Mai come durante la cerimonia di apertura dei giochi olimpici di ieri, a Torino, si è avuta chiara la sensazione di quanto antiche siano le Olimpiadi. Non stiamo parlando dei giochi olimpici originali, quelli tenuti in Grecia fin dai tempi di Sparta e Atene, ma delle Olimpiadi come le abbiamo conosciute negli ultimi decenni del secolo scorso.
Già quelle erano lontane anni luce dai giochi originali che volevano replicare, ma ciò che è accaduto dopo il 2001, e che ci separa dal secolo scorso con un baratro ogni giorno più profondo, rende gli stessi giochi olimpici di dieci o venti anni fa qualcosa di assolutamente improponibile nelle ore che stiamo vivendo. Se gli eccessi della commercializzazione di fine secolo avevano deformato le discipline sportive fino a renderle puro spettacolo, gli orrori di oggi ci hanno permesso soltanto di vedere con maggiore chiarezza gli errori di ieri.
Uno spreco offensivo di risorse, un inutile sfarzo tristemente illusorio, ... ... una patetica coreografia ispirata solo a se stessa, cercavano in tutti i modi di ravvivare un sogno del quale conosciamo ormai troppo bene i risvolti più crudeli: la grandiosità di cartapesta, la felicità a comando, il benessere a tutti i costi - la grande menzogna veicolata dal televisore - hanno da tempo lasciato nelle nostre anime lo spazio ad altri pensieri, molto meno illusori e molto più ingombranti.
Su tutte, un'immagine precisa è parsa sintetizzare, in un solo istante, gli estremi inafferrabili di questa nostra suprema sconfitta: l'ex-fotomodella Carla Bruni, che avanza diafana sotto l'occhio delle telecamere, portando fra le braccia la bandiera italiana ripiegata. L'incarnazione di un antica illusione di bellezza e perfezione, tutta superficie e niente sostanza, che pareva consegnare al nuovo padrone del mondo - la televisione appunto - il cadaverino di una nazione che non è mai riuscita a diventare grande. Una nazione che è morta prima di dispiegare le ali, consegnata a sua volta come olocausto ai nuovi padroni del mondo, 50 anni fa, proprio da coloro - ironia della sorte - che furono un tempo i padroni della città che ieri ospitava la funesta messinscena. Dove gli addobbi funebri erano rappresentati, giustamente, da chilometri e chilometri di sgargianti striscioni pubblicitari che tappezzavano la città. Non sia mai che il morto si accorga di non essere mai vissuto.
Le Olimpiadi, Carla Bruni, i ballerini, lo sfarzo, l'allegria, gli sponsor le bandiere le renne gli sportivi le fanfare e i presidenti, il tutto sembrava appartenere a un mondo molto simile a certe stelle che vediamo di notte nel lontano universo: continuano a brillare fulgide davanti ai nostri occhi, quando in realtà si sono spente già da milioni di anni nella notte dei tempi.
Massimo Mazzucco