Man mano che il fumo delle cannonate si dirada, Israele inizia a rendersi conto del molteplice errore che ha fatto nell'attaccare Gaza in questo momento, e soprattutto in quel modo grossolano e precipitoso.
A conti fatti sembra di poter dire che Israele ci abbia rimesso su tutti i fronti, da quello militare a quello politico, da quello mediatico a quello strategico.
Militarmente Israele ha fatto una figura molto simile a quella del Libano, dove era entrato promettendo di non andarsene finchè non avesse annientato gli Hezbollah, solo per uscirsene, poche settimane dopo, avendone rinforzato la credibilità ed il sostegno popolare.
A Gaza era venuto “deciso a non ripartire finché non fosse stato distrutto l'ultimo razzo palestinese”, e invece se ne torna a mani vuote - sono lorde di sangue, ovviamente, ma quello nei totalizzatori mondiali non conta - mentre è proprio Hamas, ironicamente, a dettare le condizioni della tregua (“siamo disposti a sospendere il fuoco per una settimana – hanno detto i palestinesi - purchè il ritiro avvenga rapidamente”).
Sul piano dell’immagine internazionale, il costo che Israele ha pagato è mille volte più alto di qualunque cosa potessero sperare di ottenere nel frattempo. È vero infatti che hanno saputo generare un enorme supporto a proprio favore, ma è anche vero che ormai hanno "tirato la corda" oltre ogni decenza, rendendo molto difficile ogni ricorso futuro al solito piagnisteo vittimista.
Signore, quel cane mi ha morsicato! – Povero bambino, vieni qui che ti medichiamo.
Signore, quel cane mi ha morsicato! – Povero bambino, vieni qui che ti medichiamo.
Signore, quel cane mi ha morsicato! – Anche tu, però! Stai alla larga, e vedrai che non ti morsica più.
Sul piano mediatico, Israele ha compiuto un duplice errore: da una parte è riuscita ad inimicarsi i media americani, ... ... che hanno espresso un notevole disappunto nel vedersi negato l'accesso alle zone più calde dello scontro. Dall’altra, proprio per cercare di nascondere la carneficina di 100 palestinesi al giorno, ora il mondo osserverà in diretta TV la rimozione di 1000 cadaveri in una volta sola, aumentando lo sdegno già notevole che aleggia verso Israele.
Ma è soprattutto a livello strategico che l'errore di Israele sembra addirittura incomprensibile. Mossi dalla fretta di agire prima dell’insediamento di Obama – con il chiaro intento di metterlo davanti ad un fatto compiuto - gli israeliani non avevano previsto un esito così miserando, che li obbliga ritirarsi proprio nel giorno dell’inaugurazione del nuovo presidente. In questo modo gli hanno servito su un piatto d'argento l’opportunità di redarguirli davanti al mondo, rendendogli anche più facile il compito, in seguito, di obbligarli a fare un passo indietro.
In altre parole, se il blitz fosse risultato positivo, Israele avrebbe anche potuto godere di qualche vantaggio momentaneo, mentre in questo modo si ritrova a dare la schiena proprio nel momento in cui il nuovo presidente imbraccia il suo arco con le frecce fresche di spuntatura.
Sembra già di sentirla, la frase che li trafiggerà sulla via del ritorno: “l’America tornerà a rispettare in pieno i trattati internazionali, e soprattutto la convenzione di Ginevra. Naturalmente, ci aspettiamo la stessa cosa da tutti gli altri paesi democratici”.
Questo molteplice errore sembra indicare una clamorosa perdita di lucidità nelle alte sfere del potere sionista, solitamente cauto e meticoloso nel preparare le sue azioni militari, di cui copre anche in anticipo tutti gli aspetti collaterali.
Se questa analisi è corretta, è possibile che questo disgraziato capitolo di Gaza segnali l’inizio del tramonto definitivo del sionismo, un movimento ormai anacronistico da decenni, oltre che inaccettabile nell’ambito di una qualunque comunità internazionale degna di quel nome. Questo però significherebbe anche che a partire da oggi dovremo prepararci a tutto, poichè non c’è nulla di più pericoloso di una belva ferita che si senta vicina alle sue ore finali.
Massimo Mazzucco
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