifiche - non è assolutamente in grado di farlo.
Volendo infatti attribuire al semplice caso le infinite mutazioni genetiche favorevoli, mancano sempre all'appello i miliardi e miliardi di presumibili mutazioni sfavorevoli, che avrebbero dovuto verificarsi all'interno di un corretto calcolo statistico.
Ovvero, detto in maniera paradossale: dove sono i resti degli elefanti a cui la "casuale mutazione genetica" ha regalato delle gambe da fenicottero, invece di quelle robuste dell'elefante vivente, portandoli quindi all'estinzione prevista dalla "legge del più forte?"
Dove sono i fossili dei delfini che invece di "venire" affusolati come quelli viventi, si ritrovavano con un corpo perfettamente cubico e con delle zampe da ippopotamo al posto delle pinne, ed erano quindi incapaci di nuotare abbastanza veloci da sfuggire agli squali?
E dove sono i fossili degli umani - volendo - a cui la "casuale mutazione genetica" ha regalato le mani sulla schiena, gli occhi attaccati alle caviglie, e il pisello attaccato al collo?
Massimo Mazzucco