Che significato può avere, di fronte al mondo, un processo supportato dalle Nazioni Unite contro un certo signor Kang Kek Ieu, di nazionalità cambogiana, per una “violazione dei diritti umani” avvenuta oltre 30 anni fa?
Kang Kek Ieu, meglio conosciuto come Duch, era un esponente di medio livello del gruppo di guerriglieri che presero il potere in Cambogia nel 1975, i “famigerati” Khmer Rossi, capeggiati dall’altrettanto famigerato Pol Pot. E’ stato il film “The killing fields” a raccontare al mondo la ferocia di questi guerriglieri, che sono accusati di aver massacrato due milioni di civili cambogiani – per la maggior parte intellettuali e borghesi delle grandi città – nel tentativo di instaurare una forma di “socialismo agricolo” in Cambogia.
Ma nel frattempo Pol Pot è morto, gli altri leader Khmer sono scomparsi nel nulla, e per portare alla sbarra Duch, che era il direttore di una prigione in cui sarebbero stati detenuti e torturati 17.000 civili cambogiani, ci sono voluti oltre sette anni.
Ora Duch è stato incriminato, e finirà probabilmente per pagare con una condanna esemplare per crimini che sicuramente ha commesso, ma la cui origine è da ricercare – come al solito - molto più in alto.
Gli Khmer infatti erano una creazione della Cina di Mao, che stava cercando di bilanciare il successo dei russi in Indocina, ... ... ottenuto con il ritiro delle truppe americane dal Vietnam, un anno prima.
E fu così che il Vietnam, paese comunista, si ritrovò ad invadere la Cambogia, altro paese comunista, semplicemente perchè da Mosca avevano deciso di non permettere a Mao di estendere il proprio controllo su quella zona del continente.
Piccoli uomini, quindi, scatenati contro altri piccoli uomini, usati come pedine dalle grandi potenze che prima costruiscono queste false “nazionalità locali” – il Vietnam, la Cambogia - illudendole di avere un’indipendenza che in realtà non avranno mai, e poi le usano, le une contro le altre, esattamente come a scacchi si sacrifica un alfiere pur di mangiare il cavallo avversario.
Vengono in mente personaggi come Augusto Pinochet, Eric Priebke, Slobodan Milosevic, o lo stesso Saddam Hussein, semplici pedine di giochi molto più grandi di loro, ai quali alla fine si cerca di far pagare le conseguenze di un progetto di conquista mal riuscito, con l’instaurazione di questi fantomatici “tribunali internazionali”, talmente lenti e improbabili che alla fine la maggior parte degli imputati riesce a morire prima di comparire davanti al giudice.
E se per caso riesce a comparirvi - come nel caso di Milosevich - gli si tappa la bocca prima che le sue parole gettino nel più totale ridicolo il già previsto verdetto finale.
Ma sono tutte sceneggiate assolutamente vuote, prive di qualunque fondamento di diritto internazionale, e intese esclusivamente ad appagare in qualche modo la memoria lacerata dei sopravvissuti, regalando al mondo, attraverso i media, una manciata di giustizia collettiva da qualche lira.
Sceneggiate che traggono ispirazione dalla madre di tutte le messinscena, il tribunale di Norimberga, in cui gli stessi americani che avevano allevato Hitler come cane da guardia contro Stalin si ritrovarono accanto a quest’ultimo a processare i caporioni del Fuhrer sopravvissuti.
La verità non sta solo nel fatto che “la storia la scrivono i vincitori”, ma anche nel fatto che questi ultimi si dimenticano regolarmente di indicare i veri mandanti dei mastodontici crimini commessi ogni volta.
Massimo Mazzucco