E' IL CAPITALISMO IL VERO COLPEVOLE DEL BLACK-OUT
di Massimo Mazzucco
Prima l'emergenza, poi accuse e controaccuse, ora infine, lentamente, emerge la verità.
Quando è saltata la corrente a Manhattan, il novanta per cento della gente ha subito pensato ad un attacco terroristico. Ma pare che pochissimi abbiano perso la calma. Condizionati evidentemente dall'imprinting indelebile dell'11 Settembre, i newyorkesi si sono messi diligentemente ad aiutarsi l'un l'altro, a prestarsi cellulari, a tirare fuori passeggeri dal subway, a soccorrere da porta a porta donne incinte o vecchietti che ansimavano senza più aria condizionata.
Intanto i media si chiedevano come avesse potuto succedere una catastrofe di tali dimensioni. Qualcuno sosteneva che un fulmine avesse colpito una centrale in Canada, nella zona dei Grandi Laghi. Ma il Canada negava, dicendo che era stato invece un incendio nella centrale ConEd, nello stato di NY, a scatenare il tutto. Pochi minuti dopo Con-Ed smentiva anch'essa, ed additava a sua volta le linee in direzione dell'Ohio, come causa prima di quell'effetto-domino che ha messo in ginocchio tutto il Nord-Est americano - 50 milioni di persone, un'intera Italia - nel giro di pochi minuti.
E già all'alba del giorno dopo, nel furibondo duello di accuse fra repubblicani e democratici... .. si cominciava a sentir parlare di sistema al limite, di rinnovamenti mai effettuati, di tecnologie obsolete, di progetti di legge bloccati a vicenda, in un classico schema di giochi e ripicche nel quale, come al solito, ci andava di mezzo il cittadino che tutti i giorni prende il metro per andare a lavorare.
Ma anche lì, dopo la solita tonnellata di veleno, in cui ciascun partito si mostrava perfettamente d'accordo nell'aver individuato il colpevole - l'altro - diventava chiaro che non si sarebbe riusciti a cavarsela impiccando un governatore quà o un senatore là.
Il problema, alla luce dei fatti (è proprio il caso di dirlo), è enorme, è di tutti, e la colpa, paradossalmente, non è di nessuno. O meglio, è del sistema capitalistico stesso, specialmemte quando esposto a deregulation selvaggia come lo è stato negli ultimi anni quello dell'energia elettrica in America.
Il problema fondamentale dell'energia elettrica è che è difficilmente conservabile, e bisogna quindi produrla e consumarla in tempo reale. Ma è anche vero che, qualunque sia la zona di territorio servita da una certa centrale, essa non avrà mai un bisogno costante di energia nell'arco delle 24 ore, nè tantomeno in quello dei dodici mesi dell'anno. I condizionatori vanno al massimo in Agosto, ma nessuno li usa in Marzo, e le sere richiedono ovviamente molta più corrente di quanta ne abbisogni la stessa città non illuminata. Inoltre ci sono giorni in cui tutti vanno a dormire presto, ed altri in cui la gente sta su a guardare la TV o a far bisboccia fino alle tre del mattino. Ci sono poi le inevitabili emergenze, come il TIR che ti abbatte un traliccio e di colpo un'intero quartiere rimane al buio.
Ecco che allora, invece di avere una centrale che gira al massimo per tutto l'anno (con costi proibitivi) a qualcuno viene in mente di collegare la propria rete a quella del vicino, e poi magari a quello accanto ancora, per scambiarsi reciprocamente corrente in casi di bisogno.
Vengono fuori così, nell'America anni '80, delle piccole "isole" elettriche (grids, ovvero reti, maglie, griglie), servite da tre, quattro o cinque centrali insieme, che si supportano a vicenda e risparmiano tutte nel conteggio finale. Anche perchè i prezzi di compravendita sono strettamente regolati dal governo, e nessuno può approfittarsi più di tanto dei problemi dell'altro, nè venirne poi punito con doppio strozzinaggio quando la fortuna girasse dall'altra parte.
Ma l'appetito vien mangiando, e presto le varie isole cominciano a scambiarsi occhiate invitanti l'una con l'altra. Ed anche con quella sopra (Canada) o quella sotto (Messico). E perchè no, Guatemala, Brasile, o Patagonia. Questo però comporta la liberalizzazione dei prezzi, che ovviamente i federali non possono più pensare di controllare. Insomma, attaccati tu che mi attacco io, fammi lo sconto tu che te lo faccio anch'io, si arriva alla fine a collegarsi fra gruppi di centrali che stanno dalla parte opposta del mondo, per poter sfruttare in pieno, a livello globale, il vantaggio notte/giorno.
Ed in teoria avremmo oggi un sistema perfetto, in cui il mondo intero produce l'esatta quantità di energia di cui abbisogna, scambiandosela reciprocamente di continuo, senza mai produrre un solo watt in eccesso.
Non dimentichiamo però che, nel mondo degli adulti, scambiare vuol dire vendere, e che, in quello occidentale in particolare, guadagnare vuol dire vincere. E così, grazie alla deregulation, le lotte fra i vari "gruppi elettrogeni" nel mondo diventano scontri fra titani, in cui ci va di mezzo, come sempre.....
Ne sa qualcosa la California di Gray Davis, che un paio di estati fa, grazie alle manipolazioni di mercato della Enron (dietro cui c'era quasi ecrtamente il vice-presidente Cheney), ha dovuto acquistare centinaia di gigawatt sul libero mercato, e a prezzi non proprio di favore. (La crisi economica della California, che oggi rischia di travolgere Davis nella elezione di recall, è partita proprio da mani limpide e disinteressate come quelle di Cheney e dei suoi amici della Enron).
Non solo quindi il coltello fra i denti ha rimpiazzato l'arcaico tendersi la mano, ma la guerra al prezzo (e quindi la produzione risicata al limite) è tale, che è bastato si fulminasse la valvola di un qualche vecchio televisore nell'Ohio, e a New York è scoppiato il finimondo.
L'unica consolazione, cinica soltanto in apparenza, è che almeno da oggi ci sono due newyorkesi in più che sanno cosa voglia esser costretti a vivere come gli iracheni: senza corrente, nell'estate soffocante, con mezza bottiglia d'acqua tiepida tenuta gelosamente fra le mani. E quando la corrente tornerà, e con aria condizionata e birretta ghiacciata si guarderanno un TG dall'Iraq, forse un ragionamento in più potrebbero anche farlo.
Massimo Mazzucco