di Rascalcitizen
Sembra un film di fantascienza di serie B. Purtroppo è l’amara realtà di Napoli, che non risparmia nemmeno questi primi giorni del 2007. La Napoli del terzo millennio, la Napoli stuprata dalla “organizzazione criminale più corposa d’Europa”, come ci racconta Roberto Saviano nel suo efficacissimo “GOMORRA”. Nella città divenuta un caso nazionale, dove può avvenire tutto ed il contrario di tutto, il capo dello stato, durante uno dei suoi numerosi weekend a spese dei contribuenti, si "lascia imbottigliare" nel traffico partenopeo, esibendosi in una puerile performance al fine di riavvicinare la gente alle istituzioni. Per chi non lo sapesse, stiamo parlando dell’unica città d’Italia dove le esercitazioni antiterrorismo in seguito ai fatti di Londra del luglio 2005 si sono concluse fra l’ilarità generale, con lo scontro fra due ambulanze ed alcuni feriti. La città al 90° posto in tutta la penisola per qualità di vita, dove la società civile, o quel che ne resta, continua disperatamente a tentare di sopravvivere in un ambiente urbano, sociale ed umano abbrutito e violento che assume sempre più tratti comuni a metropoli come S.Paolo del Brasile o Città del Messico.
Una città dove è facile crepare, non solo per colpa di rapine finite tragicamente, proiettili vaganti, droga, malasanità, inquinamento…. Adesso, in una città già deturpata dal traffico e da tonnellate di rifiuti ad ogni angolo di strada, si muore per motivi ancora più assurdi.
Ne ha fatto le spese Fabiola Di Capua, donna di 37 anni, madre di una bimba di nove mesi, che si è purtroppo trovata al posto sbagliato nel momento sbagliato.
Il 22 dicembre, in una mattinata ventosa, percorreva il lungomare sul suo scooter, rispettando le regole del codice stradale, con tanto di casco indossato, quando un qualunque palo della luce, arrugginito e deteriorato, sì è spezzato alla base, abbattendosi su Fabiola, sul suo presente di donna e madre, sui suoi sogni futuri, sui suoi cari e su quei segmenti di società civile che ancora aspirano ad una vita più decente in questa città.
Quasi nello stesso momento, in un’altra parte della città, al quartiere Arenella, un altro "palo killer", come li ha definiti la stampa cittadina, si abbatteva stavolta su un auto: il conducente rimaneva incastrato nell’abitacolo, ferito, ma fortunatamente vivo.
All’indomani della morte di Fabiola Di Capua, le reazioni delle istituzioni sono state estremamente caute, ma non per questo meno vergognose: poco ci mancava che il sindaco Rosa Iervolino, democristiana storica a capo della giunta di “sinistra”, se la prendesse con la forza di gravità, responsabile della tragedia. Soltanto pochi giorni fa, alla prima riunione del 2007 del consiglio comunale, dopo una sbrigativa ed ipocrita commemorazione di Fabiola, si dedicavano due ore di discussione ad una fondamentale questione:intitolare una strada cittadina a Bettino Craxi…
Da quel giorno, ancora crolli: altri pali dell’illuminazione pubblica, semafori, cartelloni pubblicitari, un continuo stillicidio in cui gli oggetti a noi familiari dell' arredo urbano e della segnaletica stradale, assumono un aspetto sempre più inquietante e minaccioso, come in un racconto horror di Stephen King. Fino all’ultimo inquietante episodio: il basamento di una statua crollato sul sagrato del duomo di Napoli, in pieno giorno. Fortunatamente pioveva, non vi era folla e la tragedia non c'è stata…
Tutto ciò si va ad aggiungere all’eterno problema del dissesto stradale. Voragini e crolli del manto stradale sono la normalità, a Napoli. Alcuni mesi fa una donna di 80 anni è deceduta dopo essere caduta in una buca. Più fortunato è stato Renato Amitrano, medico di 56 anni , che il 6 gennaio dello scorso anno camminava tranquillamente in via Cimarosa, nell’elegante quartiere del Vomero, quando la strada è improvvisamente franata sotto i suoi piedi, inghiottendolo per intero.
Grazie alla sua agilità il dottor Amitrano riusciva ad aggrapparsi a quella che lui pensava fosse una trave e a resistere venti minuti. Soltanto successivamente i vigili del fuoco gli hanno spiegato che in realtà quella “trave” era un cavo dell’alta tensione.
Sono all’ordine del giorno le voragini causate da infiltrazioni di origine fognaria, dovute a impianti obsoleti risalenti all’ epoca borbonica che necessiterebbero di un intervento radicale.
Recentemente, la maxinchiesta della Procura di Napoli ha portato alla luce particolari inquietanti: dal 2005 esisteva un rapporto tecnico che metteva in guardia i responsabili del Comune di Napoli dalla minaccia rappresentata da lampioni pericolanti. Ovviamente nessuno aveva preso in considerazione quel dossier. Se qualcuno, invece, avesse svolto con coscienza il proprio lavoro, oggi Fabiola Di Capua sarebbe ancora in vita. Ma si sa. Al comune di Napoli si è troppo indaffarati a fare altro. Affari che nulla hanno a che vedere con la normale e indispensabile gestione di una città. Gestione che non ha assolutamente nulla di sinistra né tantomeno di progressista. E’ appena il caso di ricordare che il comune di Napoli è l’unico in Italia i cui uffici contabili sono sotto inchiesta per aver corrisposto arbitrariamente ai propri dipendenti quote di assegni familiari per parenti a carico inesistenti…
Per la tragedia di Fabiola al momento risultano sotto inchiesta un dirigente del servizio manutenzione del comune ed un funzionario dell’azienda a cui il comune stesso aveva appaltato la manutenzione dei circa 54mila lampioni esistenti in città. I reati contestati sono quelli di omicidio colposo, disastro colposo ed omissione in atti d’ufficio. Ma l’inchiesta sullo scandalo manutenzione si è allargata anche ai buchi, voragini e dissesti di cui sopra.
Perché in una città dove costantemente si svolgono lavori di rifacimento stradale per centinaia di migliaia di euro, piazze e strade sono in uno stato pietoso dopo poche settimane dalla conclusione degli stessi? Questa è la banalissima domanda che tanti napoletani si pongono ogni giorno.
La stessa domanda, con immenso ed imperdonabile ritardo, se la stanno ponendo anche gli organi giudiziari, che si sono decisi ad acquisire gli atti delle gare d’appalto dei restauri in città degli ultimi anni e i verbali delle sedute del consiglio comunale.
Ovviamente, a parere di chi scrive, non è il caso di farsi facili illusioni nei confronti della magistratura. La storia, di Napoli e dell’intera penisola, dimostra inequivocabilmente che lo stato, i suoi apparati e le sue diramazioni locali non hanno alcun interesse ad ottenere verità e giustizia per le tragedie e le sofferenze della società civile.
Non sbaglia chi sostiene che quando la situazione nazionale peggiora, a Napoli tali peggioramenti si riflettano all’ennesima potenza. Quello che si sta verificando in questa città non è altro che la rappresentazione del livello di marciume a cui è giunta la politica di questo paese, in tutte le sue componenti. L’arrogante gruppo di potere che negli ultimi anni si è conformato intorno al “compagno” Bassolino è la realizzazione in sedicesimi del compromesso storico di berlingueriana memoria. Questa gente è riuscita a completare il lavoro della destra monarchica del comandante Lauro e dei banditi democristiani: fare indietreggiare chi sta in basso, i lavoratori, le classi subalterne. Sia da un punto di vista materiale che coscienziale.Diciamo che la lotta di classe l’hanno fatta soltanto loro. E l’hanno fatta bene. Utilizzando gli strumenti della propaganda e della demagogia. In molti ricordano ancora il cosiddetto “Rinascimento” napoletano degli anni ’90, quando Bassolino, sull’onda della riunione del G7 a Napoli, diede un’incipriata alla città e soprattutto al centro storico, procedendo ad interventi di carattere urbanistico e culturale, sfruttando risorse intellettuali e settori sociali precedentemente tenuti ai margini. E’indicativo il caso dei bancarellai, liberi artigiani che inizialmente sono stati utili alla politica bassoliniana per bonificare e rendere attraenti piazze e strade del centro storico. Quando non servivano più, hanno ricevuto un sonoro calcio nel sedere, venendo addirittura sgomberati dalle strade dalle forze dell’ordine. Tutt’oggi il comune nega le più banali autorizzazioni per il commercio ambulante, rilasciandone invece a commercianti di dubbia fama e a discutibili quanto improvvisati venditori. Bella politica di sinistra, non c’è che dire!
Per non parlare degli intrecci tra potere politico di qualsiasi colore e criminalità camorristica, o meglio quella organizzazione che oggi viene più appropriatamente denominata “sistema”, lì dove il “sistema” va inteso come strettissima simbiosi fra poteri criminali e poteri “legali”, una maledetta tenaglia che stritola in maniera implacabile quel po’ di società civile che cerca di resistere e di sopravvivere. E’ ormai di pubblico dominio come gli interessi del sistema malavitoso ed i suoi investimenti economici si manifestino in Campania anche nel campo dell’edilizia e dei lavori pubblici. Ecco il motivo del pietoso stato delle strade partenopee. Ma il disastro di Napoli non è solo espressione della politica locale. E’ piuttosto la realtà emblematica della pericolosità e invasività del sistema degli stati democratico-totalitari, in azione contro la società civile e che produce guasti e tragedie, disgregazione del tessuto sociale e perdita di senso di solidarietà, fino a determinare una pericolosa e avvilente guerra di tutti contro tutti. In questo senso Napoli è una città “globalizzata” e non soltanto perché nel 2001 durante il Global Forum vi fu la prova generale della repressione al G8 di Genova. Napoli rappresenta la sfera di cristallo in cui possiamo intravedere il possibile futuro che il potere potrebbe riservare a gran parte del paese, se non cambia la musica.
Mi torna in mente la fiammata rivoluzionaria dell’Argentina di qualche anno fa, quando lo slogan più popolare era “Que se vayan todos”, rivolto a tutti i politici, compresi quelli di sinistra, che tradotto in dialetto partenopeo suonerebbe più o meno: “Iatevenne”. Un sogno? Si. Un’utopia? Sicuramente. Ma non è più utopistico continuare a riporre fiducia in chi propone riforme o demagogiche rivolte dalle stanze dei “palazzi” e non riesce nemmeno ad assicurare il minimo di vivibilità ai propri “governati”?
Mentre scrivo queste parole Prodi e la sua scorta stanno attraversando a sirene spiegate il centro di Napoli, diretti al conclave di Caserta. Nel cielo qualcosa attira la mia attenzione: centinaia di storni muovendosi all’unisono disegnano meravigliose figure. Per un attimo mi dimentico del traffico, dei rumori e di tutte le brutture di questa terra. Quei volatili dall’alto della loro libertà sembrano prenderci in giro e al tempo stesso sembrano provare compassione per gli uomini e per la loro incapacità di sapersi elevare al di sopra di meschini giochi di potere.
Rascalcitizen
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