Che esista gente che vive mangiando cibo recuperato dai bidoni della spazzatura, non ha mai fatto notiza nel mondo. Ma l'esistenza di una nuova categoria di persone che lo fa per principio, è già stata più volte un argomento in primo piano, sui media americani.
Il loro nome, "freegan", nasce dalla consonanza col termine
vegan (pronunciato "vigan"), che a sua volta è la contrazione di vegetarian. Ma mentre il
vegan, come noto, non mangia carne e derivati, il free-gan è libero di scegliersi la dieta che vuole. In compenso però, il cibo si rifiuta di comperarlo. Mangia quello che riesce a trovare in avanzo, e non perchè non abbia i soldi, ma perchè vuole combattere, con questo gesto altamente simbolico, lo "spreco della società moderna".
Pare che in effetti, negli Stati Uniti, finiscano in pattumiera ogni anno circa 600 chilogrammi di scarti alimentari per ogni cittadino (non solo di "avanzi" del piatto, ovviamente, ma di prodotti comperati e solo parzialmente consumati).
Ecco allora spuntare gruppetti di strane persone - soprattutto ragazzi, ma anche avvocati, ... ... dottori e professori - che bazzicano intorno alle cucine dei ristoranti, intenti a recuperare tutti gli scarti commestibili che andrebbero altrimenti all'inceneritore. (Sempre che non siano già finiti nelle polpette destinate ai clienti del giorno dopo).
Ma non è solo sul cibo che è caduta questa sua drastica scelta esistenziale. Il freegan cerca generalmente di limitare al massimo ogni suo contributo al ciclo produzione-consumo, che ritiene ormai in preda a una spirale senza ritorno, e sostiene quindi ogni forma possibile di riciclaggio. E così dai cassoni della spazzatura saltano fuori CD usati, scarti di sartoria, pattini senza più rotelle e vecchi comodini da riverniciare. E poi riviste, apparecchiature per la casa, attaccapanni, scarpe, strumenti musicali, libri, biciclette, e qualunque altra cosa faccia parte del ciclo del cosiddetto "consumismo".
Una volta recuperati, i diversi materiali vengono raccolti presso dei veri e propri centri organizzati, che stanno proliferando un pò dovunque negli States. Qui vengono "ricondizionati" al meglio delle loro possibilità, e poi rimessi in circolo - spesso gratuitamente - attraverso le varie pubblicazioni tipo "secondamano", su carta o via Internet.
E se proprio i freegan vogliono realizzare qualcosa dal loro operato - come nel caso dei metalli da riciclare, ad esempio - lo tornano a vendere alle stesse corporation che vorrebbero boicottare evitando l'acquisto dei loro prodotti.
Nemici dichiarati dell'automobile, soprattutto per la sua dipendenza dal petrolio, i freegan cercano di viaggiare esclusivamente in treno, autobus, a piedi o in autostop. E quelli che la macchina devono per forza comprarsela, la convertono immediatamente al consumo di olio vegetale.
Anche la casa, per il freegan, è una vittima del ciclo usa-e getta. Eccoli allora prendere possesso di edifici fatiscenti o abbandonati, riportarli a un minimo di decenza, per poi abitarli, in maniera non molto diversa dalle comunità hyppie degli anni '70.
In generale, il freegan si contraddistingue dal totale rifiuto dell'attuale sistema economico, del quale preferisce essere un peso morto, piuttosto che contribuire in qualunque modo alla sua sussistenza.
Il lavoro quindi, per il freegan, è il tabù per eccellenza, ed avendo ridotto al minimo indispensabile le proprie necessità, molti di loro riescono in effetti a campare senza far niente.
Se però non sono ancora dei profeti di un "mondo nuovo", sono certo qualcosa di più di semplici barboni che abbiamo trovato in sistema elegante per fare di necessità virtù.
Un dubbio però aleggia sull'intera faccenda: visto che i media ufficiali stanno parlando così "simpaticamente" di questo fenomeno (questo indicatore raramente fallisce la diagnosi), non sarà che nell'occuparsi così meticolosamente di recuperare le briciole di un sistema all'interno del quale vivrebbero in ogni caso, i freegan finiscono per rendere un grandissimo servizio al sistema stesso? E non sarà, soprattutto, che questo nuovo "movimento" possa tornare utile per incanalare - e poi imbrigliare - le nascenti forze giovanili, sempre più scontente di una società che fatica sempre più a regalarci anche solo qualche etto di felicità?
Massimo Mazzucco
(Non abbiamo potuto pubblicre la registrazione della puntata di RSA, in cui si parlava di questo argomento, perchè è risultata tutta "spezzettata" a causa di un cattivo collegamento in rete).