Ricordo di aver dato l’addio al calcio (tifato) molti anni fa: fu il giorno in cui lessi che un certo Vieri prendeva di stipendio una cifra con la quale si sarebbero potute costruire dieci scuole pubbliche, con tanto di piscina e campo da golf. E temo che oggi la cosa posso essersi solo centuplicata.
Ma quell’addio – che fu tanto doloroso (parla uno che ricorda ancora ogni istante di Inter-Independiente del ’64, 1-0 gol di Corso nei supplementari e-vài-Mariolino!) quanto completo ed irreversibile - non lo diedi perchè la cosa “faceva schifo” e basta, ma perchè mi resi conto che faceva schifo grazie a me. Ero io che davo quei soldi a Vieri, senza rendermene conto, e questo divenne per me inaccettabile.
In fondo, avrei anche potuto arrivarci prima, ma offuscato com’ero da quel “rigore grosso come una casa che continuavano a negarci ogni domenica”, non me n’ero mai accorto: quando uno decide ... ...magari di non andare al cinema, e stare tranquillo in casa a guardare la TV, pensa di essersi risparmiato, oltre alle lunghe code al parcheggio, e alla ressa del sabato pomeriggio, anche una bella trentamila.
Ma nel momento stesso in cui tocchi il telecomando, tu quei soldi li hai già spesi tutti. Sembra sempre che la pubblicità sia fatta per influenzare “gli altri”, per “le masse”, come se noi fossimo più furbi, e delle masse non facessimo parte. E invece, senza ora stare ad approfondire, dei suoi effetti ne risentiamo più o meno tutti. Se no, molto semplicemente, non la farebbero. A nessun industriale piace gettare i suoi miliardi guadagnati con tanto sudore (quasi mai della sua fronte, peraltro) per trenta ridicoli secondi in TV.
Ma se a loro volta le TV possono chiedere quei miliardi all’industriale, per quei trenta ridicoli secondi, è perchè la partita che mettono in onda evidentemente attrae abbastanza gente da valere la pena di spenderli. Ma perchè ci sia tanta gente che guarda quella partita, bisogna prima creare il mito, la passione (o la distorsione, chiamala come vuoi), perchè di certo il semplice "piacere di vedere una bella partita" non basta più.
Entrano quindi in scena le principesse della domenica: i calciatori del nuovo millennio. Burberi e bellefighe insieme, odiati ed osannati, alternano lo sputo all’orecchino come i due momenti di massima espressività esteriore. Non più soltanto atleti dediti anima e corpo alla disciplina sportiva che amano, i nostri calciatori ormai sono diventati vere e proprie starlettes a tutto tondo, sia dentro che fuori dal campo. Anzi, a volte guardandoli in faccia sembra quasi che il momento di giocare gli dia persino un pò fastidio. Tocca sudare, in fondo, spettinarsi il magico ciuffo, e a volte tocca pure farsi del male vero. Per fortuna il tormento dura solo una novantina di minuti, durante i quali faremo di tutto per inscenare la massima dedizione con il minimo sforzo, e poi via, una bella doccia, mezzo chilazzo di gel, e possiamo tornare tranquillamente al nostro vero mestiere, quello di pubbliche entraineuses.
Sono loro, in realtà, che da tempo fanno l’audience, non più il calcio come sport in sè. Se domani si giocasse un Inter-Milan con 22 giocatori sconosciuti, ma bravissimi, allo stadio non ci vanno nemmeno gli spazzini per pulire le scalinate.
E questo i giocatori di oggi lo sanno benissimo, perchè saranno magari anche grezzi, ma i loro conti li sanno fare bene. Lo sanno che ormai il “sistema”, al punto in cui è stato deformato, ha assoluto bisogno di loro. E siccome la natura umana è debole, ecco uscire le beghe infinite, gli atteggiamenti da primadonna, e soprattutto quegli ingaggi da capogiro a cui appunto io contribuivo, come un cucù, quando aspettavo ogni Domenica Sportiva come l'arrivo del Messia settimanale.
Nè è un caso che il trinomio calcio-potere-TV si sia da tempo materializzato nella persona del nostro attuale Primo Ministro: è da quando il potere è stato inventato, che è stato necessario inventare anche un canale di sfogo per indirizzarvi regolarmente le periodiche “ebollizioni” popolari, in modo che non ti si ritorcessero mai contro. Una volta c’erano i gladiatori, oggi ci sono le star del calcio. Una volta c’era il leone nella fossa, oggi c’è la fossa dei leoni.
Ma i coglionati siamo sempre noi, “de pipol”.
Massimo Mazzucco