SOFRI, CARTINA AL TORNASOLE PER UN’INTERA NAZIONE
di Massimo Mazzucco
17.3.04 - Un signore finisce in galera per le infamanti accuse di un bugiardo, il quale agisce evidentemente per interessi superiori. Il bugiardo, col tempo, viene smascherato, e diventa chiaro a tutti come il signore in questione non fosse colpevole di ciò di cui era stato accusato.
Ma le istituzioni fanno molta fatica a riconoscere di avere sbagliato - anche perchè, fra le altre cose, bisognerebbe cercare il vero colpevole – e così, attorcigliandosi sulle successive sentenze come serpi sul fuoco, riescono a trattenere comunque il signore in prigione finchè non abbia esaurito tutte le possibili vie legali per uscirne.
A quel punto resta solo un “atto di grazia”, che però... il signore in questione non vuole chiedere, ritenendosi ovviamente innocente. Sta casomai agli altri dargliela, fa capire lui.
E allora diamoglela, dicono tutti. Si mobilita così un’intera nazione – nel nome non si capisce bene di cosa - ma si scopre che tale grazia necessita, oltre che del placet del capo dello stato, anche della ratifica del ministro di giustizia. Quello al momento in carica, però, deve avere una particolarissima visione della giustizia, visto che si oppone tenacemente a tale grazia, pur non riuscendo a darne una decente motivazione logica. E siccome il suo capo di governo, che si era nel frattempo dichiarato favorevole alla grazia - addirittura per iscritto! - non si ricorda più che potrebbe liberarlo tranquillamente dai suoi impegni (esattamente come fece col ministro degli esteri, ad inizio legislatura, senza starci a pensare due volte), il parlamento è addirittura obbligato a congegnare una legge che permetta l’assegnazione della grazia pur senza ratifica ministeriale.
Ma il ministro fa parte di una coalizione, e quella coalizione deve avere i suoi buoni motivi per non far passare quella legge. Essa infatti arriva in parlamento – oggi - solo per fare la fine di un vitellino al mattatoio.
Se fosse una cronaca marziana, faticherei a crederci. Ma trattandosi dell’Italia, la cosa non mi stupisce più di tanto.
Non siamo infatti capaci, noi come popolo, di scendere in piazza a protestare quando si scopre che quel signore è stato messo dentro per luridi giochi di ben altro livello, ed in base a testimonianze che non oserebbe rendere nemmeno un ragazzino di nove anni. Accettiamo invece in silenzio che la giustizia agisca con ingiustizia, tanto a noi non ci tocca.
Nè siamo capaci, noi come popolo, di scendere in piazza a protestare, quando leggiamo che la corte di cassazione ha emesso una sentenza, pur di non amettere l’errore, che fa scempio di ogni più semplice principio logico. E quindi, implicitamente, delle istituzioni stesse che vorrebbe preservare.
Nè siamo capaci, noi come popolo, di pretendere che il nostro capo di governo intervenga presso quel suo curioso ministro, visto che egli si era apertamente dichiarato a favore della grazia in tempi non sospetti.
E se non siamo capaci di queste cose noi come popolo, che dire allora dei nostri politici? Dov’erano, in quei giorni, tutti quei “nomi grossi” - di centro, di destra ma soprattutto di sinistra - che oggi si dichiarano con toni altisonanti “a favore della grazia”? Oggi li ritrovi tutti al bar (quotidiani e TV nazionali) a sciacquarsi la bocca con parolone come sdegno, stupore, tradimento.... eccetera eccetera, ma allora, dov’era la loro voce “stupita” a favore della giustizia che veniva calpestata fino alle radici sotto gli occhi di tutti?
Le parole non costano niente. I gesti, invece, sono già più impegnativi.
In tutto questo, il vero sconfitto è uno solo, Sofri Adriano. Ma non è sconfitto, banalmente, perchè ha passato buona parte della vita in galera (ed altrettanta probabilmente ne passerà). Lo è perchè si è giocato l’intera partita – l’intera sua vita – contando sul supporto dei suoi concittadini, che avrebbero dovuto reagire sdegnati di fronte ai palesi abusi del potere, uniti nel riaffermare quei valori universali di giustizia che dovrebbero reggere la nostra società, e tesi ad un miglioramento della stessa per il nostro presente e per il futuro dei nostri figli.
Concittadini che invece hanno pensato bene di voltare le spalle alla fatica di crescere, e nell’attesa che qualcun altro compisse quella fatica per loro, hanno preferito rimettere le loro speranze di benessere giocandosi il due fisso sulla sconfitta in casa della capolista da parte dell’ultima in classifica. Perchè manco più vincere al totocalcio è ormai sufficiente, bisogna riuscire a farlo quando perdono tutti gli altri.
Arrangiarci - questo solo sappiamo fare – sempre e comunque a discapito del vicino, pensando ciascuno esclusivamente ai cavoli propri. Esattamente come ci hanno insegnato a fare da ormai mille e settecento anni, quando Costantino e la chiesa si accordarono per gestire insieme le italiche faccende di cielo e di terra.
Non per diritto avrai ciò che ti spetta, ci dissero quel giorno, ma solo per concessione, divina o terrena a seconda dei casi: taci quindi, siediti e aspetta. Quando ti arriva qualcosa, inchinati e ringrazia. (E se nel frattempo sei obbligato ad allungare la mano per sopravvivere... )
Tu chiamalo "arrangiati", noi lo chiameremo “divide et impera”.
Massimo Mazzucco