Mentre siamo qui a trastullarci con ideologie utopiche di un futuro “senza stato”, nel quale l’individuo sappia comportarsi in maniera civile e rispettosa verso gli altri anche senza il rischio della galera, la Cassazione si è arrogata addirittura il diritto di attribuire una diversa valenza allo stesso termine, a seconda della persona a cui venga riferito. Non si fatica a vedere come questa specie di "classismo semantico" presto potrebbe evolversi in un vero e proprio darwinismo linguistico, da appaiare con grande nonchalance a quello sociale già imperante. Riportiamo per intero il
breve articolo dell’ANSA di oggi:
“Dare del fascista ad un comune cittadino è "certamente offensivo. Al contrario se il destinatario del termine è un politico, allora è semplice esercizio di critica ideologica. La V Sezione Penale della Cassazione -sentenza 29433 - si è così espressa in merito ad un ricorso proposto da un consigliere comunale di Crotone contro la sentenza della Corte d'Appello di Catanzaro che lo condannava per ingiuria avendo dato al sindaco di Crotone del "fascista nel senso più deteriore della parola" durante un consiglio comunale. Il consigliere aveva fatto ricorso sostenendo che la sua non era stata un'offesa ma una critica politica. Gli ermellini hanno dato ragione al consigliere sostendendo che con il termine fascista "non si fa altro che richiamare un'ideologia ed una prassi politica che è stata in passato propria di molti italiani".
Sul piano politico, precisa la Corte, "si intende stigmatizzare, da parte degli avversari politici, un comportamento ritenuto arrogante e antidemocratico, improntato cioé a scarso rispetto nei confronti degli oppositori politici, oltre che reazionario nelle scelte di politica sociale. E' un termine, quindi, che consente sinteticamente ed efficacemente, di esprimere una valutazione sull'operato di un pubblico amministratore". Tuttavia i giudici precisano che nel caso di un 'comune cittadino' sentirsi dare del fascista è certamente offensivo perché "mira a dipingere lo stesso come arrogante e prevaricatore".
Curiosa davvero, questa interpretazione, in quanto non solo si arroga il diritto di un giudizio storico improntato a valori come "democratico" o "reazionario" che non starebbe alla Corte esprimere, ma introduce una variable non da poco nel nostro stesso linguaggio quotidiano: il destinatario, nel particolare aspetto del suo ruolo sociale.
Per fare il caso più banale di tutti, se quindi la signora Rossi di mestiere fa la prostituta, ... ... io posso tranquillamente chiamarla “puttana” nel bel mezzo della piazza - anche se magari sta uscendo da Messa - mentre con lo stesso termine offenderei a morte la signora Bianchi, che magari fa regolarmente la sporcacciona con il vicino di casa, ma “di mestiere” è una onorevolissima dottoressa.
Oppure potrei dare del rimbecillito ad un vigile che lascia passare una macchina col rosso (perchè non ha fatto il suo mestiere, che è quello di essere “vigile”, appunto), ma non potrei farlo con il conducente dell’auto, perchè lui di mestiere fa il poeta, e quindi è autorizzato a essere “con la testa fra le nuvole”.
Si potrebbe andare avanti a trovare esempi all’infinito, ma la forzatura logica della Cassazione è tale che non necessita di ulteriori dimostrazioni.
Viene anzi in mente lo scambio fra “Aglieglie Brazorf” e il controllore che sul tram esige di vedere il suo biglietto (nella nota scenetta di Aldo Giovanni e Giacomo):
Quando Brazorf, il “terùn” (Aldo), si offende perchè il controllore gli ha dato del deficiente, il controllore (Giovanni) gli spiega con nordica razionalità: Le ho dato del deficiente perchè lei “deficie”, nel senso che non ha il biglietto.
E allora sa cosa le dico? – risponde Brazorf imbufalito – Le dico che lei è un imbecille, perchè “imbelle”!
Si potrebbe a questo punto andare a trovare il Giudice che ha emesso la sentenza, e dargli tranquillmente in faccia del cretino, del corto di cervello, dell’incapace di intendere e di volere, se non addirittura del cerebroleso.
E se lui per caso se ne avesse, gli si dice tranquillamente: Guardi che io non intendevo affatto offenderla. La mia era solo una critica tecnica del suo operato: lei non è nemmeno in grado di rispettare il più semplice e fondamentale principio su cui si basa il suo mestiere, che dice – almeno mi sembra - “la Legge è uguale per tutti”.
Ma è qui il vero punto dolente della faccenda: le leggi dovrebbero servire, prima di tutto, a proteggere il cittadino dagli abusi e dalle prepotenze altrui – e per “altrui” si intende anche lo stato, ovviamente - invece di venire usate contro di lui, “in nome dello stato”, da parte di un qualunque altro cittadino, solo perchè lui sulla spalla porta l’ermellino.
D’altronde, non era proprio la Cassazione che aveva riconosciuto che Sofri era innocente, ma che ormai non si poteva più liberarlo, a costo di gettare nel ridicolo le istituzioni?
Ecco, appunto, così invece le si fanno rispettare.
Massimo Mazzucco