Forse è venuto il momento, per quel che riguarda l'Iraq, di dare alle cose il giusto nome.
Qui non si tratta più di fare facili battute, dicendo che da oggi invasione armata si dice "missione umanitaria", e che allargare i mercati si chiama "esportare la democrazia".
Le parole che vengono messe in ballo oggi sono "successo", "maggioranza schiacciante", "trionfo della democrazia", "svolta storica", e tutte quelle altre formule roboanti a cui fanno ricorso i nostri politici per descrivere - mistificandola - l'approvazione della costituzione irachena appena avvenuta.
Se vi fosse stata una simile votazione in Italia, e ad esempio Umbria, Emilia e Toscana avessero votato compatte per il "no", ... ... il nostri governanti avrebbero comunque osato definirla "un successo"?
In un caso del genere, chi deve andare da Roma a Venezia, cosa fa? Va ad Ancona, lascia la macchina, e prosegue in traghetto per la Serenissima, o se la gioca tutta in macchina sull'Autosole, rischiando di venire crivellato di colpi da una banda di toscani appostati alle falde dell'appennino?
Perchè questa è la realtà in cui vive oggi l'Iraq. O c'è ancora qualcuno che vuole credere che le autobombe le mette Al-Queda?
Ma c'è di più. Questa situazione fratricida non soltanto è risultata, ma è stata voluta dagli americani, che in quanto a perversione in politica estera non si lasciano battere da nessuno. Ha già più di dieci anni un progetto neocons che vede la frammentazione dell'Iraq in tre parti ben definite, lungo la linea di demarcazione delle etnie che lo popolano. Al centro-sud, un grasso e corposo Iraq sciita, più facile da controllare e da accontentare, perchè prolifico di petrolio e quindi ampiamente "negoziabile". Al nord-ovest una sacca di kurdi, tenuti buoni con un tozzo di pane e la promessa di un paio di TV a colori, e infine, schiacciato fra sciiti e Iran, il triangolo sunnita da spremere e ricattare a piacimento, grazie alla mancanza di sbocco al mare, per chiunque indispensabile in quella regione.
Forse ci siamo già dimenticati come andarono le cose a Najaf: il martedì sera eravamo ad un assedio "che ormai stiamo per entrare e spacchiamo tutto quello che troviamo", mentre il mercoledi mattina le truppe si ritiravano in buon ordine, senza aver rotto nemmeno una tazzina di caffè, e senza dare spiegazioni a nessuno.
Nella notte c'era stato l'Ayatollah Al-Sistani, che aveva evidentemente ottenuto la promessa di guidare lui il paese (ottenendo una buona maggioranza sciita al momento della costituente), in cambio della fine degli attentati contro gli americani. E da quel giorno del sudatissimo Al Sad'r non abbiamo più sentito parlare.
Sarà infatti un caso, ma il 71 per cento con cui ufficialmente sarebbe passata la costituzione, non è che il 65 per cento degli sciiti nel paese, pompato un pò verso l'alto per non far coincidere le cifre in maniera troppo eclatante.
La perversione quindi, in questa sciagurata operazione Iraq, è stata multipla: mentre ci si diceva che si va a vendere democrazia, ed al suo posto si esportava morte, si fingeva poi di esserci riusciti (con la sceneggiata della costituzione), quando in realtà si era ottenuto lo scopo ultimo di scatenare quella guerra civile a cui si ambiva ormai da molti anni.
Di questo vergognoso inganno multiplo il nostro governo è stato complice fin dall'inizio, e ora cerca di coprire con le parole distorte la verità dei fatti, esattamente come i marines hanno coperto con gettate di cemento interi quartieri di Falluja, dopo averli rasi al suolo con bombe all'uranio impoverito.
Se anche qualche cittadino un pò più benevolo, oggi, vorrà perdonare i nostri governanti, credo che la storia farà molta più fatica a farlo.
Di certo io so una cosa: non voterò mai una sinistra che non si impegni ad una immediata dissociazione da questa vergognosa alleanza con la gentaglia di Rumsfeld, solo perchè sono "il meno peggio". Se non lo facessero infatti, che siano il meno peggio resta ancora tutto da dimostrare.
Massimo Mazzucco