UN CHENEY DI TROPPO?
15.07.04 - Circola da qualche giorno a Washington una voce che vorrebbe una grossa faida in corso nel partito repubblicano, sulla permanenza o meno di Cheney nel ticket elettorale di Novembre. In effetti, i sondaggi oggi danno per Bush un’indice di gradimento del 39%, mentre il vice-presidente non si porta a casa più del 21% per cento delle simpatie.
A furia di esibire un’arroganza politica vista raramente a questi livelli, è chiaro che in qualche modo il vero ruolo di Cheney.... ... deve essere permeato in superficie, anche se rimane per ora, a livello popolare, una pura percezione intuitiva. Ma la gente, bene o male, nel corso di questi tre anni e mezzo:
1 - Lo ha sentito rifiutarsi di rivelare i nomi dei dirigenti Enron che parteciparono alle riunioni “amichevoli” alla Casa Bianca, dove venne messa a punto la strategia energetica che avrebbe poi messo in ginocchio la California.
2 – Lo ha sentito ripetutamentre gridare al lupo, prima della guerra in Iraq, contro il pericolo imminente rappresentato dalle inesistenti ADM di Saddam.
3 – Ha capito che come minimo c’è qualcosa di poco chiaro nel motivo per cui Cheney volle, l’11 Settembre del 2001, che Bush se ne stesso lontano da Washington fino a sera inoltrata. Mentre lui stesso si ritrovò poi in serie difficoltà, quando dovette spiegare perchè non aveva “fatto in tempo” a far alzare dei caccia che andassero incontro al terzo e quarto aereo dirottati.
4 - Ha sentito troppe volte il nome della Halliburton – la società che Cheney lasciò, almeno formalmente, nel candidarsi alla vicepresidenza – legato a voci di truffe miliardarie ai danni dell’esercito, e di giochi sporchi per accaparrarsi le commesse in Iraq.
Ha cioè cominciato a pensare, nel subconscio, che sia lui il male, la mela bacata all’interno di un’amministrazione che ormai perde punti su tutti i fronti, e rischia davverio di non riprendersi più.
Cheney naturalmente ha smentito l’ipotesi di un suo eventuale abbandono, e già che c’era ha pure aggiunto: “Me ne andrei solo nel momento in cui ritenessi di aver fatto qualcosa di sbagliato.”
Di certo se i repubblicani decidessero di scaricare il cavallo stremato, il carrozzino di Bush riprenderebbe un pò di velocità, ma anche qui c’è l’ormai classico rischio-boomerang, poichè andarsene per Cheney equivale ad ammettere la colpa: cosa dire infatti, in quel caso, di un presidente che non ha saputo tenere a bada l’ingordigia del suo vice, che si è fatto da lui ingannare rispetto al vero rischio posto da Saddam, oltre che dall’altro capro espiatorio ormai pensionato, George Tenet della CIA?
Un bel dilemma, che pare stia arroventando ormai da giorni il retrobottega repubblicano: se Cheney rimane, rischia di tirare sott’acqua anche Bush, ma se se ne va, Bush perde la credibilità per restare a galla da solo.
A meno che....
E’ di oggi la notizia che Cheney ha licenziato il suo medico di fiducia (dopo che si è scoperto, un paio di settimane fa, che costui aveva un passato poco edificante, con storie di droga trascinate per anni). Sembrerebbe una non-notizia, in realtà, ma a pensarci meglio viene in mente che questo è lo stesso medico che quattro anni fa garantì sulla sua pelle che Cheney - nonostante i 4 by-pass alle coronarie - fosse perfettamente in grado di fare il vice-presidente. Suonerebbe quindi strano, se oggi la stessa persona trovasse a Cheney un disturbo che di colpo gli impedisce di proseguire per altri 4 anni. Mentre un medico nuovo “arrivato da fuori” potrebbe subito dire: “Ma ragazzi, siamo matti? Ma chi è il criminale che mandava in giro quest’uomo per tutto il mondo, con gli stress che deve sopportare dal mattinio alla sera? Voi non lo sapete, ma vi garantisco che quest’uomo è vivo per miracolo! Via, via, lei ha chiuso! Canna da pesca e cappellino, e sotto un altro.” (Colin Powell? La stessa Condolezza?)
D’altronde, vogliamo veramente credere che un Cheney non sarebbe in grado di insabbiare almeno duecento rivelazioni su un presunto passato poco pulito del suo medico di fiducia? E lui invece addirittura lo licenzia per quello? E ci viene pure a raccontare il perchè?
Massimo Mazzucco