di Massimo Mazzucco
10.06.04 - I più fedeli amici degli americani, e l’unico gruppo etnico sulla cui terra non sia stato ucciso un solo marine, sono rimasti solennemente fregati proprio dal sorriso al dentifricio di Paul Bremer: nelle festosità generali per la nuova risoluzione ONU, che è scritta con sufficiente ambiguità da permettere a tutti di cantare vittoria, gli unici che non hanno appigli per farlo sono proprio i kurdi.
Minoranza etnica che si aggira sul 15% della popolazione, sono gli unici musulmani del paese a non essere arabi. Sarà per questo, o sarà per altri motivi, ma tutto ciò che avevano ottenuto in questi mesi di dure trattative a tre (con sciiti e sunniti) è sfumato d’un colpo nella mano conclusiva: la costituzione ad interim, che era stata faticosamente redatta con l’accordo di tutti, prevedeva il diritto di veto, da parte dei kurdi, su qualunque decisione che li riguardasse in quella definitiva. Questo era equivalso a conferire loro uno status di assoluta parità, seppur nella minoranza numerica, a livello nazionale. Peccato che la risoluzione ONU si sia poi completamente dimenticata di confermare... ... la validità della costituzione ad interim riguardo al processo della costituente. Ecco quindi che i kurdi vengono improvvisamente messi da parte, ed i giochi, da qui a gennaio, si faranno solo fra i sunniti, 25% della popolazione, e gli sciiti di Al-Sistani, circa il 60%. I cari kurdi nel frattempo possono tornare a pascolare le loro pecorelle.
Che alla loro guida ci fosse un debuttante assoluto, lo avevamo già sottolineato (link in coda), ma che si facessero fregare così platealmente è stata una vera sorpresa. Così come lo è stata la loro reazione all'approvazione del documento - estremamente calma e matura - dei loro leader, nonostante quel passato di ingiustizie e sofferenze, sotto Saddam, che imponeva ora per loro un risarcimento ben più che simbolico.
Due sorprese consecutive impongono almeno un ragionamento: visto che ad uscirne vincente è stato Al-Sistani (link in coda), sembra chiaro inanzitutto che il sacrificio kurdo è stato il prezzo che gli americani hanno dovuto pagare al santone sciita perchè li togliesse dalle rogne di Najaf e Falluja. Senza di lui infatti, sarebbero ancora là nella sabbia a sentirsi fischiare le pallottole fra le orecchie.
E’ quindi a sua volta probabile che la mansuetudine dei kurdi sia in realtà il segno che hanno in mano una buona arma di ricatto. Per quanto impensabile, infatti, qualcuno ha fatto ventilare la possibilità che essi abbandonino addirittura il governo provvisorio, il che getterebbe immediatamente nel caos l’intero paese.
E' quindi probabile che i leader kurdi abbiano comunque ottenuto, sottobanco, delle garanzie sufficienti – o dei privilegi personali? - per accettare la pubblica umilazione senza protestare più di tanto.
In questo caso, se davvero in Iraq un giorno arriverà la “democrazia”, sapremo con certezza che è stata preceduta di gran lunga dal germe maledetto della “politica”, e da questo inquinata anch'essa fin dall'inizio.
Massimo Mazzucco
SCELTI I PROTAGONISTI PER LO SCENEGGIATO DI MEZZ'ESTATE
Che cosa dovrebbe succedere in Iraq dal 30 Giugno in poi.
MAI FARE I CONTI SENZA L'AYATOLLAH
Fa effetto rileggere oggi quelli che erano gli equilibri di forza in Iraq solo lo scorso novembre, quando comparve sulla scena il capo spirituale degli sciiti.