Mi ha molto colpito
la notizia dell'uomo che ha passato dieci anni in carcere, condannato per una serie di abusi sessuali sui figli che in realtà non aveva mai commesso.
Da una confessione - decisamente tardiva - dei figli ora maggiorenni, risulterebbe infatti che era stata la madre ad obbligarli a mentire, pur di mandare l'uomo in carcere ed ottenere così il loro affidamento.
Qui però non interessa l'iter processuale che ha portato a condannare un innocente, nè interessano le motivazioni psicologiche che hanno spinto i figli prima a mentire e poi a ritrattare le loro accuse contro il padre. Queste sono questioni, per così dire, "terrene", ovvero questioni legate al funzionamento più o meno efficace della nostra macchina giudiziaria. Quello che interessa invece è l'evento in sè, avulso da ogni proposizione di tipo causale: di fatto c'è una persona che ha passato dieci anni in carcere pur sapendo di essere innocente.
Questo è un fatto che ci fa inorridire. Il senso di ingiustizia che deve aver pervaso quest'uomo, ... ... giorno dopo giorno, deve essere stato pari soltanto al senso di impotenza che lo avrà accompagnato nella sua lunghissima sofferenza.
Provate ad immaginare cosa si possa povare, risvegliandosi ogni mattina fra le mura di una cella, ben sapendo che lì ti ci hanno mandato i tuoi stessi figli, ai quali non hai fatto assolutamente nulla di male. Deve essere un dolore insopportabile.
Ebbene, è proprio questo dolore, tanto immenso quanto apparentemente assurdo, a suggerire una diversa lettura della vicenda. Se infatti diamo per valida la teoria del karma, che prevede per ogni incarnazione il "pagamento" di pene per atti commessi nelle incarnazioni precedenti, ecco che di colpo il percorso di quest'uomo assume un senso logico e compiuto. Probabilmente la sua anima, in una incarnazione precedente, ha inflitto a qualcuno una ingiustizia insopportabile, ed ora, in questa vita, è costretta ad imparare che cosa significhi subire una ingiustizia del genere. Di certo quest'anima, nelle sue incarnazione future, non infliggerà mai più ingiustizie a nessuno, ben consapevole della lezione imparata duante questa vita.
Naturalmente, se si accettano la legge del karma e la teoria della reincarnazione, tutto ciò che avviene nel mondo assume una luce diversa: chi soffre sta semplicemente pagando sofferenze inflitte ad altri in precedenza, e chi oggi lo fa soffrire pagherà in futuro con la stessa moneta.
Ma non solo: il paralitico si trova in quella condizione perchè magari in una vita precedente ha dedicato tutte le energie all'esperienza fisica, trascurando del tutto l'introspezione mentale. Ora invece ha a disposizione un numero infinito di ore per rendersi conto del potenziale che alberga nel suo cervello.
La donna che cerca disperatamente di avere figli ma non ci riesce, probabilmente in una vita precedente ha avuto dei figli ai quali non ha dedicato la necessaria attenzione: ed ora impara quanto sia importante vivere l'esperienza di genitore, attraverso la negazione dolorosa di questa esperienza. La persona che vive un amore non ricambiato probabilmente nella vita precedente ha ignorato chi provava gli stessi sentimenti per lei. Eccetera eccetera.
Si avrebbe così anche, finalmente, una risposta accettabile alla famigerata domanda che viene posta di continuo da chi dubita dell'esistenza di Dio: "Se Dio esiste - dicono costoro - perchè c'è il male nel mondo?"
Il fatto che Dio esista implica certamente una forma di amore per noi. Ma non è detto che questo amore debba esplicitarsi necessariamente in un benessere tangibile ed immediato. Potrebbe anche essere contenuto nel percorso di apprendimento, spesso oscuro e doloroso, lungo il quale la mano divina ci accompagna.
Massimo Mazzucco