La morte, ombra misteriosa, ultimo tabù.

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4 Anni 1 Mese fa #40975 da Volano49
La tenera (nonche integerrima) utente Peonia:wave: , coadiuvata dalle condivisibili disquisizioni di Mrexani, mi portano a considerare il problema della siùra morte, quest'ombra mysteryosa così attuale in questi tempi di VIRUS influenzale e influenzabile per tante menti povere di raziocinio. La morte la si valuti come più si aggrada, resta un fenomeno davanti al quale l'uomo continua a rimanere solo.

Heidegger, che fu un grande esistenzialista, ebbe a dire di questa nera signora: "L'impostazione di una ricerca intorno a ciò che vi sia dopo la morte, è possibile... solo se la morte è stata chiarita concettualmente nella sua consistenza ontologica essenziale". Il che vorrebbe dire che l'unica possibilità per fronteggiare il problema della sopravvivenza o di cosa possa esservi dopo la distruzione fisica può essere data solo da una chiarificazione dello stesso fenomeno "morte", di conseguenza da un approfondimento della conoscenza dell'uomo al di là delle sue estrinsecazioni fisiche, biologiche e psicologiche, cercando di stabilire fino a che punto l'essere umano è solo una macchina biologica, fino a che punto non lo è più.
La sapiente nonna dell'utente Mrexani fa assumere alla nera falciatrice un aspetto meno drammatico, cercando di allontanarla come idea terrificante. Ma se ne parla anche a livello culturale, ma forse per esorcizzarla con belle parole.... ma essa continua ad essere un argomento, se fatto in prima persona, di cui si preferisce o tacere allontanandone completamente l'idea fino a credere che la morte interessi solo gli altri, o nascondere dietro risatine che francamente di allegro e di gioioso hanno poco, il terrore che tale pensiero è capace di provocare. Forse se si riuscisse ad allontanare una tale idea della morte, nero angelo devastatore, si potrebbero fare grossi passi avanti riappropriandosi della vita stessa.
Un saluto

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4 Anni 1 Settimana fa #41310 da Al2012
"Un giorno mentre Siddharta meditava sotto al solito fico… gli si avvicinò un viandante che stava cercando la via dell’illuminazione.

Si misero a parlare del più e del meno come due vecchi amici quando Siddharta gli chiese:
“Qual è la mancanza più grave per l’uomo?”

E il viandante pensatore così rispose:
“È grave morire senza aver capito la vita. È drammatico vivere senza aver capito la morte!”

Hermann Hesse

Queste poche righe racchiudono uno stimolo verso una equilibrata ricerca e riflessione

Altri stimoli per riflessioni si possono ricevere dalla visione di questo bel documentario di Franco Battiato

Buona visione


Attraversando il bardo (Sguardi sull'aldilà) FILM COMPLETO 2014 - Franco Battiato

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4 Anni 1 Settimana fa #41399 da Volano49
Documentario utile con altri simili che pongono lo stesso "problema". Si sa che F. Battiato propende in linea di massima per il buddismo, ma anche questo, a mio avviso ovviamente, non è che una delle molteplici frammentazioni che forse divide l'uomo, invece di unirlo ai suoi simili. L'esistenza e quel che subentra dopo, varia da Krisna, il Buddha, il Mandala, i Totem ecc,o più genericamente DIO, sono tutti enti che univocatamente, se visti NON monocolarmente, di parte, potrebbero tornare utili per riunificarci, per dare un senso alla Radice Logica, almeno parzialmente all'Unica Vera Molteplicità Infinita.

Il documentario proposto da Al2012 ha presentato il Bardo, luogo intermedio, in riferimento a concetti del Buddha, al quale premeva spiegare (mooolto velatamente in verità) il principio di unificazione di tutti i piani dell'esistenza, la cessazione di tutte le opposizioni. Una natura non esprimibile verbalmente ma che può essere solo direttamente sperimentata. Resta il punto di domanda: il Buddha è mai esistito? Forse no... Anche se i tanti aneddoti che lo riguardano sono veramente profondi. Dall'Anguttara Nikaya mi piace riportare questo:
Il Brahmana Dona vide il Buddha seduto sotto un albero e fu tanto colpito dall'aura consapevole e serena che emanava, nonchè dallo splendore del suo aspetto, che gli chiese:
-Sei per caso un Dio?
-No Brahmana, non sono un Dio
-allora sei un angelo?
-No davvero Brahmana
-Allora sei uno spirito?
-No, non sono uno spirito
-Allora sei un essere umano?
-No Brahmana, io non sono un essere umano
-Allora cosa sei?
-Io sono sveglio

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2 Anni 11 Mesi fa #45185 da Volano49
Ultimamente su L.C. alcuni utenti portando in auge la figura di S. Paolo, prefigurano (dogmaticamente) un Dio incommensurabilmente buono, tralasciando ogni voce estrapolabile dalla stessa Bibbia che porta a galla ANCHE le magagne dello stesso "Dio". Un pò comodo in verità, si cerca di aprire gli occhi al prossimo, chiudendo in contemporanea i propri... non si dovrebbe fare, l'onestà intellettuale lo pretende. Ma a parte l'A.T.la paternità dell'unico Dio e la conseguente fratellanza di tutti gli uomini furono le "condizioni" della predicazione di Cristo, il cui fondamento, si sa, fu la vittoria sulla morte, condizione MAI dettata dal "Dio" Yhwh. Basta ricordare l'affermazione di Cristo: "Chi crede in me, anche se morto, vivrà".

Da questo mezzo rigo, acqua pura da sorgente purissima, le beghe conciliari ne hanno tratto ben altro, le "correzioni" altrettanto sfocianti nel dogma della "resurrezione della carne" trattato pari pari anche dai seguaci di Geova, configurando una immortalità della carne (alla fine dei tempi). Di una carne, se vogliamo, che si differenzia da quella che oggi forma i nostri corpi, per il fatto di essere incorruttibile e animata dallo spirito: il cosidetto "corpo di gloria" di cui parla S. Paolo. Su questo si può dissentire (come del resto dissento...), ma lo sforzo di S. Paolo va rispettato.

S. Paolo scrive nella prima lettera ai Corinzi (15-29): "L'ultimo nemico ad essere distrutto sarà la morte". (44) "Si seppellisce un corpo materiale, ma risusciterà un corpo animato dallo spirito". Come dicevo qui la speculazione corpo/spirito che se ne fece è fondamentale, ma per rispetto a Paolo proseguo... (54) "E quando quest'uomo che va in corruzione si sarà rivestito di una vita che non si corrompe, che non muore, allora la vittoria sarà completa". Questi sono in ogni caso spunti che mi fanno riflettere: qual è secondo Paolo la via che conduce a questa immortalità? Credo non ci siano alternative seguendo le sue direttive, che poi sono in buona parte anche di Gesù, ovvero la via che percorre la dimensione etica.
"ascoltatemi", scrive paolo ai Galati, (5-16/23) "lasciatevi guidare dallo spirito e così non seguirete i desideri del vostro egoismo". Questo "egoismo" di Paolo può essere identificato col nostro "io storico", ovvero con la nostra personalità, intesa in contrapposizione alla nostra "individualità", L'egoismo infatti, dice Paolo, "ha desideri contrari a quelli dello spirito e lo spirito ha desideri contrari a quelli dell'egoismo. Queste due forze sono in contrasto fra di loro...". Non voglio inserire qui il mio avatar... nè il bilanciamento Yin e Yang, sarebbe troppo... Ma pur con diverso linguaggio resta un'indicazione fondamentale.

"Vediamo tutti benissimo", specifica Paolo, "quali sono i risultati dell'egoismo umano: immoralità, corruzione e vizio, idolatria, odio, litigi, gelosie, ire, intrighi, divisioni, invidie (oggi direbbe Draghi e Covid...), lo spirito invece produce amore, gioia, pace, comprensione, cordialità, bontà, fedeltà, mansuetudine, dominio di sè". Inutile quindi sottolineare che tutto il discorso di S. Paolo si incentra sul "comportamento". Se poi per "peccato" si intende ogni violazione delle leggi dello spirito, cioè delle leggi divine, l'affermazione che segue (14-56), che "la morte prende il suo potere dal peccato", non lascia dubbi su quale sia la via che conduce, scondo Paolo, all'immortalità: conformarsi alle leggi dello spirito.
Sulla SCONCERTANTE visione cristiana di una immortalità "fisica" magari avrò tempo, tra una pausa caffè e l'altra...
Un saluto

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2 Anni 11 Mesi fa #45204 da Volano49
Va da sè che nel post precedente, citando S. Paolo, ho preso al vaglio anche la genesi delle organizzazioni esoteriche, perchè in diverse occasioni Paolo intende filtrare nella coscienza un sentimento rivolto anche all'altra vita. Su queste affermazioni di Paolo, riservate all'inizio a pochi iniziati, nacque quel cristianesimo che si avvale ancora di affermazioni fatte 2000 anni fa, per una popolazione certamente molto indietro nella speculazione metafisica e come sviluppo globale di coscienza.

Approfondire questo porterebbe molto lontano, non desidero impegolarmi oltre il necessario tra le dispute TEOSOFICHE e TEOLOGICHE che generalmente vanificano qualunque concreto discorso produttivo sui grossi perchè della nostra vita. Meglio sarebbe trattare gli ultimi 120 anni della nostra storia, citando anche come nella stessa scienza vi siano spiragli (non di più...) di percezione di una realtà più ampia e complessa.

Voglio dire che se esiste (ed io ne sono convinto) un prolungamento della realtà umana che va oltre le nostre normali possibilità di percezione, bisognerebbe considerare un "IO" immateriale dopo la morte, che, pur con leggi diverse, non potrebbe radicalmente essere "un'altra cosa", ma derivato dalla nostra realtà attuale.

A parte i contatti avuti in sedute medianiche che ritengo abbiano spesso collegato i due piani delle realtà, ogni persona può avere a livello intuitivo od onirico, tramite una facoltà "energetica" ancora in gran parte misteriosa (più spiccata in medium o sensitivi) segmenti di "collegamento" tra questa dimensione e l'altra. In barba alla fredda congettura di chi non crede a priori. Lo affermo a ragion veduta, per le notevoli "intromissioni" nelle sedute di chi ci ha preceduto nell'Altra Dimensione, in particolar per l'origine delle "comunicazioni" intelligenti ed autocoscienti del cosidetto "Aldilà", che ci sono giunte mediante le "trance" scriventi o ad incorporazione "parlante" del nostro amico medium.
Un saluto

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2 Anni 9 Mesi fa #45791 da Volano49
Che cosa accade al momento della morte? In che modo lo spirito si libera della sua veste di carne? Quali sensazioni prova in quel temuto (o atteso) istante? Noi tutti abbiamo interesse a saperlo, perchè TUTTI dobbiamo fare questa esperienza, l'unica comune... e che NON si può raccontare da... vivi.
Perchè, sia chiaro, la scadenza inesorabile della morte interessa tutti noi, ma un problema così vasto e intricato, di così capitale importanza, non si risolve da sè, e non si risolve nemmeno con studi od esperienze approssimativi e superficiali, malamente condotti, come succede in tanti "esperimenti" inerenti.

Gli studi e i "contatti" con una dimensione esistenziale che non è più quella della Terra devono essere necessariamente seri e privi di tornaconti personali, Privi di "credi" che portano inevitabilmente a scontri verbali, ma con cooperanti controlli e revisioni critiche. Noi (come gruppo) ci imponemmo questo modo di agire, con verifiche personali e interpersonali, in una fatica annosa che sola può dare qualche buon frutto e che, a suo tempo negò la pretesa di coloro che credevano di avere facili risposte, addirittura con un piattino o con un "bicchiere" più o meno semoventi. La nota e deleteria Ouija.

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2 Anni 9 Mesi fa - 2 Anni 9 Mesi fa #45798 da invisibile
Un contributo "leggero".

L'alieva di un Maestro spirituale era molto turbata per la recente morte del padre, il Maestro gli disse:
"La morte non è niente, è come spegnere la televisione" .
Ultima Modifica 2 Anni 9 Mesi fa da invisibile.

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2 Anni 9 Mesi fa #45802 da Volano49
Giustamente. La sofferenza è prima, da vigili, non durante il trapasso, quando l'anima ha lasciato il corpo rantolante. Sotto questo aspetto ci sarebbero da raddrizzare molte idee, rimettendo un pò d'ordine nei concetti, soprattutto sul piano dell'informazione critica e della coerenza. Ci attenderebbero molte tappe inerenti, intendo di persone di buona volontà disposte a tanto, tappe in cui l'impegno più propriamente scientifico sarebbe affiancato a quello razionale e logico. E' ovviamente un territorio minato, intendo la Parapsicologia di frontiera. Pericoloso per chi crede di potervisi avventurare con disinvoltura, ma incredibilmente ricco di fermenti e di richiami che toccano le radici spirituali del nostro essere.

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2 Anni 9 Mesi fa #45826 da Volano49
"L'oltre", l'aldilà, meriterebbe più interesse dai...mortali. Per un riordino coerente su di un fenomeno che più ultra non si può... Con dei fermenti positivi e intensamente attivi, perchè questi esistono (dovrebbero necessariamente esistere) per una concezione dell'uomo totale, per una realtà in divenire, svincolata dalle pastoie delle illusioni, delle ipocrisie, dei falsi problemi e di una mentalità tradizionalmente CHIUSA, retriva e purtroppo dura a... morire. Auspico da tempo una lotta all'irrazionalità di tutti i tabù, una battaglia contro i falsi miti e le storture MILLENARIE che hanno quasi distrutto nell'uomo il senso reale della propria vita, e soprattutto quello della propria LIBERTA' INTERIORE, UNICA strada per lo SPIRITO.
Un saluto

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2 Anni 9 Mesi fa #45834 da Volano49
Credere o non credere? E' l'intera struttura medianico-spiritica posta a squarciare il velo della morte che viene spesso messa sotto accusa da chi indaga il fenomeno con l'unico scopo di obliarlo. Non farò mai più il cognome di tal Polidoro che non ha mai assistito di persona a tali eventi spiritici, ma che trova il tempo di smentire e tensionare tutto quanto non conosce specificatamente. Dal punto di vista scientifico poi, sarà per noi ancora lunga l'attesa di una conferma di tali eventi reali, tanto che probabilmente supererà la vita media di molti di noi.

Certo (va detto) non è attraverso questi tipi di comunicazioni con l'aldilà che possiamo comprendere pienamente la sua verità e la SUA struttura. Le cose sono in realtà molto più serie e difficili a penetrarsi, di quanto in genere si sia portati a credere, ma ciò che si perde in facilità d'approccio, lo si riguadagna ampiamente in sicurezza e precisione. Sempre nei limiti delle facoltà e discernimenti umani s'intende.

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2 Anni 9 Mesi fa #45880 da Volano49
Il sarcastico B. Shaw la buttava in caciara (ma solo apparentemente) quando diceva che la morte non uccide... Perchè in effetti, se esiste un aldilà, la morte NON uccide ed è soltanto un fenomeno più o meno traumatico, che separa lo stato fisico da un altro "stato fisico" nell'iter dell'esistenza universale dell'essere. Quell'essere che costituisce il fondo reale di ognuno di noi, individualizzato e personalizzatosi secondo sviluppi SUCCESSIVI (a buon intenditor...) sempre più ampi.

La morte dunque NON uccide, molti studiosi, molti scienziati, anche di gran valore e fama, si sono dedicati al difficilissimo compito di dimostrare che quella proposizione è vera, che questa corrisponde alla verità dei fatti, a ben riflettere, in un sottile e intelligente coordinamento di episodi della vita singola o collettiva, che costellano la trama ormai densa e ricca del Paranormale.

Entrare in queste considerazioni vuol dire interessarsi dell'"effetto uomo", cioè dell'uomo come tale, magnifico strumento psico-fisico e ancora più magnifico strumento di transizione a quanto appare sempre più chiaramente, tra un mondo la cui conoscenza si svolge fondamentalmente tramite i 5 sensi, e un mondo (o altri mondi) la cui conoscenza presuppone ALTRI "SENSI", ovvero altri tipi di percezione poggianti su qualità più SOTTILI, di difficile individuazione, almeno nel presente.
Un saluto

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2 Anni 9 Mesi fa #45884 da Volano49
A mio avviso nessuna scienza spiegherà mai intrinsecamente l'anima, tantomeno lo spirito che è ben altra cosa. Potrei dilungarmi e fare esempi più semplici. Concludo invece dicendo che la scienza non è quella cosa meravigliosa che tanti mitizzano. Non bisogna stupirsi di questa conclusione, perchè la scienza la fanno gli uomini e quindi non può avere altro che i caratteri di tutte le cose umane.
Un saluto

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2 Anni 2 Mesi fa #48698 da Volano49
Di morte non si muore. Fondamentale contributo di una scienziata e ricercatrice. Poco versatile, non certamente per l'ampiezza e le intelligenti disamine dei contenuti trattati, ma nel senso che non aspira a vendere libri tanto per vendere (alla Biglino per intenderci...), ma dà la precedenza alla serietà della tematica tanatologica, senza arzigolii o astruse congetture. La sua esperienza è fattiva, sul campo. Ciò comporta una dovizia di approfondimenti eticamente orientati verso un "accompagnamento" empatico verso chi sta per lasciare il corpo a questa terra.

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2 Anni 1 Mese fa #49397 da Volano49
La vida despuès de la muerte? La coscienza (che quindi, come quid esterno al corpo escluderebbe il cervello) al momento della morte clinica si eleva davvero sopra il corpo? Si ha così la prova evidente dell'esistenza post mortem?

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3 Mesi 4 Settimane fa #54137 da Volano49
Nele tradizioni religiose e arcaiche dell'India, le reincarnazioni che determinano le nuove rinascite, si fanno praticamente beffe della signora con la falce. Non così in occidente dove persevera ANCHE la paura delle morti apparenti con il susseguente orrore per i non morti, considerati in un primo momento tali e risvegliatisi in seguito nella bara.

Si hanno notizie a tal proposito fin dall'antichità, Si riporta nella Scuola Medica che il famoso medico Asclepiade di Bitinia ritornando a casa dopo una assenza, vide la celebrazione di un funerale. Avvicinandosi vide che il cadavere era già stato cosparso di unguenti ed aromi, gli tastò più volte il polso e fece sospendere il funerale. L'uomo dato per morto poco dopo si riebbe. Un altro grande medico antico, Galeno di Pergamo narrò che Empedocle, medico, mago e filosofo, riuscì ad impedire un imminente sotterramento di una donna affetta e "morta" di spasmo isterico, riportandola in vita tramite opportuni medicamenti.

Gli antichi Romani inizialmente seppellivano tutti i loro morti, in seguito, nel periodo classico, per essere certi della loro morte, in molti casi optarono per la cremazione. In più per non lasciare spazio al dubbio, usavano amputare un dito al cadavere prima del funerale. Publio Virgilio Marone riporta nell'Eneide che per accertarsi che il morto fosse… morto, i presenti intonavano un pianto all'unisono, se il morto non dava nemmeno così segni di vita si procedeva all'inumazione…

Più concreti erano gli antichi Persiani che si accertavano dell'avvenuta morte di un congiunto solo quando l'odore del cadavere aveva richiamato cani, sciacalli e uccelli spazzini. Il timore di seppellire una persona ancora viva era molto presente negli Egiziani, che attendevano oltre 4 giorni per la tumulazione. Nel Tibet il morto veniva legato in modo da risultare seduto e lasciato in questa posa per una settimana, dopo di che lo si bruciava e le ceneri disperse al vento.
I seguenti utenti hanno detto grazie : Kimera

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3 Mesi 4 Settimane fa #54139 da Volano49
E' quasi certo che ci siano state sepolture premature nei periodi di contagio, quando le pestilenze andavano sotto il nome di peste nera, colera, vaiolo, febbre gialla o alla più recente pandemia influenzale del 1918/19 detta "spagnola" che contagiò qualcosa come un miliardo di persone e un 20 milioni di morti (stima al ribasso). In questi frangenti le autorità per contenere i contagi, disponevano sepolture di massa in fosse comuni. Tali frettolose disposizioni o "emergenze sanitarie" che dir si voglia, favorivano senza dubbio sepolture premature, quando il morto non era ancora ...morto. Sembra ci siano osservazioni comprovanti che alcuni pestiferati tornassero a dare segni di vita dopo alcuni giorni di morte apparente.

Ma le sepolture premature non riguardano solo i contagiati di pestilenze varie, ma è ragionevole pensare che questa pratica di premature sepolture riguardino anche i soldati di tutte le guerre. Persone sepolte vive dopo essere state dichiarate morte per asfissia, vengono riportate dallo storico e bibliotecario Luc d'Achèry. Disse che il Conte di Salm fu sepolto vivo e che il giorno successivo fu trovato con il corpo "rovesciato e col viso di sotto". Un ubriaco fu sepolto e in seguito si trovò che si era rosicchiato le braccia.

Riscontri questi (della sepoltura prematura) che fecero inorridire diversi studiosi. Nel periodo dell'Illuminismo, fu un argomento diffuso. Ne discusse il libro di Antonio Giuseppe Testa edito a Firenze nel 1780 col titolo emblematico "Della morte apparente degli annegati". Se ne occupò anche l'insigne dottore in medicina e filosofo D'Agostino Olmi, con il suo "Il ragionamento. Sulla possibilità di essere sepolti vivi e sulla maniera di prevenirla", stampato nel 1807. L'anatomista Jacques-Benigne Winslow, professore della Facoltà di Medicina di Parigi, nella sua opera "Morte Incertae Signa", ai primi del '700, sosteneva che molti fossero stati sepolti vivi, con drammatico risveglio nella bara. La mancanza di respiro, la perdita del battito cardiaco e l'insensibilità non erano prove sufficienti a stabilire un decesso.

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3 Mesi 3 Settimane fa #54150 da Volano49
Riporto pari pari, senza aggiunte, un inquietante episodio apparso nella rivista "L'Aurora" fondata nel 1950 e diretta dal Prof. Stoppoloni, che fu Preside della Facoltà di Medicina nell'Università di Camerino, docente di Anatomia e fondatore del Museo anatomico presso la stessa facoltà. Membro della Società Italiana di Metapsichica di Roma. La rivista Aurora era un mensile di Ricerca Scientifica dei fenomeni supernormali. Nelle sue lezioni affermava che molte sue scoperte scientifiche avevano un'origine medianica. Si avvaleva della Medium Maria Bocca. Ecco una sua interessantissima testimonianza:

---"Era il mese di settembre del 1950. Con la voce della medium si manifestò una donna: <sono nata Rosa Menichelli il primo luglio 1900. Quando morii ero Rosa Spadoni, ma mio marito era mancato prima di me. Siamo sepolti entrambi nel cimitero di Castelraimondo poco lontano da Camerino. Vi chiedo soltanto di aiutare altre prsone perché anche a loro potrebbe accadere la stessa cosa che accadde a me. Due giorni dopo che fu stilato il mio certificato di morte, fui portata al cimitero e li fui sepolta viva>.
Il giorno dopo il Prof. Giuseppe Stoppoloni scoprì che effettivamente una certa Rosa Spadoni era morta all'Ospdale civile di Camerino il 4 settembre 1939 e fu realmente sepolta due giorni dopo nel cimitero di Castelraimondo. Dal momento che i parenti più prossimi di Rosa erano morti e che nessuno si oppose all'esumazione, si procedette alla suddetta operazione il 13 settembre 1950. Oltre al Prof. Stoppoloni, all'esumazione erano presenti degli operai ingaggiati per l'occasione, alcuni patologi dell'Autorità Sanitaria di Camerino, tre ufficiali in rappresentanza del Governo Italiano e un fotografo. La bara fu trovata dopo quasi un'ora di scavo e Stoppoloni scese personalmente nella fossa per assistere all'apertura del coperchio. La scena che ne seguì fu agghiacciante, lo scheletro di Rosa giaceva supino con il cranio piegato a sinistra mentre il braccio sinistro era sollevato, con le ossa delle dita infilate in bocca e nella gola. Le ginocchia erano piegate come come nello sforzo di aprire il coperchio, ma la cosa più raccapricciante erano i profondi graffi paralleli nella parte interna del coperchio che erano un segno evidente del tentativo di Rosa di aprirsi una via d'uscita dalla bara con le unghie"---. Fin qui la testimonianza di Stoppoloni.

I patologi nella relazione ufficiale scrissero: "E' del tutto irrilevante sapere come il Prof. Stoppoloni sia giunto alla conoscenza dei fatti. Dobbiamo ammettere con lui che Rosa Spadoni fu sepolta mentre si trovava in stato di coma in assenza di percepibili segni di vita e che si risvegliò nella bara quando era troppo tardi per soccorrerla".

A parte la tragedia di Rosa Spadoni, questa testimonianza, come tante altre, determina la sopravvivenza della coscienza oltre al disfacimento fisico.

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3 Mesi 3 Settimane fa #54167 da Volano49
La morte come "uscita finale" dalla vita umana e terrena, è un tema rincorso da sempre dall'uomo. L'evento morte, altro non sarebbe che una tappa dell'intera, infinita esistenza dell'"io" spirituale dopo avere effettuato, bene o meno bene, un breve tragitto di vita e di esperienza sulla Terra. Tappa, o se vogliamo, più o meno improvviso mutamento di condizione: finita la piccola, ma importante esperienza sul pianeta, come "IO" (l'IO va considerato come abbreviazione di "essenza spirituale umana") dalle ridotte facoltà, chiuso e spesso intrappolato nella macchina biologica del corpo fisico, ecco che superata la frontiera che chiamiamo morte, lo stesso "IO" si riproietta verso le altre infinite tappe della Conoscenza, ovvero della scoperta della Realtà e del proprio continuo-auto-riconoscersi come Spirito, come individualizzato e personalizzato "quanto" di un'ENERGIA senza fine, come granello dell'essere sempre più dotato d'intelletto, di volontà, di dinamismo e, perché no! Di amore.

Un amore che dalle ristrette dimensioni umane dell'affetto incerto, è irresistibilmente destinato a crescere nei confronti di tutto e di tutti, tramite modalità che vanno oltre il tempo e lo spazio, ben al di là dei "misteri" nostrani che da sempre risultano delle vere catene per la nostra limitata mente. Per quanto mi riguarda, in modalità soggettiva ovviamente, quanto su detto NON è solo fantasia o retorica, e nemmeno immaginazione, ma semplice autogratificazione.

Ritenere queste considerazioni vuote di senso equivale a ritenere che l'essere umano, come tale, sia uno scherzo della natura, tenuto faticosamente assieme da bislacche leggi di una realtà che soltanto nei suoi rapporti con l'uomo e la donna dimostra irrazionalità e follia operativa. So bene che su questo argomento cardine si è parlato quasi inutilmente per millenni, perché poi molti hanno sempre seguito le proprie idee (ammesso che ne abbiano avute…), le proprie limitatissime considerazioni, la propria povera immaginazione legata alla non volontà di sbirciare "oltre". Allacciandomi all'ultimo rigo, concludo dicendo che sono in disaccordo sulla inconcepibilità più volte dichiarata della propria morte, perché ho sperimentato che la propria morte è concepibile e credo che tale consapevolezza possa essere a maggior ragione recepita dal nostro inconscio.

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3 Mesi 3 Settimane fa #54168 da Volano49
La morte come "uscita finale" dalla vita umana e terrena, è un tema rincorso da sempre dall'uomo. L'evento morte, altro non sarebbe che una tappa dell'intera, infinita esistenza dell'"io" spirituale dopo avere effettuato, bene o meno bene, un breve tragitto di vita e di esperienza sulla Terra. Tappa, o se vogliamo, più o meno improvviso mutamento di condizione: finita la piccola, ma importante esperienza sul pianeta, come "IO" (l'IO va considerato come abbreviazione di "essenza spirituale umana") dalle ridotte facoltà, chiuso e spesso intrappolato nella macchina biologica del corpo fisico, ecco che superata la frontiera che chiamiamo morte, lo stesso "IO" si riproietta verso le altre infinite tappe della Conoscenza, ovvero della scoperta della Realtà e del proprio continuo-auto-riconoscersi come Spirito, come individualizzato e personalizzato "quanto" di un'ENERGIA senza fine, come granello dell'essere sempre più dotato d'intelletto, di volontà, di dinamismo e, perché no! Di amore.

Un amore che dalle ristrette dimensioni umane dell'affetto incerto, è irresistibilmente destinato a crescere nei confronti di tutto e di tutti, tramite modalità che vanno oltre il tempo e lo spazio, ben al di là dei "misteri" nostrani che da sempre risultano delle vere catene per la nostra limitata mente. Per quanto mi riguarda, in modalità soggettiva ovviamente, quanto su detto NON è solo fantasia o retorica, e nemmeno immaginazione, ma semplice autogratificazione.

Ritenere queste considerazioni vuote di senso equivale a ritenere che l'essere umano, come tale, sia uno scherzo della natura, tenuto faticosamente assieme da bislacche leggi di una realtà che soltanto nei suoi rapporti con l'uomo e la donna dimostra irrazionalità e follia operativa. So bene che su questo argomento cardine si è parlato quasi inutilmente per millenni, perché poi molti hanno sempre seguito le proprie idee (ammesso che ne abbiano avute…), le proprie limitatissime considerazioni, la propria povera immaginazione legata alla non volontà di sbirciare "oltre". Allacciandomi all'ultimo rigo, concludo dicendo che sono in disaccordo sulla inconcepibilità più volte dichiarata della propria morte, perché ho sperimentato che la propria morte è concepibile e credo che tale consapevolezza possa essere a maggior ragione recepita dal nostro inconscio.

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3 Mesi 3 Settimane fa #54170 da Volano49
Sul "Final Exit" si sono sbizzarriti nel tempo grandi scienziati, filosofi e pensatori. Cito il pensiero di R. Tagore, l'indù che fu anche Premio Nobel:
--- "Il fiore deve perdere i suoi petali per dare il frutto e il frutto deve cadere perché l'albero possa rinascere. Il bimbo si stacca dal seno materno affinché gli sia possibile svilupparsi nel corpo nello spirito, in seguito deve separarsi dalla sicurezza di un mondo limitato per affrontare un'esistenza più vasta che abbracci molteplici relazioni. Poi giunge il declino del corpo e l'uomo, forte della sua esperienza, deve da una parte scambiare la sua esistenza limitata con la vita universale, e dall'altra entrare in contatto con la vita eterna, sì che, quando la vita del corpo avrà raggiunto i propri limiti , lo spirito non dovrà faticare per riconoscere la propria librazione, aspettando la rinascita nell'infinito. Dal corpo dell'individuo alla comunità, dalla comunità all'universale, dall'universale all'infinito. Questa è la normale evoluzione del progresso spirituale".---

Marco Tullio Cicerone era più sintetico: --- "Vivono coloro che dai legami corporei evasero come da un carcere. Morte è invece ciò che voi chiamate vita". ---

Francois Mauriac: --- "Io conservo la speranza che essi siano vivi. L'assurdità del mondo non appare che quando non lo giudichiamo con la nostra limitata ragione. La parola dell'enigma esiste. Essa ci verrà offerta all'improvviso, appena verrà esalato l'ultimo respiro." ---

Cito ancora Socrate (nei dialoghi con Platone): --- "Crediamo davvero che ci sia una cosa come la morte? Non è forse la separazione di anima e corpo? E l'esser morti è il realizzarsi di questa separazione, quando l'anima esiste per sé stessa ed è librata dal corpo e il corpo è liberato dall'anima, che cos'è questo se non la morte?" ---

Il tanatologo P. Ariès: --- "Ciò che davvero è morboso non è parlare della morte, ma tacerne, come oggi si fa. Nessuno è più nevrotico di chi giudica nevrotico affrontare il discorso della fine". --- (che si riferisse a tal Polidoro?)

Il rivoluzionario Robespierre ebbe a dire: --- "No, la morte non è un sogno eterno. Cancellate dai sepolcri l'empia massima che getta il lutto sulla natura e insulta la morte. Scriveteci piuttosto così: "la morte è il principio dell'immortalità". ---

Victor Hugo: --- "Guai a chi avrà amato che corpi, forme, apparenze, la morte gli toglierà tutto! Cercate di amare le anime, perché le ritroverete". ---

Parole di 2000 anni fa espresse da S. Paolo (ai Corinti 2-9) che affermava di essere stato nell'aldilà: --- "né occhio umano mai vide, né orecchio mai udì, né cuore mai provò ciò che Dio ha preparato per coloro che lo amano". ---

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3 Mesi 2 Settimane fa #54192 da Volano49
Max si è commosso e mi ha commosso.
Penso che nessuna parola abbia mai davvero ridotto il dolore e la malinconia di chi ha perso una persona cara, eccetto ovviamente una fede incrollabile. Per tanti la valutazione di un distacco che sembra irreparabile, definitivo, l'ultima cosa che va a valutare non è certo il fatto che chi muore continua il suo itinerario esistenziale in una dimensione diversa. Ma certe valutazioni vanno prese e considerate, meglio a mente fredda, lontano da un evento luttuoso e la domanda è solo una: tutto, proprio tutto è davvero destinato a perdersi, ad andare nel nulla? La realtà è solo una, al di là di ogni ragionamento che possa portare a conclusioni del tutto soggettive. Personalmente il mio interessamento su questa tematica, mi fa dire che l'esistenza, la coscienza di noi stessi, non può venire meno con la dipartita fisica.

Questa convinzione mi fa dire che se ciò che ci lega ad un altro essere risulta essere un sentimento di autentico rapporto simpatetico, nato e consolidato dalla mutua comprensione, dall'unità di pensiero, allora l'illusione del distacco appare, appunto, soltanto come un'illusione della mente che si affanna nel quotidiano. Nel caso dei "morti" il distacco che sembra irreparabile, quasi tragicamente definitivo nei confronti dei nostri sentimenti oltraggiati dalla morte, ci allontana dall'immagine di colei (o colui) che abbiamo amato (che amiamo ancora), fino al punto, nel tempo, anno dopo anno, a determinare nei più sensibili l'angoscia di una perdita ritenuta irrimediabile, per un processo di separazione che appare irreversibile e che da quindi un senso di sconforto profondo, perché è umanamente (e psichicamente) il senso della relatività e della inevitabile fine delle cose della Terra.

Soggettivamente sono giunto a conclusioni positive dopo anni di prove di gruppo e di interessamenti, il che mi fa dire, ai confini del possibile che, per le unioni intime e vere, all'angoscia per una perdita tanto amata, si può e si deve sostituire la gioia della "continuazione", la gioia per il futuro ritrovarsi, lungo nuovi più aperti e liberi itinerari di conoscenza, al di là del tempo e dello spazio.

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