Una volta rivelato, con il ruzzolone del governo Prodi, il "trucco" dell'alternativa elettorale, si pone per il cittadino l'angosciante dilemma di uscire da un vicolo cieco, che sembra non offrire soluzione apparente.
Finchè esisteva la possibilità - o perlomeno l'illusione - di sceglere un "meno peggio", si riusciva ancora a tirare avanti, ideologicamete parlando, in attesa di tempi migliori. Ora invece sarebbe fin troppo facile suggerire l'astensionismo propositivo, cioè il voto "per nessuno" (scheda bianca, o suo equivalente), contrapposto al non-voto vero e proprio, che rappresenta un segnale di resa al sistema stesso.
Ma non voglio perorare questo tipo di scelta, per una serie di motivi che comprendono l'averlo già fatto in passato, con risultati disastrosi dal punto di vista della divisione interna, e quindi favorevoli, paradossalmente, al sistema stesso. (cont.) Suggerisco invece di cercare di inquadrare il problema arretrando di qualche passo, e allargando quindi la visione al di sopra della stessa classe politica.
Come infatti molti hanno intuito, la classe politica non è che una rotella di un meccanismo molto più complesso e più subdolamente sofisticato, e rappresenta solo uno specchietto per allodole sul quale far convergere dissensi e malumori popolari, creando appunto nel cittadino l'illusione che "cambiando" i personaggi al governo si possano davvero influenzare le sorti della nostra società.
Ma la vera piramide del potere, a livello mondiale, nasconde il suo vertice in strati molto più remoti e inaccesibili dell'atmosfera (ogni riferimento a certo simbolismo occulto è del tutto casuale).
Le sorti di questa recente umanità sono state decise, nell'ultima loro svolta storica, in un lontano quanto preciso giorno di quasi un secolo fa. Era il 23 dicembre 1913 quando la potente lobby dei banchieri - Rotschild, J.P. Morgan, Rockefeller - convinse un Senato dimezzato dalle vacanze natalizie a votare il noto "Federal Reserve Act", che rimetteva nelle loro mani il diritto esclusivo di coniare la moneta nazionale, togliendo la prerogativa allo stesso governo americano.
Non ci volle molto a capire che da quel momento le sorti del popolo americano - e quindi, indirettamente, di tutto il mondo - erano state messe nelle mani di un gruppo di privati come tanti altri: chi infatti cercasse oggi la "Federal Reserve" americana, non la trova negli elenchi governatvi, ma sulle Pagine Gialle, poco più sotto della Federal Express. Alla pari cioè con qualunque altra impresa privata.
E non solo questi privati con la res publica, appunto, hanno ben poco da spartire, ma per loro il governo diventa automaticamente il primo e ultimo "cliente" da spennare.
E così fanno da quel giorno, sistematicamente, "prestando" al popolo americano, tramite il suo governo, della carta di colore verde scuro, che pretendono essere ripagata, con i dovuti interessi, con il sudore e il sangue di ciascun lavoratore.
Va da sè che questo permette loro di decidere anche chi debbano essere, di volta in volta, i politici che dovranno occuparsi di tenere sotto controllo la popolazione, affinchè non si accorga del meccanismo perverso di cui è rimasta schiava, mentre continui ininterrottamene a produrre - non potendo così occuparsi d'altro - poichè impegnata a portare a casa quel minimo necessario alla propria sussistenza. Minimo che penseranno gli stessi banchieri a manipolare, dosando sapientemente i rubinetti dell'emissione monetaria da un lato, e dell'inflazione del mercato dall'altro.
Come scrisse con acuto cinismo Mayer Rotschild, "datemi il controllo dei soldi di una nazione, e non mi interesserà minimamente sapere chi sia a fare le leggi".
Naturalmente, quello che avviene nel Nuovo Continente avviene anche - in forme più o meno simili - in quello Vecchio. E più la globalizzazione procede, più la differenza fra i vari sistemi si fa minima. Quello che in America è la Federal Reserve, per noi è la Banca d'Italia, quello che per loro sono i banchieri storici, per noi lo sono certe multinazionali dal nome dorato, quello che per loro è l'alternativa fra Gore e Bush, da noi è la scelta fra Prodi e Berlusconi, eccetera eccetera.
Se quindi si provava angoscia prima, nel constatare l'impotenza del cittadino di fronte alla farsa elettorale, ora bisognerebbe semplicemente legarsi una pietra al collo, e correre alla ricerca del primo strapiombo che si riesce a trovare.
Ma la storia dell'uomo ci insegna che nulla è inevitabile, e che più è ampio il teatro dell'azione, maggiore è il numero delle variabili che entrano in gioco.
E in questo caso veniamo proprio da un episodio, Vicenza, che non può non essere messo in correlazione con la recente caduta del governo, e quindi, per estensione, con l'inceppamento - seppure momentaneo - del meccanismo di "distrazione di massa" chiamato democrazia parlamentare.
Proprio a Vicenza infatti si è avuto la conferma che le variabili in gioco siano talmente tante, da aver dato un esito del tutto imprevisto, e difficilmente prevedibile: nell'alternativa fra gli "incidenti col morto" (sconfitta dei pacifisti) e una manifestazione tranquilla e ordinata (vittoria dei pacifisti, ma fine a se stessa), nessuno aveva pensato che si verificasse quella giuntura popolare di tipo "trasversale", fra i cosiddetti pacifisti-no-global-alternativi-ecologisti-spaccamarroni e i sedicenti "interventisti" alla armiamoci-e-partite, che ci ha portato a titolare il nostro articolo "a Vicenza hanno vinto gli italiani".
Il governo, teatrino delle marionette ora smascherato, ha dovuto mostrare la sua nudità ad un popolo che ha, grazie a questo, iniziato a ritrovare una sua lontana identità, superando una volta tanto la falsa barriera ideologica che lo vorrebbe diviso in fazioni contrapposte. E se questo è avvenuto, si può tranquillamente dire che il merito sia stato, prima di tutto, dell'informazione alternativa. Non si comprende altrimenti come possa essere avvenuto un tale risveglio, visto l'ammorbante tentativo di copertura e distorsione operato ininterrottamente dai media nazionali nelle giornate di Vicenza.
L'informazione "è" potere, e non siamo certo noi i primi a dirlo.
Ma se questo potere è stato acquisito dalla popolazione, qualcun altro deve necessariamente averne perso in quantità uguali. Nell'Universo, lo sappiamo, "nulla si crea e nulla si distrugge".
"Saltiamo" quindi a più pari la classe politica, e immaginiamola inginocchiata al cospetto dei suoi veri padroni, che si prende contrita le bacchettate sulle mani per aver svelato il trucco in maniera fin troppo palese, con relativa perdita del "potere di inganno" del meccanismo stesso.
E' vero che è il padrone del teatrino a gestire lo spettacolo, ma se un giorno il pubblico a teatro non ci viene più, a chi la raccontano la loro consunta favoletta della giustizia e della democrazia?
Massimo Mazzucco
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