di Maurizio Blondet
Addio locomotiva dell’economia globale. La Cina cade in recessione. Ineluttabilmente. La sua leadership “potrà dirsi fortunata se riuscirà a ridurre la sua crisi ad una mera stagnazione con crescita zero o quasi nei prossimi dieci anni. Sarà un successo politico”: così il professor Zhiwu Chen della Yale University in una riunione del Council on Foreign Relations, ha proposto come modello quasi ideale – in confronto al peggio che può accadere a Pechino – il tristissimo “Decennio Perduto” del Giappone, con le banche zombificate tenute in vita col cannello dalla banca centrale.
Ciò farà rallentare la crescita globale a un 2%, che è di fatto, recessione.
“La sola cosa che può fermare la Cina sulla via della recessione è un grosso stimolo di bilancio inteso ad aumentare i consumi, finanziato dal governo centrale, preferibilmente monetizzato dalla Banca centrale cinese”. Questo, l’ha detto Willem Buiter, economista-capo di Citigroup, nella stessa riunione del CFR.
Ambrose Evans-Pritchard del Telegraph, che
riporta le suddette dichiarazioni, nota: ciò equivale ad invocare che la Cina applichi la “Corbynomics”.
Corbynomics?
Jeremy Corbyn è il vecchio nuovo astro nascente della Sinistra britannica. Antico nemico di Tony Blair, sta scalando i sondaggi dando nuove speranze al Labour Party, con proposte economiche tipo: [...] –
rinazionalizzare gli asset svenduti dai precedenti governi, comprese le grosse banche, “senza indennizzo” agli attuali proprietari.
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Fare “Il quantitative easing per il popolo”: la Banca centrale britannica stampi denaro per metterlo in tasca alla gente, invece che per darlo alle banche onde queste lo prestino (con interesse) alla gente, come ha fatto finora.
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Pagare tutto ciò con aumenti delle tasse sulle grandi fortune. Se si pensa che il governo Cameron sta proprio adesso cercando di diminuire (ancora) le tasse di successione (ossia sui benestanti morti, dice la BBC), si può capire lo sconcerto.
Quanto l’Establishment abbia paura di Corbyn, lo mostra la forsennata campagna di diffamazione e calunnie che i suoi media, come a segnale ricevuto, gli stanno scatenando contro: è matto, un caso psichiatrico, è un rottame del passato socialista che i mercati hanno seppellito per sempre, le sue idee economiche porteranno tutti alla rovina. Ma soprattutto – specialissimo assassinio mediatico dell’uomo, il che significa quanto vogliamo eliminarlo – Corby è antisemita.
La prova del suo antisemitismo? Ha finanziato la fondazione “Deir Yassin Remembered” (che ricorda il primo grande massacro ebraico di palestinesi del 1948 nel villaggio di Deir Yassin, che spinse centinaia di miglia di arabi a cercare scampo nella fuga: l’inizio della presa delle loro terre), e questa fondazione è stata fondata da “Paul Eisen, negazionista dell’Olocausto”. Ciò significa, per la virtù transitiva, che anche Corbyn è negazionista dell’olocausto. Sorvolando sul fatto che Paul Eisen è un ebreo… quel che conta è assassinare politicamente Corbyn. Come ebbe a dire Pat Buchanan, chissà perché ogni volta che si propone una vera riforma della speculazione finanziaria, si viene accusati di antisemitismo.
Il fatto è che quaranta economisti di livello, nient’affatto comunisti, hanno preso posizione per Corbyn: ciò che propone – hanno scritto – è farla finita con l’austerità che porta deflazione, imposta al solo scopo di arricchire ancor più il capitale – che ha già preso troppo al lavoro. E’ una posizione sostenuta persino dagli studiosi del Fondo Monetario Internazionale, che non è un partito stalinista. Il suo obiettivo è incoraggiare la crescita.
Adesso anche uno come il capo-economista di Citigroup (un gruppo bancario fra i più speculativi) comincia a suggerire che la Cina applichi – per uscire dal buco in cui s’è cacciata – la Corbynomics, e lo faccia al Council on Foreign Relations, è il segno che anche negli ambienti che hanno imposto il “mercato globale” c’è la vaga sensazione che l’applicazione ulteriore della sua dogmatica ortodossa monetarista e privatista non possa più essere sostenuta. Lorsignori hanno memoria storica. Ricordano che la crisi del 1929 ebbe una ricaduta tragica nel 1937, rigettando il mondo in una nuova Grande Depressione; le riforme di Roosevelt, che non mettevano abbastanza in discussione il potere finanziario privato, si rivelarono pannicelli caldi. Ciò perché l’Establishment aveva impedito con successo idee veramente alternative, da quella di Fischer sull’abolizione della moneta-debito bancaria e la restituzione allo stato della sua esclusiva creazione, fino alla moneta deperibile di Gesell, o quelle di Keynes.
Anche oggi la crisi del 2015 che viene dopo la crisi del 2008 mai risanata, somiglia troppo a una replica della ricaduta del 1937, per non inquietare i capitalisti più avvertiti. Dall’applicazione spietata del capitalismo terminale in forma pura hanno ricavato tutti i vantaggi che potevano; adesso è una sorta di capolinea, mancano le idee, l’ulteriore imposizione delle loro ricette dogmatiche rischia di non porta più a nulla – se non al rischio, per loro, di perdere potere.
Lo strano paradosso del capitalismo terminale
“Capolinea” ha un senso preciso: in certo senso, un ritorno a caselle di partenza da cui il capitalismo senza freni è partito per la conquista (e la devastazione) delle società umane.
Considerate la stranezza della situazione presente. Lorsignori imposero a tutto l’Occidente la fine del “matrimonio fra banche centrali e Tesoro”, l’istituzione con cui la Banca centrale comprava le quote di debito pubblico che restassero invendute sul mercato finanziario; ciò metteva un calmiere al costo dell’indebitamento pubblico; il Capitale privato protestò che bisognava invece esporre i debiti pubblici ai “mercati finanziari globali”, perché questi sono organi infallibili per “scoprire il prezzo” di un debito di Stato, valutandone il rischio d’insolvenza. E così è stato. I “mercati” speculativi hanno guadagnato a più non posso. Gli interessi sono saliti, i debiti pubblici come quello italiano sono andati alle stelle…e adesso, che cosa accade? Che le banche centrali – ormai di proprietà del Capitale (Goldman Sachs) – calmierano, anzi sopprimono il costo.
Gli interessi sono così bassi, da creare bolle. Ma se si accenna ad aumentarli, Wall Street è la prima a lanciare alte grida: volete mandarci di recessione?! La speculazione non protesta più che così si sottrae al mercato la capacità di “dare un prezzo al rischio”; anzi, è contenta che le “sue” banche centrali sopprimano gli interessi. L’ultima emissione di debito italiano – dopo la crisi cinese, che avrebbe dovuto far rialzare i tassi sul nostro “rischio paese stra-indebitato” – è stata comprata, se non sbaglio, allo 0,70% di interesse: è un prezzo del tutto artificiale, prodotto dalla BCE. Molto più di quelli che si praticavano durante “Il matrimonio” fra Banche centrali e Tesori. Non è il “mercato” a decidere, ma il burocrate. Ancorché di Goldman Sachs….
Le banche centrali oggi rese indipendenti dalla politica creano triliardi di dollari ed euro a tassi minimi, comprano debito a man bassa. Ossia: fanno quel che il Capitale, ai bei tempi, accusava i politici di fare, “stampare” irresponsabilmente per le loro clientele. Sottrarre ai politici (ai governi, agli stati) il potere di stampare denaro dal nulla è la scusa morale con cui l’Establishment lo ha arraffato per sé, per le sue banche private (che creano il 95% del denaro circolante indebitando); adesso lo ha affidato alle “sue” banche centrali, proprietà loro. Ci ha guadagnato abbastanza, adesso non riesce più a guadagnarci. Nonostante l’inondazione di fiat money in corso, ancor più irresponsabile di quella degli stati, il Sistema resta incagliato alla deflazione. Perché? Perché le banche centrali hanno dato quei soldi creati dal nulla a tasso zero alle banche private, sperando che queste possano ancora indebitare un po’ la gente: non funziona più.
La BBC, per il Regno Unito, spiega: dal 2009 la Bank of England ha creato 375 miliardi di sterline (520 miliardi di euro) con cui ha comprato il debito pubblico, e tutto ciò che ha ottenuto è “un pochino di incremento marginale dei consumi” attraverso il noto “contorto meccanismo”, il truffaldino inghippo escogitato per far guadagnare ancora le banche e solo indirettamente “la gente”.
Allora perché non cominciare a saggiare la Corbynomics? Anche perché in Usa sorge un Donald Trump, in Francia il FN, in Europa “populismi” che potrebbero proporre alternative veramente altre: il ritorno all’autarchia, il 100% Money di Fischer, la nazionalizzazione delle banche, la sottrazione alla finanza di creare il denaro se non (Deus avertat) quelle riforme che fecero del Terzo Reich l’unica economia di successo nel grande gelo degli anni Trenta.
E allora perché non deliberare le idee del “rosso” Corbyn? Tanto più che come “quantitative easing per il popolo” questi non intende, come Beppe Grillo, mettere soldi direttamente nelle tasche della gente come reddito di cittadinanza. No. Come ha detto, lui intende “per esempio, dare alla Bank of England un nuovo mandato per alzare il livello della nostra economia investendo su abitazioni su larga scala, energia, trasporti, e progetti digitali”. E come ha precisato Richard Murphy, il primo consigliere economico di Corbyn (è un teorico della giustizia fiscale) , ciò si otterrebbe così: con la banca centrale che compra il debito emesso “da una nuova banca di investimento pubblica, il cui ruolo sarebbe di finanziare” tutte le infrastrutture di cui sopra, creando posti di lavoro e ammodernando la struttura economica.
“Questo non è il vecchio solito socialismo, è un pensiero radicalmente nuovo”, riconosce Robert Peston, direttore economico BBC; anche se magari qualcuno potrebbe trovarvi l’eco di una cosa italiana si chiamava Istituto della Ricostruzione Industriale con le sue tre banche nazionalizzate, e che la sinistra (da Prodi ad Amato ed oltre) ha smantellato regalandola ai privati, che le era stato ordinato dal Capitale. Naturalmente Preston si affretta ad aggiungere le formule prescritte dal dogma: il rischio è l’inflazione, il calo del valore della sterlina, il superindebitamento pubblico. Ma in un clima di deflazione il primo guaio sarebbe in parte un beneficio, il secondo un auspicio (più competitività per l’economia inglese),e quanto al terzo, un altro consigliere di Corbyn, Adair Turner (ex capo dell’Auhority dei Servizi Finanziari) propone che la banca centrale “faccia un passo in più rispetto al quantitative easing per le banche, e crei denaro per effettivamente annullare il debito”.
Se vi pare un’idea troppo ardita per il dogma liberista-monetarista, si sappia: Ron Paul ha proposto che gli Usa cancellino i loro 1700 miliardi di debito. Ciò potrebbe avvenire in modo che vi parrà inaudito, liberisti dell’ultima ora: “La Fed è legalmente autorizzata a restituire il debito al Tesoro, perché venga distrutto”: O, come ha specificato Ellen Brown, “Il governo può ridurre il debito prima riacquistandolo e poi cancellandolo. Il debito può essere riacquistato anche con ‘banconote senza-debito’, del genere di quelle emesse durante la guerra civile [i greenbacks]” da Abraham Lincoln. La moneta di Stato! Udite e scandalizzatevi.
Insomma: in Usa se ne parla, in Inghilterra la Corbynomics non sembra più tanto una bestemmia: l’Establishment sta calcolando quanto gli costerebbe, e se non gli costerebbe di più rischiare una rivolta sociale continuando ad imporre le ricette liberiste austeritarie…ricette che peraltro sono più di Berlino che di Londra, molto più pragmatica ed elastica, meglio dotata di memoria storica, e agghiacciata dal mostro che si sta rivelando la UE.
E in Italia?
Reduce dalla consueta regata estiva sul panfilo in competizione con gli amici miliardari di pari yacht, è tornato Massimo D’Alema. Il leader della sinistra intelligente, sceso dal panfilo, ha fatto un discorso pieno di rabiette e invidiuzze, come il suo solito. Ed ha dato una pugnalatina alla schiena a Matteo Renzi. E’ la sua specialità, pugnalare gli “amici”, chiedete a Prodi. E’ il suo storico apporto da statista.
Per la verità ha anche fatto una proposta alternativa. Meglio, una domanda: “Andremo alle elezioni con Alfano, Cicchitto e Verdini o cercheremo di ricostruire il centrosinistra? Quello con i conservatori è un abbraccio mortale, come si è visto con i socialisti greci. Io voglio capire, da studioso, cosa farà il Pd”. Insomma lui punta a una novità radicale: rifare l’Ulivo. Con SEL aggiunto, capeggiato da Vendola.
Criticatemi pure, ma mi succede questo: ogni volta che mi metto di buona volontà a scrivere contro Matteo Renzi, il Cacciapalle, appare D’Alema. O Bersani. Quelli che hanno dato la forza che non aveva a Mario Monti, quella sinistra che ha accettato ed eseguito gli ordini del capitalismo di rapina, dell’eurocrazia oligarchica, di Draghi, di Goldman Sachs, di Merkel… non è che ami Renzi. E’ che a criticarlo sia D’Alema, o Bersani il suo tirapiedi, che me lo fa preferire.
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