COME FUNZIONANO LE ELEZIONI AMERICANE
Con una mappa, aggiornata ad oggi, dei sondaggi stato per stato, nei quali Bush è in leggero vantaggio.
Le elezioni americane funzionano decisamente male, e lo abbiamo potuto constatare proprio quattro anni fa, con il caso della Florida. Bisogna però riconoscere che, per l'età che hanno, è già un miracolo che funzionino del tutto. Quella americana infatti è stata la prima costituzione mai scritta nella storia (1793), e fu quindi la prima volta in assoluto che un gruppetto di "illuminati" si ritrovava a tu per tu con dei problemi certo non indifferenti - sia ideologici che tecnici - complicati inoltre dal fatto che la nazione fosse appena uscita da una lacerante guerra civile, le cui ferite non si sono ancora rimarginate del tutto nemmeno oggi.
Il primo principio che fu stabilito - e che oggi sembra tanto una banalità - fu "one person, one vote". Ma dal dire al fare… In quel periodo infatti non solo non c'erano i fax, la radio o l'internet, ma non c'era nemmeno ancora il telegrafo (stava venendo inventato proprio in quegli anni), e quindi l'unica soluzione a cui si riuscì a pensare fu che ciascuno stato mandasse a Washington dei delegati, lasciando a loro… … il compito di finalizzare l'elezione vera e propria. (Ancora oggi, infatti, nessun cittadino americano vota per un presidente, ma per un delegato del suo stato che si è impegnato, se eletto, ad andare a Washington a votare per quel presidente).
Ma come eleggere i delegati, e quanti ne poteva mandare ciascuno stato? I padri fondatori in questo furono decisamente federalisti, per non dire che se ne lavarono letteralmente le mani: come scegliete i vostri delegati non ci interessa, dissero, sappiate solo che ogni stato ne avrà diritto in numero direttamente proporzionale alla sua popolazione.
Poteva anche sembrare un'idea geniale, snella e poco impegnativa, ma in realtà è proprio quella scelta che sta alla radice di tutti i problemi odierni. Provate infatti a pensare, all'atto pratico, cosa succede quando dici a uno stato come l'Arkansas, ad esempio, che ha diritto a sei delegati: lui come te li manda? Tre repubblicani e tre democratici? Oppure pensa ad uno stato come il Montana, che ne può mandare solo tre: cosa fa? Ne manda uno che giura di votare repubblicano, uno che giura di votare democratico, e il terzo che giura di essere indeciso?
Ecco allora che, con la solita sofisticatezza di un popolo che non conosce le vie di mezzo, i "Padri " dissero: va bene, facciamo che uno o lo stato lo vince o lo perde tutto, i delegati sono tutti suoi, e non se ne parla più.
Da allora però sono passati più di duecento anni, il numero degli stati è più che raddoppiato, e la popolazione è almeno quintuplicata. E così i delegati a disposizione, detti anche "voti elettorali", oggi sono diventati 538, e ce ne vogliono quindi 270 per potarsi via la presidenza.
Ecco come si è arrivati ad una situazione in cui un candidato vince in California, ad esempio, e si porta a casa tutti i 55 delegati che vale quello stato (il più popoloso di tutti), mentre l'altro vince l'Arizona e si porta a casa solo i dieci che spettano a quello stato.
Ma c'è di più, perchè è proprio qui che scatta la possibilità - verificatasi infatti nel 2000, fra Gore e Bush - in cui un candidato riceva il maggior numero di voti in assoluto, in tutta la nazione, ma alla fine perda la presidenza.
Facciamo un esempio con tre stati a caso (le cifre sono inventate): Oregon, 5 milioni di abitanti = 50 delegati. Texas, 3 milioni di abitanti = 30 delegati. New York, 2 milioni e 300.000 abitanti = 23 delegati. I delegati disponibili sono quindi 103, e ce ne vogliono 52 per vincere la Casa Bianca.
Diiciamo che Bush prenda il 99 per cento dei voti in Oregon, il 49 per cento in Texas, e il 49 per cento nello stato di New York. A occhio, prima di fare i conti, le elezioni le ha perse o la ha vinte?
Adesso fate i conti: quanti voti effettivi ha portato a casa Bush in tutto? E quanti delegati si è preso? E da dove gli arriva quella pernacchia lontana, che ricorda tanto la voce di John Kerry?
Eccola qua, la grande democrazia formato esportazione: è bacata addirittura nel sistema elettorale stesso.
Che poi i giochi siano di tutt'altra natura, e che il vero principio in realtà sia diventato "un dollaro, un voto", è ovviamente tutt'altro discorso. Ma era interessante rimarcare quella stessa forma mentale, spietatamente bipolare, assolutamente incapace di compromessi, che anche oggi vediamo quotidianamente in azione, in Iraq come sull'intero scacchiere della politica estera americana.
(Mica per niente gli Stati Uniti sono l'unico posto al mondo dove nel calcio il pareggio non esiste. Se per caso arrivi al novantesimo sullo 0-0, vai avanti magari anche un mese, ma finchè uno non segna un gol a casa non si torna).
Massimo Mazzucco
Nella cartina la situazione ad oggi, 28 Ottobre, secondo i sondaggi più recenti della CNN. Quelli in blu o in rosso sono gli stati che si ritengono ormai sicuri.
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