- Messaggi: 18
- Ringraziamenti ricevuti 7
La luce di Shambala
1 Anno 3 Mesi fa #51792
da Leveling
La luce di Shambala è stato creato da Leveling
LA LUCE DI SHAMBALA
Costanza Bondi
«Credo che il significato profondo di Shambhala non sia ancora sbocciato completamente, ma quando ciò avverrà avrà un impatto enorme sull'evoluzione. È il segno del futuro. La ricerca di un nuovo principio unificante che la nostra civiltà deve intraprendere in questo tempo ».
Victoria LePage, "Shambhala"
Per migliaia di anni si sono diffuse voci e racconti che da qualche parte al di là del Tibet, tra le cime ghiacciate e le valli appartate dell'Eurasia, si trova un paradiso inaccessibile, un luogo di Saggezza Universale e di Pace Ineffabile chiamato Shambhala, conosciuto anche con altri nomi. Shambhala, che in sanscrito significa "Luogo di Pace", è considerato in Tibet come la "terra" in cui vivono gli Esseri Perfetti e Semi- Perfetti, che guidano l'evoluzione dell'umanità. Shambhala è considerata la fonte del Kalachakra, il ramo più alto e più esoterico del misticismo tibetano. Le leggende affermano che solo il puro di cuore può vivere a Shambhala, godendo di una Perfetta Felicità, senza conoscere mai la sofferenza, il desiderio o la vecchiaia. L'Amore e la Saggezza regnano e l'ingiustizia è sconosciuta. Gli abitanti hanno una lunga vita, i loro corpi sono belli e perfetti e possiedono poteri soprannaturali. La loro conoscenza spirituale è profonda, il loro livello tecnologico è altamente avanzato, le loro leggi sono miti e il loro studio delle Arti e delle Scienze copre l'intero spettro della Conoscenza, ma su un livello molto più elevato di quella raggiunta da qualsivoglia cultura del mondo terrestre.
UN MITO DALLE NEBBIE DEL TEMPO
Per definizione Shambhala è nascosta. Tra i numerosi esploratori e cercatori di Saggezza Spirituale, che cercano di individuarla, nessuno è stato in grado di segnarne la posizione fisica su una mappa, anche se tutti dicono che esista nelle regioni montuose dell'Eurasia. Molti credono che si trovi ai confini della realtà fisica, come un ponte che collega questo mondo a un altro più elevato. Alexandra David-Neel, che trascorse molti anni in Tibet, l’ha identificata con Balkh, nell'estremo nord dell'Afghanistan, l'antico insediamento noto come “La Madre delle Città". La tradizione afghana narra che, dopo la conquista musulmana, Balkh fu ribattezzata la “Candela Elevata" (Sham-i-Bala), una persianizzazione della Shambhala sanscrita. I lama tibetani trascorrono la maggior parte della loro vita nello sviluppo spirituale prima di tentare il viaggio verso Shambhala. Forse deliberatamente, le guide descrivono il tragitto per arrivarvi in termini così vaghi che solo quelli già avviati negli insegnamenti del Kalachakra possono capirli. Come dice Edwin Bernbaum in “The Way to Shambhala": «Mentre il viaggiatore si avvicina al Regno, le loro indicazioni diventano sempre più mistiche e difficilmente correlabili con il mondo fisico. Una volta un lama disse che la vaghezza di questi libri è voluta, e serve a mantenere Shambhala nascosta dai barbari che prenderanno il mondo». Un riferimento direttamente collegato alla profezia di Shambhala. Questa profezia racconta il graduale deterioramento dell'umanità, in quanto l'ideologia del materialismo si diffonderà sulla Terra. «Quando i barbari che seguono questa ideologia saranno uniti sotto un re malvagio e penseranno che non ci sia nulla più da conquistare, le nebbie si solleveranno per rivelare le montagne innevate di Shambhala. I barbari la attaccheranno con un enorme esercito dotato di armi terribili. Poi il trentaduesimo Re di Shambhala, Rudra Chakrin, condurrà una possente armata contro gli invasori. In un'ultima grande battaglia, il re malvagio e i suoi seguaci saranno distrutti». Mentre le culture dell'Est e dell'Ovest si scontrano, il mito di Shambhala sorge dalle nebbie del tempo. Ora abbiamo accesso a numerosi testi buddisti sull'argomento, insieme a relazioni degli esploratori occidentali che intrapresero il difficile viaggio alla ricerca di questa Città.
IL REGNO PERDUTO DI AGHARTA
L'idea di un mondo nascosto sotto la superficie del pianeta è davvero molto antica. Ci sono innumerevoli racconti popolari e tradizioni orali patrimonio diversi paesi che narrano di popoli sotterranei che hanno creato un Regno di armonia, soddisfazione e potere spirituale. I primi viaggiatori europei in Tibet hanno sempre riportato lo stesso racconto, narrando di un centro di Potere Spirituale nascosto. Gli avventurieri sono tornati con racconti fantastici di un Regno segreto nei pressi del Tibet. Questo posto speciale è conosciuto con diversi nomi locali e regionali, che senza dubbio hanno generato confusione tra i primi viaggiatori in merito alla vera identità del Regno. Lo conoscevano e lo cercavano come Agharta (talvolta indicata con Agharti, Asgartha o Agarttha), anche se comunemente è noto ai più, oggi, come Shambhala. Secondo la leggenda, Agharta è un misterioso Regno sotterraneo situato da qualche parte sotto l'Asia, collegato agli altri continenti da una gigantesca rete di tunnel. Questi passaggi, in parte formazioni naturali e in parte frutto del lavoro artigianale della razza che ha creato la nazione sotterranea, forniscono un mezzo di comunicazione tra tutti i punti, un reticolo costruito da tempo immemorabile. La Tradizione vuole che ancora oggi esistano lunghissime gallerie in parte distrutte dai cataclismi. La posizione esatta di questi passaggi e i mezzi per accedervi sono noti solo ad alcuni alti Iniziati e custoditi con molta cura perché il Regno stesso è un grande magazzino di Conoscenza Segreta. Alcuni affermano che la Conoscenza in essa racchiusa derivi dalla Civiltà perduta di Atlantide e da popoli ancora più antichi, che furono i Primi Esseri Intelligenti ad abitare la Terra. Il primo occidentale che diffuse la leggenda di Agharta fu uno scrittore francese: Joseph-Alexandre Saint-Yves d’Alveydre (1842-1909). Saint- Yves era un politico e un filosofo occultista autodidatta che promuoveva nei suoi libri l'istituzione di una forma di governo chiamata “Sinarchia". Sosteneva che l'organo politico fosse come una creatura vivente, con un'élite spirituale ed intellettuale dominante come il cervello del corpo umano. Nella sua ricerca di comprensione universale, decise nel 1885 di prendere lezioni di Sanscrito, il linguaggio classico e filosofico dell'India. Imparò molto più di quanto si aspettasse. Il tutor di Saint-Yves era un certo Haji Sharif, che diceva di essere un principe afgano. Attraverso questo misterioso personaggio, Saint-Yves imparò molto sulle tradizioni orientali tra cui Agharta.
MESSAGGI TELEPATICI
I manoscritti delle lezioni di Sanscrito di Saint-Yves sono conservati nella biblioteca della Sorbona, scritti di proprio pugno da Haji. Joscelyn Godwin, in “Arktos", ci dice che «Haji ha trascritto il suo nome con un simbolo criptico e si è proclamato “Guru Pandit della Grande Scuola Agartista". Altrove si riferisce alla “Terra Santa di Agarttha" ... e in due passi spiega esplicitamente a Saint-Yves che questa scuola conserva la lingua originale dell'umanità, il cui alfabeto ha 22 lettere: si chiama Vattan o Vattaniano». Saint-Yves scoprì ben presto che la sua formazione gli consentiva di ricevere messaggi telepatici dal Dalai Lama in Tibet, così come fare viaggi astrali ad Agharta. Le relazioni dettagliate di ciò che egli scoprì sono state trascritte a coronamento di una serie di missioni politico-ermetiche: "Mission des Souverains", "Mission des Ouvriers", "Mission de Juifs" e, infine, "Mission de l'Inde". In questo ultimo testo apprendiamo che l'Agharta è una terra nascosta da qualche parte in Oriente, sotto la superficie della terra, dove una popolazione di milioni di individui è governata da un “Sovrano Pontefice", assistito da due colleghi: il Mahatma e il Mahanga. Il suo Regno, spiega Saint-Yves, è stato trasferito sotto terra e nascosto dagli abitanti della superficie terrestre all'inizio di Kali Yuga, che risale intorno al 3200 a.C.. Secondo Saint-Yves, i «maghi di Agarttha» dovettero scendere nelle regioni ipogee per eliminare il Caos dalla terra ed eliminare l'energia negativa. «Ognuno di questi saggi - scrive Saint-Yves - compie il suo lavoro in solitudine, lontano da ogni luce, sotto le città, sotto i deserti, sotto le pianure o sotto le montagne. E, di tanto in tanto, Agharta invia emissari al mondo superiore, di cui ha perfetta conoscenza. Una Città misteriosa, che gode anche dei vantaggi di una tecnologia avanzata molto oltre la nostra. Non solo le ultime scoperte dell'uomo moderno, ma l'intera Saggezza delle epoche è sancita nelle sue biblioteche. Tra i suoi molti segreti vi sono quelli del rapporto tra l'Anima e il corpo e come sia mantenuta separata la comunicazione tra i disincarnati e gli incarnati». Per Saint-Yves, questi esseri superiori erano i veri autori della "Sinarchia", e per migliaia di anni Agharta aveva «irradiato la Sinarchia al resto del mondo», scioccamente ignorata nei tempi a lui coevi. «Quando il mondo adotterà il governo sinarchico, il tempo sarà maturo perchè Agharta riveli se stessa», spiega.
I DISCENDENTI DI ATLANTIDE E MU
Molto di quello che Saint-Yves rivela nei suoi libri appare di una natura bizzarra al lettore moderno. I suoi scritti riportano infatti testimonianze su mondi visitati esplorando al di fuori del corpo. Lo stimato storico di Esoterismo Joscelyn Godwin scrisse, in merito al lavoro di Saint-Yves: «Credo che ciò di cui parla lo abbia “visto" realmente e che non abbia mai pensato, neppur minimamente, che quello di cui stava scrivendo fosse una finzione, né ha riportato qualcosa raccontato da altri. La prova è nella sua totale serietà di carattere, nelle pubblicazioni e nella corrispondenza di tutta una vita di studi, che considerano Agartha un realtà indiscutibile. È inoltre indiscutibile la veridicità e fisicità che egli attribuisce ad Agartha». Fino all'inizio del XX secolo, la leggenda di Agharta è rimasta tale. Le storie su di essa si sono diffuse in Europa dopo la pubblicazione dei libri di Saint-Yves, ma le prove a sostegno non sono mai state rese note. Infatti, ci si sarebbe aspettato che nel nuovo secolo, così razionale e materialistico, simili storie sarebbero rimaste relegate nei regni della Fantasia: una tradizione folkloristica da classificare accanto ad altri antichi misteri come i continenti perduti di Atlantide e Mu. Una tale supposizione non vale per le scoperte, notevoli, di due esploratori intrepidi che negli anni '20 penetrarono la vastità dell'Asia e riportarono precise annotazioni su Agharta che ben superavano quelle di qualsiasi precedente relazione. I loro racconti, anzi, sono diventati la pietra angolare della nostra attuale conoscenza di quel Regno Segreto. Stranamente nessuno dei due conosceva l'altro, ma entrambi erano di estrazione russa. Uno ha fatto le sue scoperte mentre fuggiva per salvarsi la vita dai bolscevici in Russia, l'altro è arrivato poco dopo dall'esilio che si era auto imposto in America, cercando di penetrare i misteri del Tibet. I loro nomi sono Ferdinand Ossendowski e Nicholas Roerich.
IL RE DEL MONDO
Scrivendo nella prima parte del secolo scorso, il viaggiatore russo Ferdinand Ossendowski (1876-1945), annotò nel suo “Bestie, Uomini e Dei” (1922) che durante i suoi viaggi in Mongolia, in alcuni momenti gli uomini e le bestie si fermavano in silenzio e in totale immobilismo, come se ascoltassero. Le mandrie dei cavalli, delle pecore e dei bovini rimanevano fermi, fissi nell'attenzione o accovacciati vicino al suolo. Gli uccelli non volavano, le marmotte non correvano e i cani non abbaiavano. «La Terra e il cielo smettevano di respirare. Il vento non soffiava e il sole non si muoveva. Tutti gli esseri viventi era come se fossero raccolti in preghiera, aspettando il loro destino. “Così è sempre stato - spiega un vecchio pastore e cacciatore mongolo - ogni volta che il Re del Mondo nel suo palazzo sotterraneo prega e agisce sul destino di tutti i popoli sulla Terra”. Perché in Agharta dice “vivono i Governanti invisibili di tutti i popoli devoti, il Re del Mondo o Brahatma, che parla con Dio come io parlo con te, e i suoi due assistenti: Mahatma, che conosce lo scopo degli avvenimenti futuri, e Mahanga, che governa le cause di quegli eventi .... Conosce tutte le forze del mondo e legge tutte le anime dell'umanità e il Grande Libro del loro Destino”». Ossendowski era interessato alle leggende e all'occulto quanto alla politica. Mentre attraversava la «Mongolia misteriosa ... la terra dei demoni», si fermò frequentemente per parlare con monaci e lama buddisti sulle tradizioni associate ai laghi, alle grotte e ai monasteri. C'era una storia che diceva di aver incontrato dappertutto in Eurasia: la chiamò “Il Regno di Agharti", considerandolo come niente di meno che “il Mistero dei misteri”. La conoscenza di Ossendowski del Regno Nascosto è avvenuta dopo aver conosciuto un noto collega russo, un prete chiamato Tushegoun Lama, un fuggitivo durante la Rivoluzione russa, che rivendicava la sua amicizia personale con il Dalai Lama, allora sovrano del Tibet. Fu da Tushegoun Lama che Ossendowski sentì le prime indiscrezioni su Agharta, decidendo di indagare su quei racconti fino a produrre la prima relazione dettagliata moderna sul Regno Sotterraneo che divenne il suo saggio. Durante il loro viaggio, Tushegoun Lama spiegò a Ossendowski i miracolosi poteri dei monaci tibetani e del Dalai Lama in particolare, poteri a suo dire che gli stranieri potevano a malapena apprezzare. Poi aggiunse: «Esiste un "uomo" ancora più Potente e più Santo ... Il Re del Mondo di Agharti». A quel punto, secondo il resoconto di Ossendowski, il Lama andò via sul suo cavallo senza rispondere alle sue domande. Il povero russo fu lasciato in piedi nella polvere con infiniti interrogativi in sospeso senza risposta. Dovette attendere alcuni mesi prima di ricevere le risposte a queste domande.
L'ULTIMA BATTAGLIA
Più tardi, infatti, un altro tibetano chiamato principe Chultun Beyli spiegò ad Ossendowski che sessanta mila anni fa un Uomo Santo aveva condotto la tribù dei suoi seguaci al centro della Terra. Si stabilirono sotto l'Asia Centrale e grazie all'utilizzo della Saggezza e al Potere incredibile di quell'Uomo Santo e delle fatiche del Suo popolo, Agharta divenne un Paradiso. La sua popolazione divenne numerosa, milioni di persone, e tutti erano felici e prosperi. Il principe aggiunse i seguenti dettagli: «Il regno è chiamato Agharti. Si estende in passaggi sotterranei presenti in tutto il mondo. Questi popoli e gli spazi che occupano sono governati da leaders grazie alla fedeltà al "Re del Mondo". Sai che nei due più grandi oceani dell'Est e dell'Ovest esistevano due continenti. Scomparvero sotto l'acqua, ma la loro gente è entrata nel Regno Sotterraneo. Nelle grotte sotterranee esiste una Luce peculiare che offre la crescita al grano e alle verdure e una lunga vita senza malattia alle persone ». Ossendowski era convinto di aver trovato qualcosa di più di una leggenda - o anche un esempio di ipnosi o di visione di massa - ma più probabilmente una potente "forza" di qualche tipo, evidentemente capace di influenzare il corso della vita sul pianeta.È interessante notare che Ossendowski riferisce che gli enormi poteri che il popolo di Agharta possedeva si credeva potessero essere utilizzati per distruggere intere aree del pianeta, e parimenti potessero essere sfruttati come mezzi di propulsione per i più sorprendenti veicoli di trasporto. Ossendowski chiude il suo libro con la profezia del Re del Mondo («La profezia dalla Terra Cava!»), in cui si afferma che il materialismo devasterà la terra, terribili battaglie coinvolgeranno tutte le nazioni del mondo e al culmine dello spargimento di sangue, nel 2029, i popoli di Agharta saliranno dal loro mondo delle caverne.
LA PIETRA DI CHINTAMANI
Sarebbe facile considerare Agharta o Shambhala come pura fantasia, se non fosse per un esploratore molto credibile che la trovò, lasciandoci un resoconto dettagliato delle sue esperienze. Nicholas Roerich (1874-1947), un artista russo, poeta, scrittore, mistico e distinto membro della Società Teosofica, ha guidato una spedizione nel deserto del Gobi fino alla catena montuosa dell'Altai dal 1923 al 1928, un viaggio che coprì 15.500 miglia, attraversando ben 35 dei più alti passi montuosi del mondo. Come Victoria LePage scrive nel suo libro “Shambhala", «Roerich era un uomo dalle credenziali uniche: un famoso collaboratore di Stravinsky, un collega dell'impresario Diaghilev e un membro molto talentuoso e rispettato della Lega delle Nazioni. Era anche molto influente in seno all'amministrazione americana di Franklin Delano Roosevelt e fu la spinta fondamentale dietro l'immissione del Grande Sigillo degli Stati Uniti sulla banconota da un dollaro. Nicholas Roerich si avvicinò per la prima volta al Buddhismo e sentì parlare di Shambhala a San Pietroburgo, in Russia, durante il suo coinvolgimento nella costruzione del tempio buddhista sotto la guida di Lama Agvan Dorjiev. Uno dei motivi della spedizione di Roerich potrebbe essere stato quello di cercare una pietra che si dice fosse parte di un meteorite molto più grande, che aveva proprietà occulte, chiamata la pietra di Chintamani, presumibilmente proveniente da un sistema solare nella costellazione di Orione. La pietra - dice LePage - era capace di innescare una guida telepatica interna e di effettuare una trasformazione della Coscienza in coloro che entravano a contatto con essa». Secondo la leggenda lamaista, un frammento di questa pietra è inviata per aiutare la stabilizzazione spirituale, vitale per l'umanità, e restituita, quando le missioni sono completate, alla sua casa legittima nella Torre del Re al centro di Shambhala. Si dice che tale pietra fosse in possesso della Lega delle Nazioni e che la sua restituzione fosse stata affidata a Roerich. Anche se non è noto se sia riuscito a restituire il frammento o meno, la sua spedizione ha aiutato coloro che credevano che Shambhala fosse più di un mito.
L'ETÀ DELLA PACE E DELL'ILLUMINAZIONE
Roerich credeva nell'Unità Trascendente delle religioni - nella nozione che un giorno il Buddista, il Musulmano e il Cristiano avrebbero realizzato quanto in realtà i loro dogmi separatamente erano come scorze esterne che nascondono al loro interno il nucleo della medesima Verità. Tutte le sue opere abbracciano la convinzione che le diverse fedi dovessero convogliare in una Nuova Era, nella quale il velo del dogma sarà strappato via, l'umanità intera metterà da parte le sue discordie e tutti si riuniranno in un Paradiso di Fratellanza. Il suo simbolo per tale Paradiso promesso era Shambhala. Roerich ha tenuto un diario durante il viaggio, pubblicato con il titolo “Altai-Himalaya: un diario di viaggio", sottolineando come in Mongolia «la credenza nell'arrivo imminente dell'epoca di Shambhala era molto forte». Nel suo libro “Heart of Asia" (“Il Cuore dell'Asia"), Roerich riporta sia le sue osservazioni scientifiche sia la sua personale ricerca spirituale. Anche se era pronto ad ascoltare racconti di città sotterranee come parte dell'avventura, il suo interesse principale era incentrato sulle dinamiche spirituali di Shambhala e sulla sua importanza come simbolo della prossima Età della Pace e dell'Illuminazione. Questa miscela scientifica e spirituale è presente anche nelle centinaia di dipinti che Roerich fece durante la spedizione. «Il suo occhio ha catturato le forme e i colori delle montagne, dei monasteri, delle sculture in pietra, degli stupa, delle città e dei popoli dell'Asia. - scrive Jaqueline Decte. La sua anima comprendeva il loro spirito e la sua pennellata ha forgiato una sintesi di bellezza».
IL SEGNO DI SHAMBHALA
Shambhala è il Luogo Santo, dove il mondo terreno si collega con gli stati più alti della Coscienza. In Oriente sanno che esistono due Shambhala: una terrena e una invisibile. Nell'estate del 1926 Roerich riferì uno strano evento nel suo diario di viaggio. Era accampato con suo figlio, il dottor George Roerich, e i due erano accompagnati da alcune guide mongole nella valle di Sharagol, vicino alla catena montuosa di Humboldt tra Mongolia e Tibet. All'epoca dell'evento in questione, Roerich era tornato da un viaggio nell'Altai e aveva costruito uno stupa, una struttura bianca imponente, dedicata a Shambhala. Nel mese di agosto il santuario etra stato consacrato con una solenne cerimonia da parte di numerosi lama, a seguito della quale, secondo Roerich, le guide Buriat prevedevano un evento imminente. Dopo uno o due giorni, fu avvistato un grande uccello nero nel cielo senza nuvole, dietro al quale, più in alto si muoveva una massa enorme, dorata e sferoidale, che girava intorno al Sole brillante. I viaggiatori, incuriositi, presero i binocoli e videro che la grande sfera si muoveva rapidamente da Nord, dove era l'Altai, per spostarsi bruscamente e svanire verso Sud-Ovest, dietro le montagne dell'Humboldt. Uno dei lama disse a Roerich che quello che aveva visto era «il segno di Shambhala», e significava che la sua missione era stata benedetta dai grandi dell'Altai, i signori di Shambhala.
STATI ALTERATI DI COSCIENZA
Un avvistamento in tutto simile alle classiche testimonianze di eventi celesti anomali. Il racconto di Roerich suscitò grande interesse in Europa e, corroborato da George Roerich, portò in Occidente le prime prove concrete che qualcosa in Eurasia sfida la nostra comprensione materiale. Victoria LePage lo descrive in questo modo: «Nel suo vivido colore e nelle sue fattezze, il suo riferimento bizzarro, eppure veritiero, a un velivolo d'oro sconosciuto che non si comportava come un aereo comune, la storia di Roerich potrebbe essere giustamente chiamata la prima affidabile intimazione che il regno di Chang Shambhala fosse più di una semplice una favola popolare asiatica e, dal 1927 in poi, questo centro del mondo, situato nelle montagne settentrionali, esercitò negli ambienti occulti occidentali il fascino dell'idea che il tempo fosse giunto». Spesso l'esperienza è simile a un sogno lucido, in cui la fisica ordinaria spazio-tempo non si applica più. La visione mistica orientale del mondo può essere molto diversa dalla visione scientifica occidentale. Forse le guide di Shambhala ci raccontano un paesaggio trasformato dalle visioni di uno yogi che ha intrapreso il “viaggio". Per giungere a Shambhala, come Nicholas Roerich, occorre intraprendere contemporaneamente un “viaggio mistico interno" e uno fisico esterno, che ci conduca attraverso un desolato territorio montano al centro del Cosmo. Una vecchia storia tibetana racconta di un giovane uomo che intraprese il viaggio alla ricerca di Shambhala. Dopo aver attraversato molte montagne, arrivò in una grotta dove viveva un vecchio eremita, che gli chiese: «Perché sei qui?». «Per trovare Shambhala» rispose il giovane. «Beh, non hai bisogno di viaggiare lontano - disse l'eremita - il regno di Shambhala è nel tuo cuore».
Costanza Bondi
«Credo che il significato profondo di Shambhala non sia ancora sbocciato completamente, ma quando ciò avverrà avrà un impatto enorme sull'evoluzione. È il segno del futuro. La ricerca di un nuovo principio unificante che la nostra civiltà deve intraprendere in questo tempo ».
Victoria LePage, "Shambhala"
Per migliaia di anni si sono diffuse voci e racconti che da qualche parte al di là del Tibet, tra le cime ghiacciate e le valli appartate dell'Eurasia, si trova un paradiso inaccessibile, un luogo di Saggezza Universale e di Pace Ineffabile chiamato Shambhala, conosciuto anche con altri nomi. Shambhala, che in sanscrito significa "Luogo di Pace", è considerato in Tibet come la "terra" in cui vivono gli Esseri Perfetti e Semi- Perfetti, che guidano l'evoluzione dell'umanità. Shambhala è considerata la fonte del Kalachakra, il ramo più alto e più esoterico del misticismo tibetano. Le leggende affermano che solo il puro di cuore può vivere a Shambhala, godendo di una Perfetta Felicità, senza conoscere mai la sofferenza, il desiderio o la vecchiaia. L'Amore e la Saggezza regnano e l'ingiustizia è sconosciuta. Gli abitanti hanno una lunga vita, i loro corpi sono belli e perfetti e possiedono poteri soprannaturali. La loro conoscenza spirituale è profonda, il loro livello tecnologico è altamente avanzato, le loro leggi sono miti e il loro studio delle Arti e delle Scienze copre l'intero spettro della Conoscenza, ma su un livello molto più elevato di quella raggiunta da qualsivoglia cultura del mondo terrestre.
UN MITO DALLE NEBBIE DEL TEMPO
Per definizione Shambhala è nascosta. Tra i numerosi esploratori e cercatori di Saggezza Spirituale, che cercano di individuarla, nessuno è stato in grado di segnarne la posizione fisica su una mappa, anche se tutti dicono che esista nelle regioni montuose dell'Eurasia. Molti credono che si trovi ai confini della realtà fisica, come un ponte che collega questo mondo a un altro più elevato. Alexandra David-Neel, che trascorse molti anni in Tibet, l’ha identificata con Balkh, nell'estremo nord dell'Afghanistan, l'antico insediamento noto come “La Madre delle Città". La tradizione afghana narra che, dopo la conquista musulmana, Balkh fu ribattezzata la “Candela Elevata" (Sham-i-Bala), una persianizzazione della Shambhala sanscrita. I lama tibetani trascorrono la maggior parte della loro vita nello sviluppo spirituale prima di tentare il viaggio verso Shambhala. Forse deliberatamente, le guide descrivono il tragitto per arrivarvi in termini così vaghi che solo quelli già avviati negli insegnamenti del Kalachakra possono capirli. Come dice Edwin Bernbaum in “The Way to Shambhala": «Mentre il viaggiatore si avvicina al Regno, le loro indicazioni diventano sempre più mistiche e difficilmente correlabili con il mondo fisico. Una volta un lama disse che la vaghezza di questi libri è voluta, e serve a mantenere Shambhala nascosta dai barbari che prenderanno il mondo». Un riferimento direttamente collegato alla profezia di Shambhala. Questa profezia racconta il graduale deterioramento dell'umanità, in quanto l'ideologia del materialismo si diffonderà sulla Terra. «Quando i barbari che seguono questa ideologia saranno uniti sotto un re malvagio e penseranno che non ci sia nulla più da conquistare, le nebbie si solleveranno per rivelare le montagne innevate di Shambhala. I barbari la attaccheranno con un enorme esercito dotato di armi terribili. Poi il trentaduesimo Re di Shambhala, Rudra Chakrin, condurrà una possente armata contro gli invasori. In un'ultima grande battaglia, il re malvagio e i suoi seguaci saranno distrutti». Mentre le culture dell'Est e dell'Ovest si scontrano, il mito di Shambhala sorge dalle nebbie del tempo. Ora abbiamo accesso a numerosi testi buddisti sull'argomento, insieme a relazioni degli esploratori occidentali che intrapresero il difficile viaggio alla ricerca di questa Città.
IL REGNO PERDUTO DI AGHARTA
L'idea di un mondo nascosto sotto la superficie del pianeta è davvero molto antica. Ci sono innumerevoli racconti popolari e tradizioni orali patrimonio diversi paesi che narrano di popoli sotterranei che hanno creato un Regno di armonia, soddisfazione e potere spirituale. I primi viaggiatori europei in Tibet hanno sempre riportato lo stesso racconto, narrando di un centro di Potere Spirituale nascosto. Gli avventurieri sono tornati con racconti fantastici di un Regno segreto nei pressi del Tibet. Questo posto speciale è conosciuto con diversi nomi locali e regionali, che senza dubbio hanno generato confusione tra i primi viaggiatori in merito alla vera identità del Regno. Lo conoscevano e lo cercavano come Agharta (talvolta indicata con Agharti, Asgartha o Agarttha), anche se comunemente è noto ai più, oggi, come Shambhala. Secondo la leggenda, Agharta è un misterioso Regno sotterraneo situato da qualche parte sotto l'Asia, collegato agli altri continenti da una gigantesca rete di tunnel. Questi passaggi, in parte formazioni naturali e in parte frutto del lavoro artigianale della razza che ha creato la nazione sotterranea, forniscono un mezzo di comunicazione tra tutti i punti, un reticolo costruito da tempo immemorabile. La Tradizione vuole che ancora oggi esistano lunghissime gallerie in parte distrutte dai cataclismi. La posizione esatta di questi passaggi e i mezzi per accedervi sono noti solo ad alcuni alti Iniziati e custoditi con molta cura perché il Regno stesso è un grande magazzino di Conoscenza Segreta. Alcuni affermano che la Conoscenza in essa racchiusa derivi dalla Civiltà perduta di Atlantide e da popoli ancora più antichi, che furono i Primi Esseri Intelligenti ad abitare la Terra. Il primo occidentale che diffuse la leggenda di Agharta fu uno scrittore francese: Joseph-Alexandre Saint-Yves d’Alveydre (1842-1909). Saint- Yves era un politico e un filosofo occultista autodidatta che promuoveva nei suoi libri l'istituzione di una forma di governo chiamata “Sinarchia". Sosteneva che l'organo politico fosse come una creatura vivente, con un'élite spirituale ed intellettuale dominante come il cervello del corpo umano. Nella sua ricerca di comprensione universale, decise nel 1885 di prendere lezioni di Sanscrito, il linguaggio classico e filosofico dell'India. Imparò molto più di quanto si aspettasse. Il tutor di Saint-Yves era un certo Haji Sharif, che diceva di essere un principe afgano. Attraverso questo misterioso personaggio, Saint-Yves imparò molto sulle tradizioni orientali tra cui Agharta.
MESSAGGI TELEPATICI
I manoscritti delle lezioni di Sanscrito di Saint-Yves sono conservati nella biblioteca della Sorbona, scritti di proprio pugno da Haji. Joscelyn Godwin, in “Arktos", ci dice che «Haji ha trascritto il suo nome con un simbolo criptico e si è proclamato “Guru Pandit della Grande Scuola Agartista". Altrove si riferisce alla “Terra Santa di Agarttha" ... e in due passi spiega esplicitamente a Saint-Yves che questa scuola conserva la lingua originale dell'umanità, il cui alfabeto ha 22 lettere: si chiama Vattan o Vattaniano». Saint-Yves scoprì ben presto che la sua formazione gli consentiva di ricevere messaggi telepatici dal Dalai Lama in Tibet, così come fare viaggi astrali ad Agharta. Le relazioni dettagliate di ciò che egli scoprì sono state trascritte a coronamento di una serie di missioni politico-ermetiche: "Mission des Souverains", "Mission des Ouvriers", "Mission de Juifs" e, infine, "Mission de l'Inde". In questo ultimo testo apprendiamo che l'Agharta è una terra nascosta da qualche parte in Oriente, sotto la superficie della terra, dove una popolazione di milioni di individui è governata da un “Sovrano Pontefice", assistito da due colleghi: il Mahatma e il Mahanga. Il suo Regno, spiega Saint-Yves, è stato trasferito sotto terra e nascosto dagli abitanti della superficie terrestre all'inizio di Kali Yuga, che risale intorno al 3200 a.C.. Secondo Saint-Yves, i «maghi di Agarttha» dovettero scendere nelle regioni ipogee per eliminare il Caos dalla terra ed eliminare l'energia negativa. «Ognuno di questi saggi - scrive Saint-Yves - compie il suo lavoro in solitudine, lontano da ogni luce, sotto le città, sotto i deserti, sotto le pianure o sotto le montagne. E, di tanto in tanto, Agharta invia emissari al mondo superiore, di cui ha perfetta conoscenza. Una Città misteriosa, che gode anche dei vantaggi di una tecnologia avanzata molto oltre la nostra. Non solo le ultime scoperte dell'uomo moderno, ma l'intera Saggezza delle epoche è sancita nelle sue biblioteche. Tra i suoi molti segreti vi sono quelli del rapporto tra l'Anima e il corpo e come sia mantenuta separata la comunicazione tra i disincarnati e gli incarnati». Per Saint-Yves, questi esseri superiori erano i veri autori della "Sinarchia", e per migliaia di anni Agharta aveva «irradiato la Sinarchia al resto del mondo», scioccamente ignorata nei tempi a lui coevi. «Quando il mondo adotterà il governo sinarchico, il tempo sarà maturo perchè Agharta riveli se stessa», spiega.
I DISCENDENTI DI ATLANTIDE E MU
Molto di quello che Saint-Yves rivela nei suoi libri appare di una natura bizzarra al lettore moderno. I suoi scritti riportano infatti testimonianze su mondi visitati esplorando al di fuori del corpo. Lo stimato storico di Esoterismo Joscelyn Godwin scrisse, in merito al lavoro di Saint-Yves: «Credo che ciò di cui parla lo abbia “visto" realmente e che non abbia mai pensato, neppur minimamente, che quello di cui stava scrivendo fosse una finzione, né ha riportato qualcosa raccontato da altri. La prova è nella sua totale serietà di carattere, nelle pubblicazioni e nella corrispondenza di tutta una vita di studi, che considerano Agartha un realtà indiscutibile. È inoltre indiscutibile la veridicità e fisicità che egli attribuisce ad Agartha». Fino all'inizio del XX secolo, la leggenda di Agharta è rimasta tale. Le storie su di essa si sono diffuse in Europa dopo la pubblicazione dei libri di Saint-Yves, ma le prove a sostegno non sono mai state rese note. Infatti, ci si sarebbe aspettato che nel nuovo secolo, così razionale e materialistico, simili storie sarebbero rimaste relegate nei regni della Fantasia: una tradizione folkloristica da classificare accanto ad altri antichi misteri come i continenti perduti di Atlantide e Mu. Una tale supposizione non vale per le scoperte, notevoli, di due esploratori intrepidi che negli anni '20 penetrarono la vastità dell'Asia e riportarono precise annotazioni su Agharta che ben superavano quelle di qualsiasi precedente relazione. I loro racconti, anzi, sono diventati la pietra angolare della nostra attuale conoscenza di quel Regno Segreto. Stranamente nessuno dei due conosceva l'altro, ma entrambi erano di estrazione russa. Uno ha fatto le sue scoperte mentre fuggiva per salvarsi la vita dai bolscevici in Russia, l'altro è arrivato poco dopo dall'esilio che si era auto imposto in America, cercando di penetrare i misteri del Tibet. I loro nomi sono Ferdinand Ossendowski e Nicholas Roerich.
IL RE DEL MONDO
Scrivendo nella prima parte del secolo scorso, il viaggiatore russo Ferdinand Ossendowski (1876-1945), annotò nel suo “Bestie, Uomini e Dei” (1922) che durante i suoi viaggi in Mongolia, in alcuni momenti gli uomini e le bestie si fermavano in silenzio e in totale immobilismo, come se ascoltassero. Le mandrie dei cavalli, delle pecore e dei bovini rimanevano fermi, fissi nell'attenzione o accovacciati vicino al suolo. Gli uccelli non volavano, le marmotte non correvano e i cani non abbaiavano. «La Terra e il cielo smettevano di respirare. Il vento non soffiava e il sole non si muoveva. Tutti gli esseri viventi era come se fossero raccolti in preghiera, aspettando il loro destino. “Così è sempre stato - spiega un vecchio pastore e cacciatore mongolo - ogni volta che il Re del Mondo nel suo palazzo sotterraneo prega e agisce sul destino di tutti i popoli sulla Terra”. Perché in Agharta dice “vivono i Governanti invisibili di tutti i popoli devoti, il Re del Mondo o Brahatma, che parla con Dio come io parlo con te, e i suoi due assistenti: Mahatma, che conosce lo scopo degli avvenimenti futuri, e Mahanga, che governa le cause di quegli eventi .... Conosce tutte le forze del mondo e legge tutte le anime dell'umanità e il Grande Libro del loro Destino”». Ossendowski era interessato alle leggende e all'occulto quanto alla politica. Mentre attraversava la «Mongolia misteriosa ... la terra dei demoni», si fermò frequentemente per parlare con monaci e lama buddisti sulle tradizioni associate ai laghi, alle grotte e ai monasteri. C'era una storia che diceva di aver incontrato dappertutto in Eurasia: la chiamò “Il Regno di Agharti", considerandolo come niente di meno che “il Mistero dei misteri”. La conoscenza di Ossendowski del Regno Nascosto è avvenuta dopo aver conosciuto un noto collega russo, un prete chiamato Tushegoun Lama, un fuggitivo durante la Rivoluzione russa, che rivendicava la sua amicizia personale con il Dalai Lama, allora sovrano del Tibet. Fu da Tushegoun Lama che Ossendowski sentì le prime indiscrezioni su Agharta, decidendo di indagare su quei racconti fino a produrre la prima relazione dettagliata moderna sul Regno Sotterraneo che divenne il suo saggio. Durante il loro viaggio, Tushegoun Lama spiegò a Ossendowski i miracolosi poteri dei monaci tibetani e del Dalai Lama in particolare, poteri a suo dire che gli stranieri potevano a malapena apprezzare. Poi aggiunse: «Esiste un "uomo" ancora più Potente e più Santo ... Il Re del Mondo di Agharti». A quel punto, secondo il resoconto di Ossendowski, il Lama andò via sul suo cavallo senza rispondere alle sue domande. Il povero russo fu lasciato in piedi nella polvere con infiniti interrogativi in sospeso senza risposta. Dovette attendere alcuni mesi prima di ricevere le risposte a queste domande.
L'ULTIMA BATTAGLIA
Più tardi, infatti, un altro tibetano chiamato principe Chultun Beyli spiegò ad Ossendowski che sessanta mila anni fa un Uomo Santo aveva condotto la tribù dei suoi seguaci al centro della Terra. Si stabilirono sotto l'Asia Centrale e grazie all'utilizzo della Saggezza e al Potere incredibile di quell'Uomo Santo e delle fatiche del Suo popolo, Agharta divenne un Paradiso. La sua popolazione divenne numerosa, milioni di persone, e tutti erano felici e prosperi. Il principe aggiunse i seguenti dettagli: «Il regno è chiamato Agharti. Si estende in passaggi sotterranei presenti in tutto il mondo. Questi popoli e gli spazi che occupano sono governati da leaders grazie alla fedeltà al "Re del Mondo". Sai che nei due più grandi oceani dell'Est e dell'Ovest esistevano due continenti. Scomparvero sotto l'acqua, ma la loro gente è entrata nel Regno Sotterraneo. Nelle grotte sotterranee esiste una Luce peculiare che offre la crescita al grano e alle verdure e una lunga vita senza malattia alle persone ». Ossendowski era convinto di aver trovato qualcosa di più di una leggenda - o anche un esempio di ipnosi o di visione di massa - ma più probabilmente una potente "forza" di qualche tipo, evidentemente capace di influenzare il corso della vita sul pianeta.È interessante notare che Ossendowski riferisce che gli enormi poteri che il popolo di Agharta possedeva si credeva potessero essere utilizzati per distruggere intere aree del pianeta, e parimenti potessero essere sfruttati come mezzi di propulsione per i più sorprendenti veicoli di trasporto. Ossendowski chiude il suo libro con la profezia del Re del Mondo («La profezia dalla Terra Cava!»), in cui si afferma che il materialismo devasterà la terra, terribili battaglie coinvolgeranno tutte le nazioni del mondo e al culmine dello spargimento di sangue, nel 2029, i popoli di Agharta saliranno dal loro mondo delle caverne.
LA PIETRA DI CHINTAMANI
Sarebbe facile considerare Agharta o Shambhala come pura fantasia, se non fosse per un esploratore molto credibile che la trovò, lasciandoci un resoconto dettagliato delle sue esperienze. Nicholas Roerich (1874-1947), un artista russo, poeta, scrittore, mistico e distinto membro della Società Teosofica, ha guidato una spedizione nel deserto del Gobi fino alla catena montuosa dell'Altai dal 1923 al 1928, un viaggio che coprì 15.500 miglia, attraversando ben 35 dei più alti passi montuosi del mondo. Come Victoria LePage scrive nel suo libro “Shambhala", «Roerich era un uomo dalle credenziali uniche: un famoso collaboratore di Stravinsky, un collega dell'impresario Diaghilev e un membro molto talentuoso e rispettato della Lega delle Nazioni. Era anche molto influente in seno all'amministrazione americana di Franklin Delano Roosevelt e fu la spinta fondamentale dietro l'immissione del Grande Sigillo degli Stati Uniti sulla banconota da un dollaro. Nicholas Roerich si avvicinò per la prima volta al Buddhismo e sentì parlare di Shambhala a San Pietroburgo, in Russia, durante il suo coinvolgimento nella costruzione del tempio buddhista sotto la guida di Lama Agvan Dorjiev. Uno dei motivi della spedizione di Roerich potrebbe essere stato quello di cercare una pietra che si dice fosse parte di un meteorite molto più grande, che aveva proprietà occulte, chiamata la pietra di Chintamani, presumibilmente proveniente da un sistema solare nella costellazione di Orione. La pietra - dice LePage - era capace di innescare una guida telepatica interna e di effettuare una trasformazione della Coscienza in coloro che entravano a contatto con essa». Secondo la leggenda lamaista, un frammento di questa pietra è inviata per aiutare la stabilizzazione spirituale, vitale per l'umanità, e restituita, quando le missioni sono completate, alla sua casa legittima nella Torre del Re al centro di Shambhala. Si dice che tale pietra fosse in possesso della Lega delle Nazioni e che la sua restituzione fosse stata affidata a Roerich. Anche se non è noto se sia riuscito a restituire il frammento o meno, la sua spedizione ha aiutato coloro che credevano che Shambhala fosse più di un mito.
L'ETÀ DELLA PACE E DELL'ILLUMINAZIONE
Roerich credeva nell'Unità Trascendente delle religioni - nella nozione che un giorno il Buddista, il Musulmano e il Cristiano avrebbero realizzato quanto in realtà i loro dogmi separatamente erano come scorze esterne che nascondono al loro interno il nucleo della medesima Verità. Tutte le sue opere abbracciano la convinzione che le diverse fedi dovessero convogliare in una Nuova Era, nella quale il velo del dogma sarà strappato via, l'umanità intera metterà da parte le sue discordie e tutti si riuniranno in un Paradiso di Fratellanza. Il suo simbolo per tale Paradiso promesso era Shambhala. Roerich ha tenuto un diario durante il viaggio, pubblicato con il titolo “Altai-Himalaya: un diario di viaggio", sottolineando come in Mongolia «la credenza nell'arrivo imminente dell'epoca di Shambhala era molto forte». Nel suo libro “Heart of Asia" (“Il Cuore dell'Asia"), Roerich riporta sia le sue osservazioni scientifiche sia la sua personale ricerca spirituale. Anche se era pronto ad ascoltare racconti di città sotterranee come parte dell'avventura, il suo interesse principale era incentrato sulle dinamiche spirituali di Shambhala e sulla sua importanza come simbolo della prossima Età della Pace e dell'Illuminazione. Questa miscela scientifica e spirituale è presente anche nelle centinaia di dipinti che Roerich fece durante la spedizione. «Il suo occhio ha catturato le forme e i colori delle montagne, dei monasteri, delle sculture in pietra, degli stupa, delle città e dei popoli dell'Asia. - scrive Jaqueline Decte. La sua anima comprendeva il loro spirito e la sua pennellata ha forgiato una sintesi di bellezza».
IL SEGNO DI SHAMBHALA
Shambhala è il Luogo Santo, dove il mondo terreno si collega con gli stati più alti della Coscienza. In Oriente sanno che esistono due Shambhala: una terrena e una invisibile. Nell'estate del 1926 Roerich riferì uno strano evento nel suo diario di viaggio. Era accampato con suo figlio, il dottor George Roerich, e i due erano accompagnati da alcune guide mongole nella valle di Sharagol, vicino alla catena montuosa di Humboldt tra Mongolia e Tibet. All'epoca dell'evento in questione, Roerich era tornato da un viaggio nell'Altai e aveva costruito uno stupa, una struttura bianca imponente, dedicata a Shambhala. Nel mese di agosto il santuario etra stato consacrato con una solenne cerimonia da parte di numerosi lama, a seguito della quale, secondo Roerich, le guide Buriat prevedevano un evento imminente. Dopo uno o due giorni, fu avvistato un grande uccello nero nel cielo senza nuvole, dietro al quale, più in alto si muoveva una massa enorme, dorata e sferoidale, che girava intorno al Sole brillante. I viaggiatori, incuriositi, presero i binocoli e videro che la grande sfera si muoveva rapidamente da Nord, dove era l'Altai, per spostarsi bruscamente e svanire verso Sud-Ovest, dietro le montagne dell'Humboldt. Uno dei lama disse a Roerich che quello che aveva visto era «il segno di Shambhala», e significava che la sua missione era stata benedetta dai grandi dell'Altai, i signori di Shambhala.
STATI ALTERATI DI COSCIENZA
Un avvistamento in tutto simile alle classiche testimonianze di eventi celesti anomali. Il racconto di Roerich suscitò grande interesse in Europa e, corroborato da George Roerich, portò in Occidente le prime prove concrete che qualcosa in Eurasia sfida la nostra comprensione materiale. Victoria LePage lo descrive in questo modo: «Nel suo vivido colore e nelle sue fattezze, il suo riferimento bizzarro, eppure veritiero, a un velivolo d'oro sconosciuto che non si comportava come un aereo comune, la storia di Roerich potrebbe essere giustamente chiamata la prima affidabile intimazione che il regno di Chang Shambhala fosse più di una semplice una favola popolare asiatica e, dal 1927 in poi, questo centro del mondo, situato nelle montagne settentrionali, esercitò negli ambienti occulti occidentali il fascino dell'idea che il tempo fosse giunto». Spesso l'esperienza è simile a un sogno lucido, in cui la fisica ordinaria spazio-tempo non si applica più. La visione mistica orientale del mondo può essere molto diversa dalla visione scientifica occidentale. Forse le guide di Shambhala ci raccontano un paesaggio trasformato dalle visioni di uno yogi che ha intrapreso il “viaggio". Per giungere a Shambhala, come Nicholas Roerich, occorre intraprendere contemporaneamente un “viaggio mistico interno" e uno fisico esterno, che ci conduca attraverso un desolato territorio montano al centro del Cosmo. Una vecchia storia tibetana racconta di un giovane uomo che intraprese il viaggio alla ricerca di Shambhala. Dopo aver attraversato molte montagne, arrivò in una grotta dove viveva un vecchio eremita, che gli chiese: «Perché sei qui?». «Per trovare Shambhala» rispose il giovane. «Beh, non hai bisogno di viaggiare lontano - disse l'eremita - il regno di Shambhala è nel tuo cuore».
I seguenti utenti hanno detto grazie : robyale
Si prega Accesso a partecipare alla conversazione.
Tempo creazione pagina: 0.182 secondi