In una serie ormai nota di collegamenti di tipo pavloviano, appena ho sentito delle bombe in India, ho pensato "terrorismo". Appena pensato "terrorismo", mi sono detto "Al-Queda". Appena detto "Al-Queda", ho pensato "CIA". E appena pensato "CIA", mi sono chiesto "perchè?"
Alla ricerca della risposta, mi sono buttato in rete, mentre cercavo di mettere in ordine le varie idee che mi cominciavano a saltare in testa da tutte le parti. Un termine soprattutto, continuava a martellarmi le tempie, anche se non riuscivo a capirne il perchè: Bhopal. Union Carbide. Dow Chemical. 20.000 morti in 20 anni. Avevo nella mente, parcheggiata in qualche oscuro angolo della memoria, un'immagine di Colin Powell che fa tappa in India, tre o quattro anni fa, durante un improvvisato e poco comprensibile tour nel sudest asiatico. Chissà perchè collegavo quel ricordo alla parola "debito", e quella parola appunto alla tragedia di Bhopal. Ricordo vagamente di aver archiviato nella memoria, in quell'occasione, … ,,, il concetto di "responsabilità" e il concetto di ricatto, sempre da parte di Powell, che in qualche modo faceva capire che non avrebbe mai pagato quel debito, a meno che non avesse ottenuto quello che voleva in quel momento. Che non capivo assolutamente cosa potesse essere, ma che mi aveva portato a pensare che Powell non fosse in realtà il ministro degli esteri americano, ma un semplice emissario civile, mandato sul luogo da grossi interessi privati, che usavano l'ufficialità internazionale come semplice paravento per delle trattative assolutamente private.
In fondo, ero già arrivato alla conclusione, per altre strade, che la guerra in Afghanistan non fosse che il risultato di una diatriba privata fra due potenti gruppi industriali americani, in cui uno di questi - quello capitanato da Cheney - era andato a prendersi con la forza ciò che evidentemente spettava all'altro, utilizzando la scusa della caccia a bin Laden in nome e in difesa della nazione americana.
E fra l'Afghanistan e l'India c'è di mezzo il Pakistan, e fra il Pakistan e l'India c'è, naturalmente, il Kashmir. Ricordo anche di aver concluso, dopo un viaggio ufficiale di Musharraf a Washington, che il Pakistan avesse concesso l'appoggio logistico all'esercito americano - che sperava di piegare l'Afghanstan senza mettere fisicamente piede sul suo territorio - in cambio di armamenti costosi e sofisticati, che evidentemente non si poteva permettere altrimenti. Ricordo in particolare un Musharraf piagnucoloso e infantile, che in piena conferenza stampa, deluso dall'incontro con Bush, lamentava di voler portare a casa "almeno due F-16" che evidentemente il presidente gli aveva promesso.
Avevo capito che dopo la prova di forza con le esplosioni atomiche sotterranee, Musharraf voleva pareggiare la sua forza militare con quella dell'India anche a livello non-atomico, e nel farlo aveva messo in chiara difficoltà gli Stati Uniti di fronte al governo di New Dehli.
A complicare ancora l'equazione, ci furono in seguito gli attentati al parlamento indiano, che vennero prontamente inquadrati dai media - perfettamente allineati, anche questo mi colpì molto - nello scontro diretto fra India e Pakistan, che poi non è altro che l'estensione moderna dello storico conflitto fra musulmani e hindu, che fin dal millennio scorso, in quella regione, è letteralmente costato la vita ad alcuni milioni di persone. Roba da far apparire le Crociate come una qualunque scazzottata di paese.
Guardando le fotografie dei treni sventrati di Bombay, queste erano le mille immagini che mi tornavano alla mente, e si accavallavano in ogni direzione, alla ricerca di un senso che non riuscivo a trovare.
Ma la frustrazione per non riuscire a capire, la rabbia che mi dava la consapevolezza di non avere in mano nemmeno un centesimo delle informazioni necessarie per farlo, lentamente è stata sostituita da un'altra sensazione, molto più tranquilla - anche se molto più amara - di rassegnazione, se non di sconfitta totale.
Sconfitta, di fronte a qualcosa che non potrei mai spiegarmi anche se di informazioni ne avessi mille volte di più, perchè - avevo capito - i parametri della logica che governa quegli eventi non sono i miei parametri.
Io non so cosa voglia dire pagare 470 milioni di dollari di risarcimento per la tragedia di Bhopal, perchè non saprei mai assegnare un valore economico alla vita umana. Io non so cosa voglia dire proteggere spudoratamente un Warren Anderson - il dirigente della Union Carbide responsabile di quel disastro - perchè non saprei mai negare l'estradizione di qualcuno, quando sia sacrosanto concederla. Io non so cosa voglia dire stringere accordi segreti con l'amministrazione americana, perchè non potrei mai scambiare il futuro e il destino del mio paese per due F-16 e qualche carro armato in più.
Io non so cosa voglia dire mettere una bomba su un treno, perchè non potrei mai pensare di far morire un solo innocente, anche se questo mi dovesse procurare il dominio sull'intero universo.
Massimo Mazzucco