Marco Cedolin
Si sono consumati sabato, alla Camera e poi al Senato, i primi atti della nuova legislatura, attraverso l'elezione dei relativi presidenti. In perfetta sintonia con il trend oggi in voga, consistente nel dispensare a piene mani perline colorate ed illusioni di rinnovamento, il PD è riuscito, senza neppure dovere faticare troppo, ad imporre i propri candidati in entrambi i rami del parlamento, sfruttando il tanto vituperato "porcellum" che ha estrogenato a dismisura un partito che ha raccolto
solamente il 29% del consenso elettorale.
A presiedere la Camera è stata chiamata Laura Boldrini, donna in carriera dell'ONU, ben introdotta nel
circo equestre delle ONG e dei relativi profitti miliardari. A presiedere il senato è stato chiamato il giudice Pietro Grasso, ennesimo magistrato stufatosi di fare politica in sede giudiziaria e deciso a cimentarsi con il parlamento.
L'elezione della Boldrini e di Grasso, due figure tanto squallide quanto funzionali al sistema che garantisce loro il proprio status quo, non meriterebbe sicuramente altri commenti, se non fosse per la brutta caduta nella quale sono incorsi alcuni dei senatori a 5 stelle.... ... proprio in occasione dell'elezione di Pietro Grasso al Senato.
Esaurite le votazioni preliminari, durante le quali il Movimento 5 stelle aveva proposto e votato il proprio candidato, si è arrivati al ballottaggio fra il candidato del PD Pietro Grasso e quello del PDL Renato Schifani. Un ballottaggio per molti versi dall'esito scontato, stante la superiorità di seggi posseduta da Bersani in sede di Senato e l'intenzione di votare scheda bianca manifestata dai senatori facenti capo a Monti. Quella che a rigor di logica avrebbe dovuto palesarsi come una naturale astensione dallo schierarsi da parte dei grillini, in sintonia con il proprio programma e la scelta basilare di non appoggiare nessun personaggio di quella casta che vorrebbero spazzare via, è invece debordata in qualcosa di molto differente da una normale decisione scontata.
I racconti parlano di una riunione ad alta tensione, con tanto di urla e pugni sbattuti sul tavolo, durante la quale una parte dei senatori a 5 Stelle ha contestato la decisione della maggioranza di votare scheda bianca (in sintonia con le promesse fatte agli elettori), ritenendo che una volta messi di fronte al "meno peggio" fosse loro dovere sostenere Grasso, in quanto avrebbe puzzato meno di Schifani.
La realtà parla di una dozzina dei 53 senatori a 5 stelle che anziché astenersi hanno votato il candidato del PD (senza l), per puro spirito di sacrificio e per lo stesso spirito di sacrificio si sono sentiti in dovere di alzarsi in piedi ad applaudirlo una volta eletto.
Dal punto di vista pratico non è accaduto nulla di trascendentale, dal momento che Grasso sarebbe stato eletto anche senza i voti dei grillini ed il loro apporto può essere considerato superfluo.
Dal punto di vista politico è invece accaduto molto, in quanto alla prima votazione che contava qualcosa, una copicua parte dei senatori grillini ha dimostrato di non avere capito nulla, tanto del programma che dovrebbe portare avanti nel nome degli elettori, quanto del mantra che Beppe Grillo ha ripetuto in un centinaio di piazze italiane.
Se i candidati eletti da oltre 8 milioni d'italiani sotto il simbolo dei 5 Stelle dimostrano di non essere in grado di manifestare coerenza ed unità d'intenti, qualora posti di fronte ad un'elezione del presidente del Senato, il cui esito era oltretutto scontato, cosa capiterà quando arriveranno le cose serie?
Quando verrà presentata una nuova legge elettorale porcata la voteranno, perché altrimenti sarebbe come avallare il porcellum? Quando Bersani prenderà in giro gli taliani fingendo di tagliare i costi della politica lo sosterranno, perché comunque è sempre meglio della situazione attuale? Quando si tratterà di varare la porcata di turno, voteranno ad obtorto collo, per evitare comunque una porcata peggiore?
Se la partenza è stata di quelle con il piede sbagliato, c'è solo da augurarsi che Grillo sappia trovare la giusta maniera per fare rinsavire la sua truppa. La logica del meno peggio, oltre ad essere antitetica a tutto ciò che lui stesso ha urlato nelle piazze in campagna elettorale, è di quelle che non portano lontano. Per ora sorride solamente Bersani, consapevole del fatto che se fra qualche mese anche gli elettori grillini imiteranno alcuni loro senatori, si ritroverà con una marea di voti all'interno delle urne.
Marco Cedolin -
Il Corrosivo