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Contatti con gli OVNI in Spagna
2 Settimane 19 Ore fa #62921
da Bastion
Contatti con gli OVNI in Spagna è stato creato da Bastion
CONTATTI CON GLI OVNI IN SPAGNA
Lorenzo Fernández Bueno
Due inediti e affascinanti casi avvenuti in Spagna: il primo avvenuto nelle Isole Canarie, attraverso un contatto avvenuto mediante l’uso di una tavola Oui-ja. Nuovi e attendibili testimoni ufficiali che confessano dopo decenni, nel contesto di una storia che non lascia dubbi circa la sua autenticità. Il secondo caso avvenuto in Andalusia, sempre raccontato in un’intervista dell’autore del libro “Extraterrestres” da cui prende anche il titolo della sua recente trasmissione televisiva di successo.
Sul suo sito www.cronicasdesanborondon. es, il mio caro amico giornalista canario José Gregorio González, spiega come “nella seconda metà degli anni Settanta del secolo scorso, le Isole Canarie in generale e Tenerife in particolare, divennero l’epicentro del mistero a livello nazionale, grazie alla concomitanza di vari casi di avvistamenti UFO che raggiunsero un’enorme notorietà”. Proprio in quel periodo, quando la stampa nazionale trattava quasi quotidianamente del fenomeno, sulla spiaggia di La Tejita, nel sud di Tenerife, si verificò uno strano episodio che coinvolse tre persone: Paco Padrón, Emilio Bourgon e un terzo uomo rimasto in silenzio per decenni: il suo nome è Manuel Jesús Santos Brito.
UN’ATIPICA CHIAMATA
“9 giugno 1975, ore 23.30, spiaggia La Tejita”. Questi erano i dati a disposizione dei protagonisti di uno dei più importanti casi di incontro ravvicinato con UFO dell’ufologia spagnola. Una data, un’ora e un luogo, il che non è poco. Al giorno d’oggi, chi di noi è curioso o indaga su questo fenomeno sfuggente e provocatorio con vari gradi di successo, non ha occasioni come quella, ovvero con potenziali incontri che prevedano un “appuntamento preventivo” per contemplare la comparsa e l’evoluzione di un UFO. È da molto tempo che non esistono individui o gruppi di persone che abbiano un contatto, o una relazione con il mistero UFO, nei quali si possa ritenere di richiedere e ottenere una manifestazione fisica e visiva che possa servire come “prova della realtà” - per sé stessi o per terzi - del contatto che affermano e credono di avere. Se questa possibilità fosse disponibile oggi, vi sarebbero risorse tecnologiche aggiuntive e strategie di ricerca molto efficienti nelle mani degli ufologi per affrontare queste opportunità di contatto con il potenzialmente inspiegabile...
CONTATTO TRAMITE LA OUI-JA
9 giugno 1975, ore 23.30. Spiaggia di La Tejita. In modo ricorrente e ripetitivo, questi dati sono stati scritti sulla tavola Oui-ja che, con enorme fluidità, si è messa in moto quando Paco Padrón, Emilio Bourgon e Manuel Jesús Santos Brito appoggiarono le dita sulla stessa. Sebbene fossero un po’ riluttanti a fare un’altra visita inopportuna a un luogo che in quegli anni non era molto accessibile, alla fine decisero di andare. Era passato qualche minuto dall’ora prevista, ma quando arrivarono, dopo aver attraversato la strada tortuosa, videro alcune luci situate di fronte alla Montaña Roja, sulla linea del mare; senza esitazione, interpretarono quelle luci come quelle di una normale nave. Poco dopo, le luci reagirono alle richieste di interazione che fecero via oui-ja, accendendosi e spegnendosi, finché alla fine un potente riflettore finì per illuminare i tre uomini sulla spiaggia. Un certo grado di normalità e freddezza accompagnava i testimoni in ogni momento, nonostante il crescente livello di stranezza di ciò che stavano vivendo. Dopo alcuni minuti di conversazione, tornarono all’auto, quando la “barca” scomparve improvvisamente...
DENTRO L’OVNI
Poco dopo, nelle prime ore del mattino, i nostri protagonisti decisero di tornare, come al solito, a Santa Cruz de Tenerife. Tuttavia, questo caso già di per sé sorprendente prenderà una piega inaspettata il giorno successivo, quando Padrón e Bourgon (e più tardi Santos) giungeranno alla conclusione che nella ricostruzione degli eventi esisteva uno scarto di più di un’ora, ovvero un periodo apparentemente “cancellato”, un tempo perso nella sequenza degli eventi di quella notte. Successive sedute di ipnosi avrebbero rivelato come, nel momento in cui vengono illuminati sulla spiaggia dal riflettore proveniente dalla “barca”, i testimoni si vedevano all’interno di una stanza tecnologicamente attrezzata, accompagnati da umanoidi intenti ad eseguire su di loro alcune procedure “mediche”. A quanto pare, erano stati rapiti e il ricordo di quel momento era stato cancellato dalla loro memoria. Dopo aver fatto questo riassunto del caso, credo sia giunto il momento di rivedere una delle interviste più cariche di emozioni di tutte le stagioni della serie di documentari intitolata: “Extraterrestres” che abbiamo realizzato per il canale Dmax. In primo luogo perché l’intervistato, Manuel Jesús “Suso” Santos Brito, il “terzo uomo” de La Tejita, non aveva mai parlato in televisione o alla radio dopo quell’esperienza, sicuramente traumatica per molti aspetti. Da allora, infatti, decise di farsi da parte: andò a vivere in Francia e a riflettere su ciò che aveva vissuto, fino a quella sera in cui, seduto sulle rive dello stesso luogo in cui tutto era accaduto, né più né meno di quarantacinque anni dopo, decise che era arrivato il momento di parlare.
L’INTERVISTA
Immagino che questo non abbia nulla a che fare con quello che era allora (riferendosi alla spiaggia).
“Esattamente. Oggi questa è una spiaggia al cento per cento turistica, mentre allora venire qui era un’avventura. A parte il fatto che la spiaggia è grande, questo era un luogo appartato. Per arrivare a El Médano, bisognava percorrere una strada asfaltata e poi risalire la montagna, la cosiddetta “Montaña Roja”, su una strada sterrata infernale. E naturalmente era complicato, non era facile, e ancor meno lo era di notte”.
Non volevate stabilire un contatto. Volevate semplicemente sperimentare e indagare.
Indagare per cercare di determinare se ci fosse qualcosa dietro le comunicazioni. E all’improvviso, un giorno, mentre facevamo la Oui-ja, infilammo le dita nel bicchiere e un “qualcosa” uscì, scrivendo: “OPAT 35”. Proprio così. Ci disse che si trattava di una specie di computer, perché subito continuò specificando che non si trattava di un “personaggio”, bensì una sorta di computer. Inoltre, con il nome che ci aveva dato, sembrava più una cosa tecnica... Ed è così che, improvvisamente, ci imbattemmo nel tema degli UFO. A parte tutto questo, noi, che eravamo molto curiosi, volevamo saperne di più e volevamo che la cosa andasse oltre. Così chiedemmo un appuntamento, che ci fu concesso. Il fatto è che quando arrivammo qui, senza conoscere bene il percorso, lo facemmo con dieci minuti di ritardo. Ce ne accorgemmo perché, scendendo dalla montagna, scorgemmo proprio sulla linea dell’orizzonte un pezzo di “insetto” luminoso che all’inizio pensavamo fosse una nave. Ma era molto grande. Naturalmente, di solito portavamo con noi la tavola perché era il nostro modo di comunicare. Ne avevamo diverse, ma quella del campo era una lastra gialla con le lettere appiccicate sopra, e il vetro, che era sempre di dimensioni più o meno grandi...
E lei era qui a fare la Ouija?
Sì, ma in macchina. Naturalmente percorremmo la pista che arrivava fino a lì, io dietro. Ora immaginate la macchina parcheggiata, Paco, Emilio... e io con la Oui-ja tra le gambe. Era lì, ma pensavamo che, essendo in ritardo, l’esperienza fosse finita e che ciò che era davvero al di là del mare fosse una barca. Ed è da lì che partimmo, quando all’improvviso la oui-ja iniziò a muoversi a tutta velocità, suggerendoci che eravamo arrivati con dieci minuti di ritardo. Così gli chiedemmo dove fossero, e allora il bicchiere schizzò via, cadendo sul pavimento dell’auto. Ci riprovammo un’altra volta, chiedendo nuovamente dove fossero, ma il bicchiere cadde nuovamente, puntando nella direzione in cui erano rivolti, cioè davanti al luogo in cui si trovava quel pezzo di “insetto” che, ripeto, pensavamo fosse una barca. Poi chiedemmo a loro se fossero veramente lì, e il bicchiere cominciò ad indicare compulsivamente il “sì”. A quel punto mi venne in mente di chiedere se potessero darci un segno. Ricordo che il bicchiere toccò di nuovo la risposta affermativa e, proprio in quel momento, dal centro dell’apparato che era lì, per darvi un’idea, come se ci fossero due luci che galleggiano in mezzo al mare, improvvisamente, al centro di quelle due luci ne apparve un’altra ancora più grande delle due, che possiamo dire come se segnassero la posizione. Era enorme. Quando questa era accesa, gli chiedemmo se potevano spegnerla. Il vetro toccò di nuovo il “sì” e poi la luce si spense. E così via per un totale di altre tre o quattro volte, il che ci diede conferma che non poteva trattarsi di una coincidenza! Mentre stavamo per chiedere di nuovo la domanda, improvvisamente uscì un riflettore brillantissimo, in direzione della Montagna Rossa, spostandosi lentamente in avanti, per poi fermarsi sopra l’auto.
Raggiunse la sua posizione?
Sì, sì... E già la tavola non funzionava più. Il vetro cominciava a divagare. In quel momento guardai in avanti, poi in basso, poi di nuovo in avanti, perché naturalmente Emilio e Paco erano rivolti verso di me, ma io avevo quella cosa proprio di fronte a me. Poi guardai di nuovo in basso per vedere cosa comunicasse la tavola, e quando alzai gli occhi per osservarla, vidi che la luce era di fronte a me, ma quando alzai lo sguardo, non c’era più...
MISSING TIME
Era scomparsa...?
Scomparve nel momento in cui abbassai gli occhi e rialzai la testa. Due giorni dopo, Paco ed Emilio mi aspettavano in ufficio. Quando arrivai, loro avevano già fatto un calcolo dell’orario del tempo trascorso durante l’esperienza. Successivamente, e insieme, lo facemmo tutti e tre; il punto è che concordammo tutti sul fatto che in quel lasso di tempo in cui tutto era accaduto, mancava almeno un’ora. Se non addirittura un’ora e mezza... Dando più tempo al tempo, si trattava almeno di un’ora.
Credo che Paco Padrón si sia sottoposto a una seduta di ipnosi. Sai cosa accadde durante quella seduta?
Beh, secondo Paco, fummo trasportati lì, diciamo all’interno della nave, chiamatela come volete. Quello che ricordo - e questo è molto importante - è che quel giorno, alle quattro del mattino, mi svegliai all’improvviso sedendomi e continuando a pensare a quella luce... Più precisamente, a quando la luce si spense. Il riflettore si era acceso, ci mettemmo sulla macchina, la macchina si illuminò, ma non fummo e non lo siamo ancora consapevoli del quando diavolo si spense quella luce!
Stai insinuando che è molto probabile che l’intera esperienza si sia svolta nel momento in cui quella luce si avvicinò e da lì poi scattò il “Missing Time”?
Et voilà... Certo! Quello è il momento in cui potrebbe essersi verificato il tempo mancante. Ora, ciò che è accaduto in quel lasso di tempo è qualcosa che immagino rimanga nella parte più profonda della nostra mente. Ed è forse proprio lì che dovrebbe rimanere...
UN UOMO ONESTO
Suso, perché non l’hai mai raccontato in quarantacinque anni?
Beh, non volevo passare per un “esibizionista”. Andare sui media, quando uno dice che ci crede, l’altro dice che non ci crede... Comunque, se parlo con te è proprio perché non si tratta di questo. Perché c’è poco da dire se non lo si è vissuto.
E dopo il tempo trascorso, la domanda difficile...
Ponimela pure...
Cosa pensi che ci fosse dietro quelle luci?
(sbuffando) C’era qualcosa lì... quindi c’era qualcuno...
CONSIDERAZIONI FINALI
Ripeto, quarantacinque anni senza parlare pubblicamente, senza tornare nel luogo dove tutto è accaduto. Dove Loro, in una notte indimenticabile hanno deciso di confermare la storia di quando erano giovani. Il luogo è tremendamente speciale e riconosco che il personaggio è riuscito a commuovermi. È la sensazione che si prova quando qualcuno dice la verità. Perché testimonianze come quella di Suso Santos scuotono i dubbi di chi, come noi, cerca altre prove, perché lui, appunto, non dubita. È convinto che un mese di giugno del 1975, quando era solo un giovane pieno di curiosità, abbia avuto un contatto con intelligenze provenienti da altri pianeti. Se è così, non lo sapremo mai, così come non riusciremo mai a spiegare perché “loro” e non altri; perché qui e non in una grande città. Perché, sì, perché... La risposta a queste domande è semplice: perché doveva essere così e non altrimenti. E se ho imparato qualcosa nel corso degli anni, è che il fenomeno, qualunque esso sia, è sfuggente, selettivo e cambia la vita di chi lo sperimenta.
CASO 2
La tenuta “El Condesito”, nella città di Huelva di Rociana, un comune dell’Andalusia, era già apparsa negli anni Settanta come un punto caldo per gli avvistamenti UFO. E furono molti quei ricercatori che si recarono sul posto per studiare gli eventi che stavano verificandosi - tra cui il padre dell’ufologia andalusa, Manuel Osuna - e che finirono per essere contemporaneamente testimoni di questi fenomeni luminosi. In un modo o nell’altro, hanno tentato di tenere traccia delle intelligenze che si celavano dietro quelle luci, cercando un contatto con i loro presunti membri dell’equipaggio. Non si può criticare il tentativo di sognare a occhi aperti... Non è rimasto quasi nulla del luogo in cui tutto è accaduto. Oggi Rociana è una città luminosa con ampie strade e la tenuta di “El Condesito” è in parte un moderno complesso residenziale. Inoltre, non è rimasto quasi nessuno di quel periodo. Ecco perché è stato così difficile ricostruire questo caso senza tenere conto delle opinioni successive di altri testimoni che non conoscevano direttamente le persone coinvolte. Ma in questa ricerca ho avuto ancora un’ultima sorpresa, perché dopo anni di silenzio, il meteorologo e capitano dell’esercito Julio Marvizón, il principale testimone di quella notte indimenticabile e autore di una strana fotografia (chissà se di uno dei membri dell’equipaggio di queste luci misteriose) ha accettato di parlare con me. Sono momenti che meritano di essere riflettuti così com’erano, nel calore della solanera di Siviglia, circondati da fiori e pareti bianche. Senza togliere o aggiungere virgole inutili, ecco come è andata la conversazione, che ha ricordato qualcosa che il nostro protagonista non raccontava ai media da decenni.
L’INTERVISTA A MARVIZÓN
Julio, perché decideste di avviare l’indagine alla finca Rociana? Cosa accadde per convincersi a prendere questa decisione?
Ebbene, si erano verificati una serie di fenomeni simili agli UFO per un periodo di molti giorni. Il proprietario della fattoria, il signor Francisco Ferraro, e alcuni amici avevano sperimentato una serie di eventi di tipo UFO, naturalmente, che in alcune occasioni erano atterrati a terra. Erano molto vicini ad alcuni di essi... Sul “caso Condesito” è stato detto di tutto, e normalmente chi l’ha detto non c’era. Ecco perché ritengo che sia così importante andare alle fonti originali, ai protagonisti come lui. Ho letto che gli stessi operai sembravano avere paura, e c’era persino chi non voleva lavorare lì a causa di ciò che stava succedendo... Logicamente. Paco Ferraro ha avuto problemi perché alcune persone andarono via...
E perché andarono via?
Perché videro arrivare luci, che andavano e venivano, che atterravano... In breve, cose strane e, quindi tutto ciò fu insopportabile per loro, tanto da farli andare via…
Passiamo ora a ciò che accadde durante quelle notti; ma dal momento che la vostra indagine inizia fino a quando non andaste per l’ultima volta, quanto tempo trascorse da questo lasso di tempo?
Un paio d’anni.
UN TEAM TECNICO
Quindi è stata una lunga indagine...
Dal 1973 al 1975 circa. Tutto inizia il 3 dicembre 1973. È il primo caso che capitò a Paco Ferraro, che vide un UFO atterrare nella sua fattoria. Lo avvistò con uno dei suoi operai, e quando si avvicinano, l’oggetto si alzò, scomparendo… Andammo così in gruppo per capire cosa fu visto. E, come dico sempre, qualunque cosa fosse, perché non so cosa fosse, non saprò mai cosa fu, penso che ci abbia dato “esca” sotto forma di una luce rossa sopra l’eremo del Rocío, a distanza. E, naturalmente, di certo suscitò il nostro interesse.
Ciò che attira la mia attenzione è che hai applicato mezzi tecnici, direi molto avanzati per quella che era la ricerca di allora. Ad esempio, hai utilizzato fotocamere con pellicola a infrarossi. Come mai?
Beh, queste erano le mie idee. Ne parlai con Manolo Osuna, dicendogli cosa pensava si potesse ottenere. Vorrei a questo punto fare una piccola digressione qui, dicendo che il mio libro l’ho sottotitolato con un: “possibile contatto tecnologico con esseri extraterrestri” perché, a parte la prima luce, ovvero quella che, come già detto, è stata praticamente “un’esca” per abboccare, non abbiamo mai visto nulla. Voglio che questo sia chiaro perché è importante in questo fenomeno. D’altra parte, poiché mi sono dedicato agli infrarossi per il motivo che ora vi dirò, avrei potuto avere un problema serio in quel momento. Ricordatevi che eravamo ai tempi del generale Franco, e gli infrarossi potevano essere usati dalle spie. In un certo senso me la sono cavata perché lavoravo in meteorologia, e questa disciplina era militarizzata. Quindi ero capitano dell’Aeronautica Militare e, a quel tempo, beh... era più facile. Adesso risponderò alla domanda dicendo che ogni nuovo dispositivo che di cui ci dotammo, ottenne una risposta. Se utilizzato diversamente, si può ricevere una risposta. Ad esempio, portammo un registratore: ce n’era uno più moderno e uno uno tradizionale. Nel mio registratore, senza liturgia psicofonica, lasciando semplicemente il tasto premuto sul registratore, vennero catturate alcune parole che pronunciavano: “yaqui...”, ovvero “Luogo inesistente...”. Allora se chiedevamo cosa significasse, e sì con un po’ di liturgia psicofonica, si sentiva una voce registrata che diceva: “quando sono venuto”, e si sentiva un movimento del microfono, come se qualcuno lo toccasse... Ma eravamo solo noi a guardare quei registratori, e contemporaneamente stavo anche fotografando, ma non c’era nessuno. Avevo un registratore, ho sentito delle voci, ho sentito un cuore che si avvicinava e si allontanava, e il movimento di un microfono...
C’era stato qualcuno, o qualcosa lì...
Che non ho visto! Invisibile. Poi dissi a Manolo (Osuna) che, anche se è invisibile, avrebbe pur dovuto emettere calore. Quindi l’infrarosso poteva rilevarlo. Quindi, la sera dopo andammo (visto che avevamo già usato una macchina fotografica carica di una pellicola di queste caratteristiche) cominciai a scattare foto con sessanta secondi di esposizione, mentre i registratori che avevamo attivi erano sul pavimento.
QUELLA MERAVIGLIOSA IMMAGINE
E cosa accadde?
Vedemmo apparire quello che ribattezzammo “volto del Conte”, incorniciatosi al centro dell’immagine come a sembrar essere stato posizionato per farsi fotografare.
Julio, non era possibile che si trattasse di un errore? Quella foto la scattasti tu…
La presi, stringendolo e contando “sessanta”. È impossibile che ci sia stato alcun un errore.
Quella foto fu analizzata anche da un professore di Anatomia, vero?
José María Gemin, che riposi in pace, la analizzò e vide un uomo giovane, adulto, con zigomi molto forti, molto grandi. Disse che apparteneva come ad una razza giapponese, una tacca frontale molto sviluppata, orecchie attaccate molto basse, ad uncino naso, che secondo la classificazione di Kretschmer sarebbe di tipo atletico, e che potrebbe avere quattro occhi, poiché dà la sensazione di avere due orbite su ciascun lato... Tutto questo è scritto e firmato da lui. Andiamo, stiamo parlando di un professore di anatomia. Ho messo i nomi, eccoli. Non ho notato nulla. Mi sono limitato solo a raccontare l’accaduto. Ora, cosa accadde? Non lo so. Qui abbiamo, da un lato, avvistamenti di oggetti non identificati. Stiamo parlando anche di psicofonie che trasmettono un messaggio su qualcosa o qualcuno che è lì, poi una fotografia... Dà la sensazione che tutto sia collegato... È tutto collegato. Dall’inizio alla fine. Puoi crederci o non puoi crederci. Non mi interessa. Questo è quello che è successo. Punto.
CONTATTO TECNOLOGICO
Infine, il titolo del tuo libro è “La vera storia di Condesito - Probabile contatto tecnologico con esseri extraterrestri” (Ediciones Giralda, 2009), firmato da Julio Marvizón Preney...
È l’unica cosa che mi resta da concludere: che erano extraterrestri…
Ma la figura che appare sulla diapositiva, che tra l’altro si è sempre detto essere una fotografia e no, era una diapositiva, se la colleghiamo al sottotitolo del tuo libro, beh, sembra che tu lo dica molto chiaramente ...
La spiegazione, tra tutte, è la meno brutta...
Qualunque cosa apparisse in quella fotografia, credi davvero che si trattasse di un contatto con degli extraterrestri?
E cos’altro, altrimenti? Lì avvennero contatti con la nostra gente. Qualcuno, qualcosa... qualsiasi cosa... Da quel giorno molte domande sono rimaste in sospeso. Chi fu impresso in quella fotografia? Era uno dei presenti fotografati inconsciamente, o erano effettivamente Loro? Tutte le esperienze che abbiamo narrato sono frutto dell’immaginazione, di un’allucinazione temporanea, oppure i membri dell’equipaggio di quegli UFO, in un’equazione difficile da assimilare, attraversarono davvero, in qualche modo sconosciuto, le immense pianure cosmiche per arrivare fin qui? E se sì, qual è il motivo di questo strano teatrino che sembrano allestire, in cui uno dei pezzi fondamentali è il testimone che, tra l’altro, non sarà mai più lo stesso? Non lo so, ma qualunque cosa sia, è un fenomeno che si è sempre manifestato, manipolando gli esseri umani..
Cosa vogliono?
Senza far capire, tra l’altro cosa vogliano, quali siano le loro intenzioni, oltre a confondere il testimone. Quasi sempre il tutto avviene con l’apparizione di esseri inespressivi, di grande statura, accompagnati da strane luci nei cieli che incutono timore a chi le vede. Perché, in fin dei conti, la sottomissione che l’uomo preistorico ha mostrato nei confronti di questi dei venuti dalle stelle è la paura e l’incomprensione che l’uomo del XX e XXI secolo mostra di fronte a qualcosa che supera la nostra ragione. Insomma, sono troppi i casi e molti i testimoni che perdono più di quanto guadagnano, raccontando storie come questa... Storie che dimostrano intenzionalità, anche se al momento non sappiamo di cosa si tratti.
Lorenzo Fernández Bueno
Due inediti e affascinanti casi avvenuti in Spagna: il primo avvenuto nelle Isole Canarie, attraverso un contatto avvenuto mediante l’uso di una tavola Oui-ja. Nuovi e attendibili testimoni ufficiali che confessano dopo decenni, nel contesto di una storia che non lascia dubbi circa la sua autenticità. Il secondo caso avvenuto in Andalusia, sempre raccontato in un’intervista dell’autore del libro “Extraterrestres” da cui prende anche il titolo della sua recente trasmissione televisiva di successo.
Sul suo sito www.cronicasdesanborondon. es, il mio caro amico giornalista canario José Gregorio González, spiega come “nella seconda metà degli anni Settanta del secolo scorso, le Isole Canarie in generale e Tenerife in particolare, divennero l’epicentro del mistero a livello nazionale, grazie alla concomitanza di vari casi di avvistamenti UFO che raggiunsero un’enorme notorietà”. Proprio in quel periodo, quando la stampa nazionale trattava quasi quotidianamente del fenomeno, sulla spiaggia di La Tejita, nel sud di Tenerife, si verificò uno strano episodio che coinvolse tre persone: Paco Padrón, Emilio Bourgon e un terzo uomo rimasto in silenzio per decenni: il suo nome è Manuel Jesús Santos Brito.
UN’ATIPICA CHIAMATA
“9 giugno 1975, ore 23.30, spiaggia La Tejita”. Questi erano i dati a disposizione dei protagonisti di uno dei più importanti casi di incontro ravvicinato con UFO dell’ufologia spagnola. Una data, un’ora e un luogo, il che non è poco. Al giorno d’oggi, chi di noi è curioso o indaga su questo fenomeno sfuggente e provocatorio con vari gradi di successo, non ha occasioni come quella, ovvero con potenziali incontri che prevedano un “appuntamento preventivo” per contemplare la comparsa e l’evoluzione di un UFO. È da molto tempo che non esistono individui o gruppi di persone che abbiano un contatto, o una relazione con il mistero UFO, nei quali si possa ritenere di richiedere e ottenere una manifestazione fisica e visiva che possa servire come “prova della realtà” - per sé stessi o per terzi - del contatto che affermano e credono di avere. Se questa possibilità fosse disponibile oggi, vi sarebbero risorse tecnologiche aggiuntive e strategie di ricerca molto efficienti nelle mani degli ufologi per affrontare queste opportunità di contatto con il potenzialmente inspiegabile...
CONTATTO TRAMITE LA OUI-JA
9 giugno 1975, ore 23.30. Spiaggia di La Tejita. In modo ricorrente e ripetitivo, questi dati sono stati scritti sulla tavola Oui-ja che, con enorme fluidità, si è messa in moto quando Paco Padrón, Emilio Bourgon e Manuel Jesús Santos Brito appoggiarono le dita sulla stessa. Sebbene fossero un po’ riluttanti a fare un’altra visita inopportuna a un luogo che in quegli anni non era molto accessibile, alla fine decisero di andare. Era passato qualche minuto dall’ora prevista, ma quando arrivarono, dopo aver attraversato la strada tortuosa, videro alcune luci situate di fronte alla Montaña Roja, sulla linea del mare; senza esitazione, interpretarono quelle luci come quelle di una normale nave. Poco dopo, le luci reagirono alle richieste di interazione che fecero via oui-ja, accendendosi e spegnendosi, finché alla fine un potente riflettore finì per illuminare i tre uomini sulla spiaggia. Un certo grado di normalità e freddezza accompagnava i testimoni in ogni momento, nonostante il crescente livello di stranezza di ciò che stavano vivendo. Dopo alcuni minuti di conversazione, tornarono all’auto, quando la “barca” scomparve improvvisamente...
DENTRO L’OVNI
Poco dopo, nelle prime ore del mattino, i nostri protagonisti decisero di tornare, come al solito, a Santa Cruz de Tenerife. Tuttavia, questo caso già di per sé sorprendente prenderà una piega inaspettata il giorno successivo, quando Padrón e Bourgon (e più tardi Santos) giungeranno alla conclusione che nella ricostruzione degli eventi esisteva uno scarto di più di un’ora, ovvero un periodo apparentemente “cancellato”, un tempo perso nella sequenza degli eventi di quella notte. Successive sedute di ipnosi avrebbero rivelato come, nel momento in cui vengono illuminati sulla spiaggia dal riflettore proveniente dalla “barca”, i testimoni si vedevano all’interno di una stanza tecnologicamente attrezzata, accompagnati da umanoidi intenti ad eseguire su di loro alcune procedure “mediche”. A quanto pare, erano stati rapiti e il ricordo di quel momento era stato cancellato dalla loro memoria. Dopo aver fatto questo riassunto del caso, credo sia giunto il momento di rivedere una delle interviste più cariche di emozioni di tutte le stagioni della serie di documentari intitolata: “Extraterrestres” che abbiamo realizzato per il canale Dmax. In primo luogo perché l’intervistato, Manuel Jesús “Suso” Santos Brito, il “terzo uomo” de La Tejita, non aveva mai parlato in televisione o alla radio dopo quell’esperienza, sicuramente traumatica per molti aspetti. Da allora, infatti, decise di farsi da parte: andò a vivere in Francia e a riflettere su ciò che aveva vissuto, fino a quella sera in cui, seduto sulle rive dello stesso luogo in cui tutto era accaduto, né più né meno di quarantacinque anni dopo, decise che era arrivato il momento di parlare.
L’INTERVISTA
Immagino che questo non abbia nulla a che fare con quello che era allora (riferendosi alla spiaggia).
“Esattamente. Oggi questa è una spiaggia al cento per cento turistica, mentre allora venire qui era un’avventura. A parte il fatto che la spiaggia è grande, questo era un luogo appartato. Per arrivare a El Médano, bisognava percorrere una strada asfaltata e poi risalire la montagna, la cosiddetta “Montaña Roja”, su una strada sterrata infernale. E naturalmente era complicato, non era facile, e ancor meno lo era di notte”.
Non volevate stabilire un contatto. Volevate semplicemente sperimentare e indagare.
Indagare per cercare di determinare se ci fosse qualcosa dietro le comunicazioni. E all’improvviso, un giorno, mentre facevamo la Oui-ja, infilammo le dita nel bicchiere e un “qualcosa” uscì, scrivendo: “OPAT 35”. Proprio così. Ci disse che si trattava di una specie di computer, perché subito continuò specificando che non si trattava di un “personaggio”, bensì una sorta di computer. Inoltre, con il nome che ci aveva dato, sembrava più una cosa tecnica... Ed è così che, improvvisamente, ci imbattemmo nel tema degli UFO. A parte tutto questo, noi, che eravamo molto curiosi, volevamo saperne di più e volevamo che la cosa andasse oltre. Così chiedemmo un appuntamento, che ci fu concesso. Il fatto è che quando arrivammo qui, senza conoscere bene il percorso, lo facemmo con dieci minuti di ritardo. Ce ne accorgemmo perché, scendendo dalla montagna, scorgemmo proprio sulla linea dell’orizzonte un pezzo di “insetto” luminoso che all’inizio pensavamo fosse una nave. Ma era molto grande. Naturalmente, di solito portavamo con noi la tavola perché era il nostro modo di comunicare. Ne avevamo diverse, ma quella del campo era una lastra gialla con le lettere appiccicate sopra, e il vetro, che era sempre di dimensioni più o meno grandi...
E lei era qui a fare la Ouija?
Sì, ma in macchina. Naturalmente percorremmo la pista che arrivava fino a lì, io dietro. Ora immaginate la macchina parcheggiata, Paco, Emilio... e io con la Oui-ja tra le gambe. Era lì, ma pensavamo che, essendo in ritardo, l’esperienza fosse finita e che ciò che era davvero al di là del mare fosse una barca. Ed è da lì che partimmo, quando all’improvviso la oui-ja iniziò a muoversi a tutta velocità, suggerendoci che eravamo arrivati con dieci minuti di ritardo. Così gli chiedemmo dove fossero, e allora il bicchiere schizzò via, cadendo sul pavimento dell’auto. Ci riprovammo un’altra volta, chiedendo nuovamente dove fossero, ma il bicchiere cadde nuovamente, puntando nella direzione in cui erano rivolti, cioè davanti al luogo in cui si trovava quel pezzo di “insetto” che, ripeto, pensavamo fosse una barca. Poi chiedemmo a loro se fossero veramente lì, e il bicchiere cominciò ad indicare compulsivamente il “sì”. A quel punto mi venne in mente di chiedere se potessero darci un segno. Ricordo che il bicchiere toccò di nuovo la risposta affermativa e, proprio in quel momento, dal centro dell’apparato che era lì, per darvi un’idea, come se ci fossero due luci che galleggiano in mezzo al mare, improvvisamente, al centro di quelle due luci ne apparve un’altra ancora più grande delle due, che possiamo dire come se segnassero la posizione. Era enorme. Quando questa era accesa, gli chiedemmo se potevano spegnerla. Il vetro toccò di nuovo il “sì” e poi la luce si spense. E così via per un totale di altre tre o quattro volte, il che ci diede conferma che non poteva trattarsi di una coincidenza! Mentre stavamo per chiedere di nuovo la domanda, improvvisamente uscì un riflettore brillantissimo, in direzione della Montagna Rossa, spostandosi lentamente in avanti, per poi fermarsi sopra l’auto.
Raggiunse la sua posizione?
Sì, sì... E già la tavola non funzionava più. Il vetro cominciava a divagare. In quel momento guardai in avanti, poi in basso, poi di nuovo in avanti, perché naturalmente Emilio e Paco erano rivolti verso di me, ma io avevo quella cosa proprio di fronte a me. Poi guardai di nuovo in basso per vedere cosa comunicasse la tavola, e quando alzai gli occhi per osservarla, vidi che la luce era di fronte a me, ma quando alzai lo sguardo, non c’era più...
MISSING TIME
Era scomparsa...?
Scomparve nel momento in cui abbassai gli occhi e rialzai la testa. Due giorni dopo, Paco ed Emilio mi aspettavano in ufficio. Quando arrivai, loro avevano già fatto un calcolo dell’orario del tempo trascorso durante l’esperienza. Successivamente, e insieme, lo facemmo tutti e tre; il punto è che concordammo tutti sul fatto che in quel lasso di tempo in cui tutto era accaduto, mancava almeno un’ora. Se non addirittura un’ora e mezza... Dando più tempo al tempo, si trattava almeno di un’ora.
Credo che Paco Padrón si sia sottoposto a una seduta di ipnosi. Sai cosa accadde durante quella seduta?
Beh, secondo Paco, fummo trasportati lì, diciamo all’interno della nave, chiamatela come volete. Quello che ricordo - e questo è molto importante - è che quel giorno, alle quattro del mattino, mi svegliai all’improvviso sedendomi e continuando a pensare a quella luce... Più precisamente, a quando la luce si spense. Il riflettore si era acceso, ci mettemmo sulla macchina, la macchina si illuminò, ma non fummo e non lo siamo ancora consapevoli del quando diavolo si spense quella luce!
Stai insinuando che è molto probabile che l’intera esperienza si sia svolta nel momento in cui quella luce si avvicinò e da lì poi scattò il “Missing Time”?
Et voilà... Certo! Quello è il momento in cui potrebbe essersi verificato il tempo mancante. Ora, ciò che è accaduto in quel lasso di tempo è qualcosa che immagino rimanga nella parte più profonda della nostra mente. Ed è forse proprio lì che dovrebbe rimanere...
UN UOMO ONESTO
Suso, perché non l’hai mai raccontato in quarantacinque anni?
Beh, non volevo passare per un “esibizionista”. Andare sui media, quando uno dice che ci crede, l’altro dice che non ci crede... Comunque, se parlo con te è proprio perché non si tratta di questo. Perché c’è poco da dire se non lo si è vissuto.
E dopo il tempo trascorso, la domanda difficile...
Ponimela pure...
Cosa pensi che ci fosse dietro quelle luci?
(sbuffando) C’era qualcosa lì... quindi c’era qualcuno...
CONSIDERAZIONI FINALI
Ripeto, quarantacinque anni senza parlare pubblicamente, senza tornare nel luogo dove tutto è accaduto. Dove Loro, in una notte indimenticabile hanno deciso di confermare la storia di quando erano giovani. Il luogo è tremendamente speciale e riconosco che il personaggio è riuscito a commuovermi. È la sensazione che si prova quando qualcuno dice la verità. Perché testimonianze come quella di Suso Santos scuotono i dubbi di chi, come noi, cerca altre prove, perché lui, appunto, non dubita. È convinto che un mese di giugno del 1975, quando era solo un giovane pieno di curiosità, abbia avuto un contatto con intelligenze provenienti da altri pianeti. Se è così, non lo sapremo mai, così come non riusciremo mai a spiegare perché “loro” e non altri; perché qui e non in una grande città. Perché, sì, perché... La risposta a queste domande è semplice: perché doveva essere così e non altrimenti. E se ho imparato qualcosa nel corso degli anni, è che il fenomeno, qualunque esso sia, è sfuggente, selettivo e cambia la vita di chi lo sperimenta.
CASO 2
La tenuta “El Condesito”, nella città di Huelva di Rociana, un comune dell’Andalusia, era già apparsa negli anni Settanta come un punto caldo per gli avvistamenti UFO. E furono molti quei ricercatori che si recarono sul posto per studiare gli eventi che stavano verificandosi - tra cui il padre dell’ufologia andalusa, Manuel Osuna - e che finirono per essere contemporaneamente testimoni di questi fenomeni luminosi. In un modo o nell’altro, hanno tentato di tenere traccia delle intelligenze che si celavano dietro quelle luci, cercando un contatto con i loro presunti membri dell’equipaggio. Non si può criticare il tentativo di sognare a occhi aperti... Non è rimasto quasi nulla del luogo in cui tutto è accaduto. Oggi Rociana è una città luminosa con ampie strade e la tenuta di “El Condesito” è in parte un moderno complesso residenziale. Inoltre, non è rimasto quasi nessuno di quel periodo. Ecco perché è stato così difficile ricostruire questo caso senza tenere conto delle opinioni successive di altri testimoni che non conoscevano direttamente le persone coinvolte. Ma in questa ricerca ho avuto ancora un’ultima sorpresa, perché dopo anni di silenzio, il meteorologo e capitano dell’esercito Julio Marvizón, il principale testimone di quella notte indimenticabile e autore di una strana fotografia (chissà se di uno dei membri dell’equipaggio di queste luci misteriose) ha accettato di parlare con me. Sono momenti che meritano di essere riflettuti così com’erano, nel calore della solanera di Siviglia, circondati da fiori e pareti bianche. Senza togliere o aggiungere virgole inutili, ecco come è andata la conversazione, che ha ricordato qualcosa che il nostro protagonista non raccontava ai media da decenni.
L’INTERVISTA A MARVIZÓN
Julio, perché decideste di avviare l’indagine alla finca Rociana? Cosa accadde per convincersi a prendere questa decisione?
Ebbene, si erano verificati una serie di fenomeni simili agli UFO per un periodo di molti giorni. Il proprietario della fattoria, il signor Francisco Ferraro, e alcuni amici avevano sperimentato una serie di eventi di tipo UFO, naturalmente, che in alcune occasioni erano atterrati a terra. Erano molto vicini ad alcuni di essi... Sul “caso Condesito” è stato detto di tutto, e normalmente chi l’ha detto non c’era. Ecco perché ritengo che sia così importante andare alle fonti originali, ai protagonisti come lui. Ho letto che gli stessi operai sembravano avere paura, e c’era persino chi non voleva lavorare lì a causa di ciò che stava succedendo... Logicamente. Paco Ferraro ha avuto problemi perché alcune persone andarono via...
E perché andarono via?
Perché videro arrivare luci, che andavano e venivano, che atterravano... In breve, cose strane e, quindi tutto ciò fu insopportabile per loro, tanto da farli andare via…
Passiamo ora a ciò che accadde durante quelle notti; ma dal momento che la vostra indagine inizia fino a quando non andaste per l’ultima volta, quanto tempo trascorse da questo lasso di tempo?
Un paio d’anni.
UN TEAM TECNICO
Quindi è stata una lunga indagine...
Dal 1973 al 1975 circa. Tutto inizia il 3 dicembre 1973. È il primo caso che capitò a Paco Ferraro, che vide un UFO atterrare nella sua fattoria. Lo avvistò con uno dei suoi operai, e quando si avvicinano, l’oggetto si alzò, scomparendo… Andammo così in gruppo per capire cosa fu visto. E, come dico sempre, qualunque cosa fosse, perché non so cosa fosse, non saprò mai cosa fu, penso che ci abbia dato “esca” sotto forma di una luce rossa sopra l’eremo del Rocío, a distanza. E, naturalmente, di certo suscitò il nostro interesse.
Ciò che attira la mia attenzione è che hai applicato mezzi tecnici, direi molto avanzati per quella che era la ricerca di allora. Ad esempio, hai utilizzato fotocamere con pellicola a infrarossi. Come mai?
Beh, queste erano le mie idee. Ne parlai con Manolo Osuna, dicendogli cosa pensava si potesse ottenere. Vorrei a questo punto fare una piccola digressione qui, dicendo che il mio libro l’ho sottotitolato con un: “possibile contatto tecnologico con esseri extraterrestri” perché, a parte la prima luce, ovvero quella che, come già detto, è stata praticamente “un’esca” per abboccare, non abbiamo mai visto nulla. Voglio che questo sia chiaro perché è importante in questo fenomeno. D’altra parte, poiché mi sono dedicato agli infrarossi per il motivo che ora vi dirò, avrei potuto avere un problema serio in quel momento. Ricordatevi che eravamo ai tempi del generale Franco, e gli infrarossi potevano essere usati dalle spie. In un certo senso me la sono cavata perché lavoravo in meteorologia, e questa disciplina era militarizzata. Quindi ero capitano dell’Aeronautica Militare e, a quel tempo, beh... era più facile. Adesso risponderò alla domanda dicendo che ogni nuovo dispositivo che di cui ci dotammo, ottenne una risposta. Se utilizzato diversamente, si può ricevere una risposta. Ad esempio, portammo un registratore: ce n’era uno più moderno e uno uno tradizionale. Nel mio registratore, senza liturgia psicofonica, lasciando semplicemente il tasto premuto sul registratore, vennero catturate alcune parole che pronunciavano: “yaqui...”, ovvero “Luogo inesistente...”. Allora se chiedevamo cosa significasse, e sì con un po’ di liturgia psicofonica, si sentiva una voce registrata che diceva: “quando sono venuto”, e si sentiva un movimento del microfono, come se qualcuno lo toccasse... Ma eravamo solo noi a guardare quei registratori, e contemporaneamente stavo anche fotografando, ma non c’era nessuno. Avevo un registratore, ho sentito delle voci, ho sentito un cuore che si avvicinava e si allontanava, e il movimento di un microfono...
C’era stato qualcuno, o qualcosa lì...
Che non ho visto! Invisibile. Poi dissi a Manolo (Osuna) che, anche se è invisibile, avrebbe pur dovuto emettere calore. Quindi l’infrarosso poteva rilevarlo. Quindi, la sera dopo andammo (visto che avevamo già usato una macchina fotografica carica di una pellicola di queste caratteristiche) cominciai a scattare foto con sessanta secondi di esposizione, mentre i registratori che avevamo attivi erano sul pavimento.
QUELLA MERAVIGLIOSA IMMAGINE
E cosa accadde?
Vedemmo apparire quello che ribattezzammo “volto del Conte”, incorniciatosi al centro dell’immagine come a sembrar essere stato posizionato per farsi fotografare.
Julio, non era possibile che si trattasse di un errore? Quella foto la scattasti tu…
La presi, stringendolo e contando “sessanta”. È impossibile che ci sia stato alcun un errore.
Quella foto fu analizzata anche da un professore di Anatomia, vero?
José María Gemin, che riposi in pace, la analizzò e vide un uomo giovane, adulto, con zigomi molto forti, molto grandi. Disse che apparteneva come ad una razza giapponese, una tacca frontale molto sviluppata, orecchie attaccate molto basse, ad uncino naso, che secondo la classificazione di Kretschmer sarebbe di tipo atletico, e che potrebbe avere quattro occhi, poiché dà la sensazione di avere due orbite su ciascun lato... Tutto questo è scritto e firmato da lui. Andiamo, stiamo parlando di un professore di anatomia. Ho messo i nomi, eccoli. Non ho notato nulla. Mi sono limitato solo a raccontare l’accaduto. Ora, cosa accadde? Non lo so. Qui abbiamo, da un lato, avvistamenti di oggetti non identificati. Stiamo parlando anche di psicofonie che trasmettono un messaggio su qualcosa o qualcuno che è lì, poi una fotografia... Dà la sensazione che tutto sia collegato... È tutto collegato. Dall’inizio alla fine. Puoi crederci o non puoi crederci. Non mi interessa. Questo è quello che è successo. Punto.
CONTATTO TECNOLOGICO
Infine, il titolo del tuo libro è “La vera storia di Condesito - Probabile contatto tecnologico con esseri extraterrestri” (Ediciones Giralda, 2009), firmato da Julio Marvizón Preney...
È l’unica cosa che mi resta da concludere: che erano extraterrestri…
Ma la figura che appare sulla diapositiva, che tra l’altro si è sempre detto essere una fotografia e no, era una diapositiva, se la colleghiamo al sottotitolo del tuo libro, beh, sembra che tu lo dica molto chiaramente ...
La spiegazione, tra tutte, è la meno brutta...
Qualunque cosa apparisse in quella fotografia, credi davvero che si trattasse di un contatto con degli extraterrestri?
E cos’altro, altrimenti? Lì avvennero contatti con la nostra gente. Qualcuno, qualcosa... qualsiasi cosa... Da quel giorno molte domande sono rimaste in sospeso. Chi fu impresso in quella fotografia? Era uno dei presenti fotografati inconsciamente, o erano effettivamente Loro? Tutte le esperienze che abbiamo narrato sono frutto dell’immaginazione, di un’allucinazione temporanea, oppure i membri dell’equipaggio di quegli UFO, in un’equazione difficile da assimilare, attraversarono davvero, in qualche modo sconosciuto, le immense pianure cosmiche per arrivare fin qui? E se sì, qual è il motivo di questo strano teatrino che sembrano allestire, in cui uno dei pezzi fondamentali è il testimone che, tra l’altro, non sarà mai più lo stesso? Non lo so, ma qualunque cosa sia, è un fenomeno che si è sempre manifestato, manipolando gli esseri umani..
Cosa vogliono?
Senza far capire, tra l’altro cosa vogliano, quali siano le loro intenzioni, oltre a confondere il testimone. Quasi sempre il tutto avviene con l’apparizione di esseri inespressivi, di grande statura, accompagnati da strane luci nei cieli che incutono timore a chi le vede. Perché, in fin dei conti, la sottomissione che l’uomo preistorico ha mostrato nei confronti di questi dei venuti dalle stelle è la paura e l’incomprensione che l’uomo del XX e XXI secolo mostra di fronte a qualcosa che supera la nostra ragione. Insomma, sono troppi i casi e molti i testimoni che perdono più di quanto guadagnano, raccontando storie come questa... Storie che dimostrano intenzionalità, anche se al momento non sappiamo di cosa si tratti.
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