VINCE IL "SE" - Una critica a chi si astiene, e a chi invita gli altri a farlo.
di Massimo Mazzucco
Questa non sarà la sconfitta dei "si", o meglio, non sarà soltanto quella. Ciò a cui stiamo assistendo in questi giorni è la sconfitta di uno stato laico e democratico, che forse è esistito soltanto, in passato, nelle menti di qualche sognatore e di qualche illuso più innocente degli altri.
Proviamo a pensare al semplice meccanismo, separato dai contenuti specifici. Un governo fa una legge. La legge non piace ad un numero sufficiente di cittadini perchè costoro possano indire un referendum. Il referendum - lo dice la parola stessa - è una chiamata per tutti gli altri cittadini a dire la propria, essendo invitati a validare piuttosto che a modificare quella legge.
"Senti Mario - dovrebbe sentirsi dire in casa Rossi - pare che ci sia una legge sui figli in provetta che non è piacuta a certi cittadini, i quali ci chiedono di passare dalle urne ... ... a dire se vogliamo tenercela o vogliamo cambiarla". Questa dovrebbe essere la democrazia, nè più nè meno.
Il problema invece è che troppo spesso il Mario in questione risponde "E a noi che ce ne frega dei figli in provetta, scusa? Già c'abbiamo abbastanza problemi con quello veri…" e la cosa finisce lì.
La democrazia in casa Rossi è vissuta il tempo di un sospiro. Il tempo di rendersi conto che la cosa non ci riguarda personalmente, per cui non ci riguarda e basta.
Questa è l'Italia: un paese ridotto, da millenni di sapiente coltura [sic] del divide et impera, alla mera filosofia di sopravvivenza, per cui se un problema non è direttamente il tuo non è un problema affatto. Gli altri? Che si arrangino. E poi, chi sarebbero mai, questi "altri"? Che cosa hanno mai fatto, per me?
Prova invece a dire al Mario, che ha un negozio di alimentari, che gli accordi europei prevedono una tassa supplementare sul latte venduto, e stai tranquillo che te lo ritrovi domani mattina accanto agli allevatori che bloccano la Firenze-Bologna con i trattori messi di traverso, a protestare per la tassa supplementare "che uccide la libera iniziativa del privato cittadino".
Ecco perchè vince il "se". Voto se la cosa mi interessa, se no che ci vadano gli altri, io me ne fotto. Anzi, scusate, io "mi astengo", che fa molto più intellettuale.
E infatti qui inizia la danza verbale dell'astenuto, l'arzigogolo bizantino, l'elucubrazione sofistica - di per sè magari anche legittima, intendiamoci - intesa a giustificare il gesto di rinuncia ad esprimere il proprio parere. Intesa a giustificare politicamente - qui sta il paradosso - la rinuncia all'attività stessa della Pòlis, tramite l'espressione della propria volontà.
Da che mondo è mondo, il significato di un'astensione era sempre stato quello di riconoscere un conflitto di interessi nella querelle in corso, per cui qualunque fosse stato il voto espresso non avrebbe avuto la giusta valenza che gli si richiede.
Per cui magari, se sei il presidente di una ditta che vende embrioni congelati, correttamente ti astieni perchè saresti parte interessata.
Ma noi siamo riusciti a capovolgere anche il senso dell'astensione, che invece di un conflitto di interessi, denuncia la totale mancanza di interessi personali, anche se viene ricoperta di volta in volta - come già detto - dagli alibi più nobili ed apparentemente più legittimi di tutti.
Ma qui nessuno ti ha chiesto cosa pensi del sistema politico, delle case farmaceutiche, o dell'estinzione delle foche nella Lomellina. Ti è stato semplicemente chiesto se tu vuoi abolire certi paragrafi di una certa legge, oppure lasciarla così com'è. E ciò ti è stato chiesto, nota bene, da altri cittadini come te, ai quali evidentemente questa legge sta a cuore, per cui dovresti solo dire se secondo te è meglio così o meglio cosà. Come ha scritto una di noi, dopo aver votato: "Fatto. Senza tante pippe mentali."
L'alternativa che ci attende, lunedì sera, non è un'Italia con o senza Berlusconi, un'Europa con o senza l'Euro, un mondo con o senza Bush, ma è semplicemente una legge con quei paragrafi o senza quei paragrafi. Fine.
Se poi l'"astenuto" proprio ci tiene a far conoscere il proprio dilemma - qualunque esso sia - ha a disposizione lo strumento adatto, che si chiama scheda bianca. Che è ben diversa dal non votare del tutto.
Tu alle urne ci vai, e dici "fra questo 'sì' e questo 'no' non c'è una risposta che io in buona fede mi senta di sottoscrivere, quindi lascio in bianco. Buongiorno, e arrivederci".
Mentre non votare, in un referendum abrogativo, equivale in tutto e per tutto a votare no, checchè uno ci voglia ricamare sopra. Con la differenza che votando no, oppure scheda bianca, tu avrai riconosciuto ai tuoi concittadini - contribuendo al quorum con la tua presenza - il loro diritto a far valere la propria opinione. Boicottando invece lo strumento alla sua base, hai tolto anche la voce a chi aveva tutto il diritto di farla sentire.
Non lamentarti il giorno in cui altri dovessero toglierla anche a te.
Massimo Mazzucco
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